Massacrato di botte a Londra un giovane pontino originario di Fondi: sul caso ancora non è chiara l’esatta dinamica dell’aggressione
Tutti della sua cerchia di amici e famigliari, oltreché agli investigatori, si domandano cosa sia successo a Marco Pannone, 25 anni, di Fondi. Il giovane è stato pestato a sangue e lasciato esanime nel retro di un pub di Londra: il Canova Hall Pub.
Al momento, Pannone si trova ricoverato in coma nel reparto di terapia intensiva del King’s College Hospital dove è stato operato d’urgenza alla calotta cranica nel tentativo di salvargli la vita.
Il fatto violento è accaduto nella notte tra venerdì e sabato scorsi a Brixton, un quartiere nella zona sud ovest della City, conosciuto come essere uno dei luoghi dove è più radicata la comunità giamaicana della Capitale del Regno Unito. Lì Pannone lavora come cameriere in un pub e sempre lì è avvenuta l’aggressione. Secondo una ricostruzione non accreditata, il pestaggio sarebbe scattato perché il ragazzo avrebbe dovuto chiudere il locale, mente un gruppo di altre persone glielo avrebbe impedito. Da qui le proteste e successivamente la brutale aggressione a causa della quale il giovane ha sbattuto violentemente la testa.
La famiglia di Marco, che vive a Londra da 6 anni, è stata avvisata sabato mattina tramite Facebook da un amico del ragazzo il quale ha scritto direttamente alla sorella maggiore rendendo noto ciò che era accaduto. Il ragazzo è un grande appassionato di kickboxing e quando tornava a Fondi frequentava la palestra ”Rotts”.
Il primo a partire per l’Inghilterra è stato uno zio, chef nella Capitalem Massimiliano Sepe. “Appena atterrato sono andato in ospedale – ha raccontato al quotidiano Leggo – Una dottoressa gentile mi ha spiegato che le condizioni di Marco sono molto gravi. Che è arrivato in condizioni disperate e hanno dovuto asportare una parte di calotta cranica per cercare di ridurre la pressione e salvargli la vita”.
Zio e genitori arrivati ieri a Londra non riescono però ad avere altre notizie: “Al consolato non sapevano nulla li ho informati io e l’agente che si occupa del caso è andato in ferie, mi ha lasciato la mail di un collega e il numero di registrazione del crimine. Perché nessuno ci aiuta? Siamo stati completamente abbandonati anche dalle istituzioni italiane. Abbiamo chiesto aiuto al consolato, anche un interprete perché non parliamo la lingua. Hanno preso i nostri dati e poi mi hanno mandato una mail dicendo che non avevano personale disponibile e quindi di rivolgerci alla polizia inglese”.