La Cassazione respinge un altro ricorso di Luca De Luca, l’uomo di riferimento del clan apriliano retto dal boss Patrizio Forniti
A novembre scorso, con sentenza pubblicata a gennaio 2025, la Corte di Cassazione aveva respinto il ricorso del 68enne originario di Nepi, Luca De Luca, ritenuto dall’Antimafia di Rome come un pezzo da novanta del clan apriliano retto dal latitante Patrizio Forniti.
In quell’occasione gi ermellini aveva rigettato il ricorso proposto contro il Tribunale del Riesame di Roma che aveva confermato la misura cautelare in carcere per De Luca derivante dalla maxi operazione denominata “Assedio” (3 luglio 2024), l’indagine della DDA di Roma che ha portato allo scioglimento per mafia del Comune di Aprilia.
Leggi anche:
MAFIA APRILIA, RESPINTO IL RICORSO DI DE LUCA: “SODALIZIO CON I CARATTERI PROPRI DELL’ASSOCIAZIONE MAFIOSA”
Ora, la Cassazione boccia di nuovo un ricorso proposto dagli avvocati difensori di De Luca, Francesco Mercadante e Massimo Biffa, contro l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Roma che ha rigettato l’istanza contro l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari, Francesco Patrone il quale, lo scorso 10 febbraio, ha applicato una nuova misura cautelare in carcere al già detenuto De Luca, nell’ambito della nuova “tranche” di Assedio.
De Luca, al momento sotto processo per il procedimento “Assedio”, è accusato di estorsione aggravata dal metodo mafioso, detenzione e porto in luogo pubblico di un ordigno esplosivo risalente alla seconda guerra mondiale.
Nel nuovo filone, sfociato a febbraio nella nuova ordinanza di arresti, De Luca è coinvolto nella estorsione messa in atto nei confronti dell’imprenditore apriliano, Urbano Tesei (anche lui indagato nel primo filone di “Assedio”).
Nelle nuove indagini si fa chiarezza intorno ai due atti intimidatori subiti dalla Nuova Tesei Bus srl, una società che, come noto, ha gestito per anni il servizio trasporti pubblici, anche per la scuola, ad Aprilia. L’azienda fu vittima di due attentati: uno, a gennaio del 2020, quando fu trovata una bomba a mano sul cancello d’ingresso; l’altro, a giugno 2020, quando furono lasciati due proiettili nel parcheggio della ditta apriliana. Un episodio, quest’ultimo, che non ebbe eco mediatica tanto che Luigi e Antonio Morra, padre e figlio, legati al clan Forniti, se ne sorprendono: “La mattina sono passate le guardie, niente!”.
Immediata, dopo il primo attentato, fu la ricerca di protezione nel clan da parte di Umberto Tesei – su suggerimento dell’apparente consigliere, l’imprenditore Luigino Benvenuti, in realtà in accordo con il gruppo Forniti – che fu rassicurato. Lo si era appreso nel primo filone d’indagine. Ben presto la cosca Forniti aveva trovato il responsabile (“un deficiente che aveva fatto di testa sua”) e spiegato a Tesei che lui era uomo ben voluto, da loro e dai politici Terra e Principi. L’imprenditore, per riconoscenza, porta una somma a Luca De Luca il quale la mette in conto per il sostentamento in carcere a favore di Patrizio Forniti.
Nelle nuove accuse della Direzione Distrettuale Antimafia, sono invece coloro che avrebbero dovuto proteggere Tesei i veri responsabili degli attentati intimidatori in Via Nettunense, sede dell’azienda: si tratta del boss Patrizio Forniti e Luca De Luca, Luigi e Antonio Morra, infine Marco Antolini. Gli attentati (i cui autori materiali sono individuati in Morra padre e figlio) sarebbero stati messi in pratica proprio per costringere Urbano Tesei a chiedere protezione (come infatti avvenne) e indurlo così a consegnare ulteriori somme di denaro al clan e in particolare a Luca De Luca, considerato negli ambienti una sorta di “prefetto” della malavita pontina. In un passaggio dell’ordinanza, viene riportata la valutazione della DDA quando “De Luca impartiva un’altra lezione di “mafia”, riferendo ai suoi interlocutori d aver liquidato bruscamente Tesei: “Gli ho detto “Levati dal cazzo…in modo da fargli capire che l’aiuto ricevuto non era scontato”.
Il gruppo Forniti, tra cui De Luca, è accusato di avere portato in luogo pubblico, davanti alla sede dell’azienda di Urbani, una bomba risalente alla seconda guerra mondiale: il modello inglese “Mills N-36M”.
Lapidarie le parole della Cassazione, nel respingere il ricorso, sulle accuse rivolte a De Luca e al clan: “Il ricorrente fonda i propri rilievi su alcuni stralci motivazionali…senza rapportarsi al complesso apparato indiziario posto a fondamento dell’ordinanza impugnata che ha dato conto dei pregressi rapporti di contiguità di Tesei Urbano con il clan capeggiato da Patrizio Forniti, della partecipazione del medesimo alle raccolte fondi promosse dal sodalizio per far fronte alle spese legali dei sodali e del trattamento di assoluto favore riservato ai fratelli Tesei, in conseguenza del patto politico mafioso intercorso tra il clan di Aprilia ed esponenti politici locali, nell’affidamento alla Nuova Tesei s.r.l. del servizio di trasporto scolastico nel territorio comunale. Il collegio cautelare ha segnalato, sulla base di una corretta e persuasiva ricostruzione delle fonti intercettive, che proprio a seguito dell’affidamento dell’appalto di servizi richiamato, pilotato dal Principi, che costituiva espressione degli interessi mafiosi in seno all’Amministrazione locale, i Tesei non avevano manifestato la dovuta e tangibile “riconoscenza” nel confronti del sodalizio che li aveva favoriti”, subendo così i due attentati del 2020.
È De Luca a prendere i soldi dall’imprenditore del tpl apriliano, il che prova, secondo la Cassazione, che “le condotte estorsive poste in essere nei confronti dei fratelli Tesei fossero espressione degli interessi associativi in quanto intese a “sollecitare” mediante l’utilizzo del metodo proprio della compagine mafiosa la “riconoscenza” degli imprenditori per il conseguimento dell’appalto del servizio di trasporto pubblico scolastico nella città d’Aprilia e fossero state, pertanto, assentite dal De Luca in veste di organizzatore e dirigente del sodalizio”.