PORNO-RICATTI, ESTORSIONE E VIOLENZA SESSUALE SU UN BAMBINO: ECCO LE ACCUSE AL CAPO SCOUT DI TERRACINA

Concluse le indagini a carico dell’assistente capo scout originario di Terracina arrestato per aver abusato di alcuni minorenni

La Procura di Roma, competente per materia, lo scorso 27 novembre, ha concluso le indagini a carico del 19enne Simone Di Pinto, l’assistente capo scout di Terracina accusato di pedopornografia arrestato il 2 agosto. Il 19enne si trova al momento agli arresti domiciliari e avrà 20 giorni di tempo per presentare memorie difensive o chiedere di farsi interrogare. A coordinare le indagini il sostituto procuratore capitolino Vittorio Bonfanti.

A luglio scorso, l’assistente capo scout di Terracina è stato iscritto nel registro degli indagati, accusato di gravi reati legati a presunti abusi su minori. L’associazione coinvolta conta circa 140 bambini tra i suoi frequentatori abituali. Le attività estive dell’organizzazione furono interrotte dalla decisione dell’Agesci, generando preoccupazione tra le famiglie coinvolte. “Cari genitori, il parroco e la comunità Capi comunicano – aveva scritto l’Agesci ai genitori – che per motivi imprevisti e imprevedibili tutte le attività e i campi estivi sono sospesi”.

La Procura di Roma considera quattro le persone offese dai reati che avrebbe commesso Di Pinto: si tratta di due ragazzi di 16 anni, un ragazzo di 12 anni e un bambino di 10 anni, assistiti dall’avvocato Pasquale Lattari. Le famiglie dei minorenni sono pronte a costituirsi parte civil anche con il supporto del Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Monica Sansoni. Diversi i reati di cui viene accusato Di Pinto.

Si va dalla pornografia minorile agli atti persecutori fino al reato di estorsione ai danni di un sedicenne. L’accusa più grave è quella della violenza sessuale aggravata ai danni del bambino di dieci anni, all’epoca degli abusi di appena 9 anni. I fatti ricadono giugno 2024. Di Pinto, che svolgeva il ruolo di aiuto capo dei lupetti del gruppo scout a Terracina, avrebbe invitato il bambino a fermarsi con lui nei locali della parrocchia. Rimasti da soli, con la scusa di aggiustargli i pantaloni, il 19enne avrebbe infilato le mani negli slip del bambino palpeggiandogli i genitali. Una circostanza resa ancora più grave, secondo la Procura, perché Di Pinto l’avrebbe commessa esercitando la sua autorità.

L’intera vicenda ha origine da un ricatto tramite social media, che ha coinvolto i due minorenni di 12 e 16 anni manipolati attraverso un profilo fasullo su Instagram. Il 19enne assistente capo scout, secondo l’accusa, ha agito dietro le quinte, utilizzando il profilo falso, spacciandosi per una certa “Aurora” di 17 anni e chiedendo immagini compromettenti ai giovani, per poi minacciarli di diffonderle se non avessero pagato una somma in denaro. L’intervento della Polizia Postale di Latina ha portato, a luglio, al sequestro dei dispositivi e all’avvio di un’approfondita inchiesta.

In un caso Di Pinto chiedeva al sedicenne di mostrargli il pene nelle immagini, poi lo contattava tramite Whastapp chiedendogli un video che lo ritraesse mentre si masturbava. Non solo: intimava al ragazzo, minacciando di rovinarlo nel caso contrario, di chiedere ai suoi amici altre immagini dello stesso tipo, come se fosse interessato a produrre materiale pedopornografico. Tra i reati contestati a Di Pinto, infatti, c’è quello di detenzione o accesso a materiale pornografico: sul suo cellulare sono stati trovati dalla Polizia Postale ben 292 filmati a carattere pedopornografico. Uno spaccato che può far pensare a una rete pedofila e al bisogno impellente non solo di detenere sempre più materiale.

Il ragazzo di sedici anni a cui Di Pinto chiedeva le immagini e i video pedopornografici veniva minacciato: se non avesse prodotto il materiale, l’aiuto capo scout, con le false sembianze di “Aurora”, avrebbe fatto vedere i video e le immagini già inviate, che lo ritravano mentre si masturbava, a genitori, parenti e amici. Episodi di stalking andati avanti per quasi un anno dal 2023 fino al giugno 2024. E in una circostanza, sempre lo stesso sedicenne fu costretto a pagare “Aurora” 55 euro che furono consegnati materialmente a Di Pinto.

Non solo ambienti di Chiesa e dell’area scout. In un caso, Di Pinto avrebbe contattato, tramite Instagram, sempre attraverso il falso nome di “Aurora”, anche un altro ragazzo di sedici anni, ora parte offesa, che non ha nulla a che vedere con quell’area di frequentazione. Al giovane le stesse richieste di materiale pedopornografico, con il 16enne nudo e in pose erotiche. Il ricatto era il medesimo: o produci altro materiale, o mostro quello che già ho a parenti e amici.

Una volta arrestato ad agosto, Di Pinto si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ora, se vorrà cercare di evitare una richiesta di rinvio a giudizio che appare scontata, dovrà tentare di difendersi da accuse gravi e odiose.

La parrocchia frequentata dal giovane indagato, assistito dall’avvocato Carmela Massaro, è quella della Chiesa San Domenico Savio di Terracina, la stessa frequentata in passato da Alessandro Frateschi, l’ex insegnante di religione condannato per violenza sessuale su cinque minori.

L’indagine è partita dalla denuncia di due genitori che hanno sentito piangere il loro ragazzo adolescente, vittima del ricatto dell’assistente capo scout.

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