Dopo la tragedia di Latina, la Fondazione Irene ETS riflette sul disagio giovanile e sulla solitudine che accompagna tanti adolescenti. Al centro, il peso del giudizio, l’incapacità di sostenere la frustrazione e la mancanza di adulti capaci di accompagnarli.
“Pensiamo a come può essere crescere con l’ossessione che devi cambiare, perché fin dall’infanzia ti travolgono come rulli compressori, ripetendoti che un’infinità di comportamenti — per te spontanei, naturali — sono invece sbagliati, strani, fuori luogo, cose che nessuno fa tranne te. Te lo fanno pesare in mille modi, e alla fine non ti resta che piegarti: indossare quella maledetta maschera ed essere ciò che non sei e non sarai mai davvero», osserva Fabrizio Acanfora, scrittore e attivista, che mette in luce quanto la pressione sociale possa deformare la crescita.
Un tema che si intreccia con quello della frustrazione, ricordato dal dott. Domenico Devoti, psicoterapeuta e psicoanalista: “La frustrazione non è un fallimento, ma un passaggio necessario della crescita: è uno spazio che, troppe volte, può assumere il volto oscuro del vuoto, dell’abbandono e della perdita, ma che al tempo stesso può diventare il luogo in cui si impara a ripartire, a ricomporre i pezzi e a riconoscere le proprie risorse. Se i giovani oggi faticano a sostenerla, è anche perché noi adulti non li abbiamo accompagnati in questo processo, lasciandoli soli di fronte a un passaggio che non andava temuto, ma compreso. Così anche l’aggressività, che è un’energia primaria e vitale, se accolta e indirizzata può diventare forza creativa, capacità di agire, di cambiare le cose. Non aver insegnato ai ragazzi a riconoscerla nelle sue innumerevoli metamorfosi e a incanalarla li espone al rischio che questa forza si rivolga contro di loro stessi”.
A sottolineare il ruolo fondamentale dell’educazione interviene anche il dott. Gianluca Lo Presti, psicologo clinico esperto di disturbi dell’apprendimento: “Ogni ragazzo è una storia a sé, con i suoi tempi e le sue modalità di apprendimento. Ma troppo spesso ci ostiniamo a giudicarli attraverso griglie standardizzate, dimenticando che dietro un voto basso o un comportamento che non comprendiamo c’è un bisogno inascoltato”.
Per la Fondazione Irene ETS, la sfida è allora liberare i giovani dal peso del giudizio e restituire loro la possibilità di crescere senza maschere: “Ogni frammento può tornare a essere tassello di un puzzle più grande, quello della crescita. È lì che si costruisce davvero l’identità: non nell’essere giudicati, ma nel sentirsi accompagnati a ricomporsi, pezzo dopo pezzo”.
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