Operazione “Porta Napoletana”, L’Associazione Livatino: “Oltre il penale, si verifichino urbanistica, usi civici e controlli bancari. Terracina non sia zona franca”
L’operazione “Porta Napoletana”, coordinata dalla DDA di Roma, scoperchia un sistema che l’Associazione Livatino sta monitorando con estrema attenzione. “Il presunto condizionamento delle aste giudiziarie e l’infiltrazione di interessi criminali nel tessuto economico di Terracina rappresentano, se confermati, un attacco frontale alla libera impresa e alla dignità del territorio.
Nel commentare le gravissime ipotesi di reato formulate dagli inquirenti, l’Associazione Livatino ribadisce con fermezza il proprio legame ai valori costituzionali: fino all’emissione di una sentenza definitiva, per tutti gli indagati e gli imputati vige il principio della presunzione di innocenza. Il nostro richiamo non è una condanna anticipata, ma un appello alla chiarezza e alla tutela delle istituzioni, affinché il procedimento giudiziario faccia il suo corso nel pieno rispetto delle garanzie di legge.
Le risultanze investigative descrivono un meccanismo inquietante che risulterebbe volto alla turbativa d’asta immobiliare. Destano allarme le posizioni di Eduardo Marano e Patrizia Licciardi, indicati, nell’atto giudiziario, come presunti vertici di un sodalizio che sarebbe stato capace di accumulare un patrimonio di circa 11 milioni di euro. Fondamentale, secondo l’ipotesi accusatoria, il ruolo dei “facilitatori” e di professionisti del settore. A tale riguarda gli inquirenti citano il caso di Michele Minale. L’uso del nome del clan per scoraggiare la concorrenza (“è cosa nostra”) sarebbe una pratica che, se accertata, dimostrerebbe come il diritto sia stato piegato alla logica del ricatto mafioso.
L’Associazione Livatino ritiene improrogabile un intervento di verifica amministrativa che proceda parallelamente all’esito del procedimento penale, focalizzandosi su tre pilastri: chiediamo piena luce sull’operato degli uffici urbanistici, sui permessi rilasciati e sulle condotte dei professionisti coinvolti nelle procedure esecutive: bisogna, infatti, accertare se le ipotesi di omissioni o silenzi di pubblici ufficiali abbiano facilitato o meno l’ascesa patrimoniale dei soggetti sotto inchiesta; è necessario verificare se le banche coinvolte nelle operazioni abbiano o meno rispettato rigorosamente le normative antiriciclaggio, segnalando eventuali operazioni sospette all’UIF, al fine di rendere le eventuali pratiche di riciclaggio impossibili da realizzarsi nel territorio pontino; esigiamo una ricognizione rigorosa su immobili e terreni per accertare se eventualmente si siano realizzate operazioni immobiliari in relazione alle quali, stante il contesto di degrado, descritto nel richiamato atto giudiziario “Porta Napoletana” non parrebbe potersi escludere l’ipotesi che alcuni beni di uso civico (collettivi) siano stati illecitamente presentati durante le aste come beni di uso civico di natura patrimoniale, sottraendo, nell ipotesi prospettata, se confermata, beni al patrimonio della collettività per consegnarlo a interessi deviati, determinando un eventuale azione di sciacallaggio sociale.
Il “Giudice Ragazzino” ci ha insegnato che la legalità non è un concetto astratto, ma si tutela attraverso il controllo capillare degli atti e la credibilità delle istituzioni, dal momento che non può esserci sviluppo sano e democratico delle comunità dove la forza intimidatrice delle mafie sostituisce la legge ed i valori di giustizia e solidarietà politica, sociale ed economica cui si ispira la nostra carta costituzionale.
L’Associazione Livatino vigilerà affinché Terracina e tutto il Sud pontino tornino ad essere terre di diritto e rispetto della legalità, auspicando che la giustizia accerti in tempi rapidi le eventuali responsabilità individuali, restituendo trasparenza e dignità alla comunità”.
Così, in una nota, l’Associazione Livatino.
