Accusati di stalking: si è concluso il processo a carico di due imputati davanti al giudice monocratico del Tribunale di Latina
Dopo la richiesta a 1 anno ciascuno di reclusione richiesta dal pubblico ministero, il giudice monocratico del Tribunale di Latina, Mario La Rosa, ha assolto entrambi gli imputati, difesi dagli avvocati Sinhue Luccone e Gianluca La Penna, dal reato di stalking ai danni di una donna e dell’uomo che voleva difenderla.
Si tratta di due uomini di Sezze e Roccagorga, rispettivamente di 50 e 36 anni, accusati di atti persecutori commessi a Sezze. Il 36enne di Roccagorga, in carcere per una condanna passata in giudicato relativamente a una rapina presso la farmacia di Sezze Scalo, doveva rispondere da solo di aver molestato, per fatti accaduti nel 2014, una quindicenne chiamandola in continuazione sul cellulare. L’adolescente aveva dovuto cambiare le proprie abitudini, tanto da chiedere l’intervento in sua difesa a un ragazzo di Sezze, all’epoca dei fatti 31enne.
La giovane aveva cambiato la scheda telefonica, rimosso il suo profilo social e persino si era trasferita a Roma per non avere più a che fare con il 36enne, all’epoca dei fatti 24enne.
L’altro imputato, oggi cinquantenne, di Sezze, assistito dall’avvocato Amleto Coronella, dove rispondere in concorso con il primo imputato, del reato di stalking poiché era accusato di aver molestato e minacciato il 31enne chiamato in soccorso dalla ragazza perseguitata. Il 18 ottobre 2014, secondo l’accusa, i due imputati avrebbero minacciato l’uomo, dicendogli di non mettersi in mezzo, ventilando la possibilità di utilizzare pistole: “Se ti muovi, ti fulmino. Qua è pieno di pistole. Ti faccio a pezzi come una patatina”.
Non paghi, il 20 ottobre 2014, i due avrebbero avvicinato di nuovo il 31enne ai Giardinetti di Latina minacciando di sparargli contro, mentre uno dei due simulava di avere il possesso dell’arma, toccandosi la schiena con una mano.
Una vera e propria persecuzione, tanto che il 36enne di Roccagorga avrebbe contattato il ragazzo che si era messo in mezzo per proteggere la quindicenne fino la novembre 2014. Minacce e offese di ogni tipo: “Ti vengo a cercare dove lavori e poi a casa, tanto lo sai che ti trovo”. E ancora: “Non sai che ti faccio quando ti prendo, chiama il cassamortaro. Ti apro come un maiale, vai a finire in cimitero”. Tutte minacce condite da offese, persino rivolte alla madre e finalizzate a far sì che l’uomo rimettesse la querela nei suoi confronti.
Ieri, 3 ottobre, al termine della camera di consiglio, entrambi gli imputati sono stati assolti.
