PRESTANOME E SUPERBONUS: SEQUESTRATE LE SOCIETÀ DELL’EX BOSS DI COSA NOSTRA AGRIGENTINA

La Polizia di Stato ha eseguito un sequestro preventivo di due società disposto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma

La Polizia di Stato, nella giornata di ieri, 31 ottobre, ha dato esecuzione ad un sequestro preventivo disposto dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Roma, riguardante due società che operano nel campo dell’edilizia, ossia la “Professionals at work s.r.l.” (sede a Roma) e la Edil Gallo s.r.l.s.” (sede a Venosa, in provincia di Potenza).

L’attività costituisce il seguito dell’esecuzione di misure cautelari operate dagli investigatori della Squadra Mobile l’11 luglio scorso, per il reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, nei confronti di cinque soggetti collegati in diverso modo ad associazioni criminali locali, campane e siciliane, scaturita dalla denuncia di un cittadino che si era aggiudicato all’asta un appartamento sito nel quartiere Campo Boario di Latina.

Tra i destinatari della misura cautelare figuravano infatti un esponente di una nota famiglia Rom locale, Ferdinando Di Silvio detto “Gianni”, un soggetto ritenuto in passato organico a Cosa nostra agrigentina, Ignazio Gagliardo, nonché i familiari – Lucia Balestrieri e Patrizia Balestrieri – di uno dei soggetti condannati per l’omicidio avvenuto a Terracina in data 23 agosto 2012 del boss della camorra Gaetano Marino, detto Moncherino McKey. Si tratta del 61enne Salvatore Ciotola.

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Proprio analizzando la condizione patrimoniale di Gagliardo, appartenuto alla mafia agrigentina, gli operatori specializzati della Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile, guidata dal vice questore Guglielmo Battisti – hanno assunto gravi e concordanti indizi in ordine al reato di intestazione fittizia aggravato dal metodo mafioso, di due società che attualmente operano nel campo dell’edilizia, ossia la “Professionals at work s.r.l.” e “Edil Gallo s.r.l.s.”, con sedi a Roma, avviate per mezzo di prestanome al fine di poter svolgere lavori in virtù del cosddetto Superbonus 110%”.

L’intestazione fittizia delle società si è resa pertanto necessaria per mascherare la condizione dell’effettivo titolare gravato da precedenti per associazione di tipo mafioso, che gli avrebbero impedito di ottenere i benefici previsti dalla predetta normativa, nonché evitare di incorrere in eventuali sequestri di carattere patrimoniale. È in corso di quantificazione l’effettivo ammontare del patrimonio aziendale che ha fatto registrare un volume d’affari per gli anni 2021/2022/2023 di oltre un milione e mezzo di euro.

L’INDAGINE – Le indagini, condotte dai poliziotti della Squadra Mobile, hanno avuto origine dalla denuncia sporta nell’ottobre del 2023 da un cittadino di Latina, un commerciante cinquantenne. Un onesto lavoratore che, ad un certo punto, si è trovato nella stretta di personaggi già noti alle cronache giudiziarie. L’uomo ha trovato la forza di denunciare quanto gli stava accadendo: un aspetto che dalla Polizia di Stato sottolineano per rimarcare il valore della denuncia e la possibilità di rivolgersi agli organi compententi.

È proprio il commerciante che riferisce ai detective della Squadra Mobile di aver subito pressioni tanto da essere costretto a vendere l’appartamento in Via Attilio Regolo aggiudicato nell’ambito di un’asta giudiziaria. Il problema è che in quell’appartamento hanno risieduto fino allo svolgimento dell’asta una donna ed il compagno, ritenuto vicino a clan camorristici della città di Napoli. Si tratta di Salvatore Ciotola (estraneo alle indagini odierne), ristretto ai domiciliari dall’autunno scorso a Latina, per via della condanna a 22 anni di reclusione passata in giudicato, in riferimento all’omicidio di camorra di Gaetano Marino detto Moncherino McKay. Erano i tempi della faida interna agli scissionisti di Secondigliano.

Ciotola viveva a Latina insieme alla moglie Lucia Balestrieri, destinataria quest’oggi del divieto di dimora da Latina. Tuttavia la mandante dell’estorsione è la sorella della donna, Patrizia Balestrieri, di Scampia, ex proprietaria dell’appartamento in Via Attilio Regolo a Campo Boario. Gli approfondimenti svolti dalla Squadra Mobile di Latina, successivamente, hanno consentito di acquisire gravi indizi di colpevolezza in ordine alla commissione di una serie di atti intimidatori realizzati, a partire dal luglio dello scorso anno, ad opera di tre soggetti coinvolti da Patrizia Balestrieri per spaventare l’acquirente. Uno dei soggetti è stato ritenuto in passato organico a Cosa Nostra agrigentina. Si tratta di Ignazio Gagliardo, ristretto anche lui in carcere insieme al romano Paolo Vecchietti. Gagliardo, arrestato a Roma dalla Mobile, non è proprio un personaggio che passa inosservato. In passato, l’uomo è stato in rapporti con un imprenditore, poi destinatario di un sequestro da 120 milioni di euro. Tra i suoi precedenti anche l’omicidio e il traffico d’armi.

Ad ogni modo, dopo l’asta giudiziaria, comincia l’incubo per il commerciante pontino. Nel corso di alcuni incontri, alla vittima sarebbe stato consigliato di vendere l’immobile ad un prezzo inferiore a quello di mercato ai precedenti proprietari, presentati come persone poco raccomandabili originarie di Napoli, con l’avvertimento che rifiutare tale proposta lo avrebbe esposto a non meglio specificate ritorsioni. In occasione di alcuni incontri vi sarebbe stata l’opera di mediazione svolta da un esponente di una famiglia di etnia rom stanziale nella città di Latina: Ferdinando Di Silvio detto “Gianni” o “Zagaglia” (49 anni).

“Gianni”, fratello del boss di Campo Boario Armando Di Silvio detto “Lallà”, condannato per associazione mafiosa definitivamente nel processo “Alba Pontina”, era forse l’ultimo dei personaggi di rilievo nella galassia delle famiglie di origine rom rimasti in libertà. Peraltro la loro base si trova in Via Muzio Scevola, proprio nel quadrante dove si trova Via Attilio Regolo, nel mezzo del quartiere di Campo Boario.

Archiviata la sua posizione per l’omicidio di Massimiliano Moro, “Gianni” si sarebbe presentato dal commerciante e sin da subito avrebbe fatto sentire il peso criminale del suo nome: “Sai chi sono io, non c’è bisogno che ti spieghi niente”.

Successivamente, al commerciante sarebbe stato comunicato che i precedenti proprietari non erano più interessati a rientrare in possesso dell’abitazione, ma pretendevano 12.000 euro per considerare chiusa la questione. Ai suoi tentennamenti, l’esponente della famiglia di etnia rom avrebbe dunque affermato di non poter fare più nulla per aiutarlo, lamentandosi altresì per la mancanza di rispetto subita e pretendendo, per ciò solo, il pagamento immediato di 2.000 euro.

Un quadro indiziario rilevante quello delineato dall’attività di indagine svolta, che ha portato all’esecuzione di quattro misure di custodia in carcere – Ignazio Gagliardo, Ferdinando Di Silvio detto “Gianni” o “Zagaglia”, Patrizia Balestrieri e Paolo Vecchietti – di un divieto di dimora – Lucia Balestrieri -, eseguite tra le città di Latina, Roma e Napoli. Contestualmente, sono stati eseguiti decreti di perquisizione personale e locale nei confronti di tutti gli indagati e presso la sede legale e le unità locali di una società riconducibile a Gagliardo.

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