“PORTA NAPOLETANA” A TERRACINA, IL CLAN LICCIARDI E MINALE INSIEME PER LE ASTE GIUDIZIARIE

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Michele Minale
Michele Minale

Camorra, voti e patrimoni illeciti a Terracina. Arrestato anche un esponente del clan Licciardi di Napoli e sequestrati beni per oltre 11 milioni di euro

“È una bella botta! Grazie al fatto che ho Michele dietro per esempio sto fatto…compriamo questa cosa! Ti ricordi abbiamo avuto 70mila euro per uno, e so’ soldi! Se tu non fai, ti entrano 120 o 130…hai capito? Piove o non piove! perché quello Michele è il numero uno a Terracina a livello di queste cose…non lo supera nessuno, gli devono fare proprio un bocchino con queste cose, sta bene con tutti quanti…Michele, per esempio, pure se deve fare qualche asta, per esempio, come devo dire, con le buste chiuse come abbiamo fatto adesso, Michele dice: “metti questa cifra qua” hai capito! Poi, per esempio, ci sta qualche asta che ci stanno altre persone, lui lo sa…lui glielo dice: “allora ci sta Patrizia Licciardi, vedi tu adesso come devi fare” e tu già vai sotto e dici guarda questa è una cosa nostra…ha le maniglie buone sotto…sta bene con quello”.

Così diceva, nel 2015, Eduardo Marano alla moglie Patrizia Licciardi. “Michele” è Michele Minale, l’agente immobiliare già investito da un max sequestro milionario nel 2010 e tuttora imputato per estorsione e usura davanti al Tribunale di Latina. È lui l’uomo su cui Marano, che vuole dire il clan Liccardi dell’Alleanza di Secondigliano, trapiantato a Terracina, aveva puntato per le aste immobiliari e altri affari. Una camorra di Serie A come l’ha definita recentemente il Procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, parlando proprio del clan Licciardi.

Eduardo Marano, 66 anni, dal 2021 tornato a Secondigliano con la moglie dopo l’arresto di Maria Licciardi, la reggente del clan, oggi è finito in carcere. Ai domiciliari, vanno Michele Minale, l’uomo che è “il numero uno” a Terracina, e il consigliere comunale Gavino De Gregorio alias Ghigo, in predicato negli ultimi giorni di diventare Presidente del Consiglio Comunale a Terracina, dopo essere stato eletto nel 2023 con la Lista Giannetti e, secondo gli inquirenti, con l’appoggio di Marano. Emesse dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, Maria Gaspari, su richiesta della DDA di Roma, con il pubblico ministero Francesco Gualtieri, la Procuratrice aggiunta Maria Cristina Palaia e, prima di diventare Procuratrice Aggiunta, anche l’allora pm Luigia Spinelli, anche altre due misure: un obbligo di firma per Andrea Belviso (53 anni), considerato un prestanome di Minale e il divieto di esercitare la professione di commercialista per 12 mesi a Roberto Carocci (53 anni).

Ad essere indagati ci sono anche: Patrizia Licciardi (58 anni), Sisto Maggi (36 anni), Silvia Giuliani (43 anni), Marika Minale (32 anni), Fausto Stefan (49 anni), Luca Cimmino (60 anni), Mario Di Sauro (58 anni), Domenico Scevola (52 anni), Assunta Mari (35 anni), Paolo Scevola (51 anni), Antonio Dei Giudici (71 anni), Cristofaro, Vincenzo, Immacolata e Pasquale Patriota (rispettivamente 57, 30, 40 e 23 anni), Iolando Iavarone (57 anni) e Paolo Coppola (36 anni).

L’indagine denominata “Porta Napoletana” è stata portata avanti dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina, guidati dal tenente colonnello Antonio De Lise. In un nota, l’Arma spiega che a “Terracina, San Felice Circeo, Napoli e Roma, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Latina, coadiuvati nella fase esecutiva dai comandi Arma territorialmente competenti e dal Raggruppamento Aeromobili Carabinieri di Pratica di Mare, intervenuto con un elicottero, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Roma nei confronti di 5 persone gravemente indiziate, a vario titolo, di scambio elettorale politico mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, trasferimento fraudolento di valori e turbata libertà degli incanti”.  

L’indagine dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina, condotta dal giugno 2022 all’ottobre 2023, e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, trae origine dall’attività info-investigativa sviluppata dai Carabinieri sul territorio che ha consentito di apprendere dell’inserimento nel tessuto economico-imprenditoriale, politico e sociale della città di Terracina di un’importante famiglia inserita, anche per vincoli di sangue, nel noto Clan Liccardi di Napoli: per l’appunto i Marano.

Le investigazioni hanno consentito di documentare le presunte condotte poste in essere dal consigliere comunale di Terracina, Gavino De Gregorio, insieme a Eduardo Marano. De Gregorio avrebbe chiesto ed ottenuto da quest’ultimo un appoggio in occasione delle elezioni amministrative tenutesi nel maggio 2023 a Terracina. Alla fine, con 226, De Gregorio, uomo vicino anche all’europarlamentare di Terracina, Nicola Procaccini (estraneo all’indagine), è stato eletto con la lista collegata al sindaco Francesco Giannetti.

Eseguito oggi anche il sequestro preventivo, ai fini della confisca,  di 7 locali commerciali (un’intera galleria commerciale, vale a dire l’ex cinema Fontana in Via Roma), un B&B, 20 unità immobiliari e 3 terreni per un valore complessivo di oltre 11 milioni di euro.

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I due personaggi più di spicco nell’intera inchiesta sono sicuramente Marano e Minale. Eduardo Marano, 66 anni, era stato condannato in primo grado dal Tribunale di Napoli a nove anni di reclusione per il reato di associazione mafiosa. Nel 2020, era stato assolto dopo un processo che si era celebrato nell’aula bunker di Poggioreale. Nel 2017, i finanzieri del comando provinciale di Roma gli confiscarono un ingente patrimonio mobiliare e immobiliare, del valore stimato di circa 1 milione e 120mila euro. Marano era da tempo considerano legato al clan Licciardi di Secondigliano, poiché ha sposato Patrizia Licciardi (indagata anche lei a piede libero nell’indagine odierna), sorella di Gennaro Licciardi detto “la scimmia” e sorella del boss Vincenzo. Da anni, i Marano sono residenti a Terracina. Il provvedimento di confisca che fu disposto dal Tribunale di Latina, ed eseguito dagli specialisti del Gico (Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata) del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma, fu annullato per incompetenza territoriale e derivava proprio da quella condanna risalente al 2008 che gli aveva visto affibbiare in primo grado l’associazione mafiosa. Così scriveva, nel 2017, il giudice delle misure di prevenzione nel provvedimento di confisca: “[…] il Marano è stato raggiunto oggettivamente da indizi gravi che lo indicano come appartenente a pieno titolo dell’associazione camorristica facente capo alla famiglia Licciardi […] I rapporti del Marano Eduardo con il predetto clan Licciardi derivano dal vincolo di coniugio del proposto con Licciardi Patrizia, figlia di Licciardi Gennaro, detto “la scimmia”, storico capo dell’associazione. […] Sul punto è sufficiente in questa sede richiamare le concordi dichiarazioni dei pentiti […] che hanno individuato il Marano come soggetto stabilmente inserito all’interno del clan Licciardi con compiti di esercizio dell’attività di usura e traffico di stupefacenti”.

Parole come pietre ma spazzate via dalla sentenza di assoluzione. Il nome Marano, di recente, era tornato prepotentemente noto poiché il più giovane dei Marano a Terracina, Genny (figlio di Patrizia ed Eduardo), coinvolto nell’operazione Terminal, relativa a un giro di spaccio di cocaina, hashish e marijuana, con tanto di intimidazioni e pestaggi per i debitori, è un nome citato a più riprese dai collaboratori di giustizia, ex affiliati al clan Di Silvio, Agostino Riccardo e Renato Pugliese. Secondo i due pentiti, che lo hanno dichiarato nei verbali resi alla DDA romana tra il 2017 e il 2018, Genny Marano era un personaggio a cui si doveva chiedere permesso per ogni azione criminale che il clan zingaro voleva compiere a Terracina.

Anche Minale, campano d’origine, ma nato a Rotterdam, è un volto noto. Nel 2010, la Divisione Anticrimine della Questura di Latina gli aveva sequestrato il patrimonio. La magistratura aveva disposto il sequestro preventivo di tutti i suoi beni, per un valore di circa 10 milioni di euro. Il sequestro era scattato anche per i beni intestati alla moglie e alla figlia. La Questura di Latina aveva avanzato anche richiesta per la sorveglianza speciale del 44enne con obbligo di soggiorno e la confisca dell’intero patrimonio.

Sotto sequestro moto, automobili, terreni, appartamenti situati a Terracina e quote societarie. Michele Minale, agente immobiliare, secondo gli inquirenti sarebbe riuscito ad accumulare il patrimonio grazie ad attività illecite.

Secondo quanto riferiva la Questura all’epoca, “l’immobiliarista è persona stabilmente dedita ad attività delittuose dalle quali trae anche i mezzi di sostentamento, rientrando quindi a pieno titolo tra i soggetti che per il tenore di vita debba ritenersi che vivono con i proventi di attività delittuose”. I beni sequestrati risultarono essere 8 appartamenti a Terracina, 5 terreni, 5 capannoni industriali, 2 auto e 3 motocicli, in gran parte intestati alla moglie e alla figlia. Insieme ai beni immobili erano finite sotto sequestro diverse quote societarie, tra cui una quota pari a 5mila euro del centro ittico di Terracina. Tale sequestro non si concretizzò, in quanto gran parte dei beni furono restituiti a Minale.

All’immobiliarista erano intestati un appartamento in via Sani, a Borgo Hermada; un terreno in via Friuli Venezia Giulia; una quota di 5.000 euro nel Centro Ittico, friggitoria e take away del pesce, ex «Papillon» sulla Pontina; tre motocicli Honda di grossa cilindrata. Alla moglie di Minale, invece, risultavano intestati quattro appartamenti, due in via Veneto e due in via Astolfi; una BMW di lusso. Altre proprietà immobiliari erano intestate a una società a responsabilità limitata: tre appartamenti, un garage, un capannone industriale, un fabbricato in corso di costruzione, quattro terreni: sempre a Terracina. Alla figlia di Minale, infine, risultava intestata un’automobile modello «Mini».

In un articolo del Corriere della Sera datato 1997, il giornale racconta una “impresa” dell’allora giovane Minale che, alla guida di una FIAT Bravo, non si fermò in due posti di blocco della polizia e si lanciò in una fuga folle per le strade di Roma danneggiando auto in sosta e, inseguito dalle volanti, finì per ferire 5 agenti della polizia prima di essere fermato.

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L’indagine nasce da un acquisto da parte dell’indagato Paolo Coppola di una villa a Terracina, sulla SS Pontina, oggetto di una esecuzione immobiliare. Coppola si era aggiudicato la villa pur non avendo le disponibilità economiche. Sotto mentite spoglie, aveva partecipato all’asta anche Michele Minale, il quale nel 2009 era stato denunciato per usura dalla proprietaria dell’immobile in questione.

I successivi approfondimenti investigativi hanno consentito di accertare gli stretti rapporti esistenti tra Minale e i coniugi Eduardo Marano e Patrizia Licciardi, per conto dei quali, secondo l’ipotesi investigativa, Minale avrebbe operato illecitamente nel settore delle aste immobiliari. Inoltre, è emersa l’esistenza di numerose attività commerciali che, di fatto, erano riconducibili ai suddetti coniugi Marano, ma intestate fittiziamente a prestanome, alcuni dei quali in stretti rapporti con lo stesso Minale.

I coniugi Marano, sin dal 2006, quando si trasferiscono a Terracina, hanno effettuato una serie di investimenti immobiliari e imprenditoriali, soprattutto nel settore della ristorazione e dell’intrattenimento.

Nel corso delle indagini, inoltre, è stata stata presentata una denuncia da parte di un uomo di origine nordafricana, peraltro ritenuto dalla Procura di Latina come il prestanome del pluripregiudicato di Latina, Gianluca Tuma, per una attività estorsiva messa in atto da Paolo Coppola e Eduardo Marano. Una vicenda emblematica, secondo la DDA, della gestione da parte di Marano di attività commerciali per il tramite di Coppola.

L’inserimento nel settore economico e sociale dei coniugi Marano-Licciardi è stato agevolato dalla vicinanza di imprenditori locali, tra cui gli indagati dell’inchiesta odierna. I due coniugi, a pieno titolo inseriti all’interno del clan, hanno fatto rientro a Napoli il 12 maggio 2021 dopo gli ultimi arresti che hanno riguardato altri partecipi e poco prima dell’arresto di Maria Licciardi, sorella di Patrizia, ritenuta la reggente del clan, oggi ristretta in regime differenziato al 41 bis, così come l’altro fratello Vincenzo Licciardi.

Secondo gli inquirenti, Marano, Licciardi e Minale avrebbero messo in piedi una vera e propria attività di turbamento delle aste giudiziarie. Ad esempio, nel 2016, i coniugi, tramite l’intervento di Minale, titolare dell’agenzia Marlon Immobiliare in Via Roma, hanno acquistato all’asta al prezzo di 155mila euro un fabbricato in viale delle Industrie a Terracina poi ceduto al prezzo di 255mila euro. Affari con le aste giudiziarie che costituiscono il core businness dei tre soggetti.

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