PARCO AUSONI: “AGRICOLTURA, NATURA E RISPETTO DEI DIRITTI UMANI”

La tragica morte del bracciante indiano Satnam Singh ci richiama tutti a una profonda riflessione sul tema del rispetto della dignità della persona e della sacralità della vita umana. Per contrastare le distorsioni di un’agricoltura dominata dalla brutale logica del profitto e finalizzata ad alimentare consumi spesso superflui è necessario un cambiamento radicale dei nostri stili di vita

“La tragica morte del bracciante indiano Satnam Singh, avvenuta il 19 giugno a Latina, impone a tutti una profonda riflessione non solo sulle inaccettabili condizioni di lavoro a cui vengono costretti molti immigrati nel nostro Paese e sugli effetti dell’aberrante prevaricare dell’interesse economico perfino sul più elementare senso di umanità e di pietà, ma anche – più in generale – sulle cause remote, di ordine etico, che sono all’origine dell’episodio. 

Il fenomeno del caporalato, infatti, è strettamente collegato a quello di una società che sembra aver perso ogni riferimento di tipo valoriale e che è giunta a negare, nel concreto, il rispetto dei diritti umani e il valore della vita stessa delle persone.

Non si tratta solo delle guerre, dell’esodo forzato di intere popolazioni, dell’emergere di nuove forme di schiavitù, del moltiplicarsi delle violenze d’ogni genere: fatti che sono sotto gli occhi di tutti e che, pure, stentano a scuotere in modo adeguato le nostre coscienze. Ci sono altre forme di degrado della sensibilità collettiva ai valori più alti – in primo luogo il rispetto e la cura degli altri – che non si manifestano con altrettanta evidenza e di cui tuttavia portiamo a pieno la responsabilità. 

L’episodio di Latina ci sollecita, appunto, a riflettere su una di queste forme, particolarmente subdola e difficile da contrastare, che è la nostra incapacità – soprattutto di noi che abitiamo nei Paesi più ricchi – di cambiare radicalmente modelli e stili di vita non più sostenibili e che, per di più, tendono ad accentuare le differenze economiche e sociali a danno delle fasce di popolazione più povere ed emarginate. Modelli e stili di vita improntati alla superficiale e, nella sostanza, immorale cultura riassumibile nello slogan “usa e getta”. Attraverso il marketing si è creata, infatti, tutta una serie di mode e di bisogni artificiosi che alimentano una gigantesca catena di consumi superflui e di sprechi. Ma a quale prezzo? E con quali risultati?

Da un lato, il miraggio del profitto ha spinto a puntare in modo indiscriminato sulle forme di agricoltura più facili e immediatamente più redditizie come le colture intensive, senza alcun riguardo allo sfruttamento e all’impoverimento dei suoli e all’inquinamento derivante dall’uso massiccio dei diserbanti e dei pesticidi. Dall’altro, l’esigenza di limitare i costi di produzione per battere la concorrenza ha determinato – in assenza dei dovuti controlli – la crescita a dismisura del ricorso a manodopera irregolare, mal retribuita e nient’affatto garantita quanto alle condizioni di sicurezza sul lavoro. 

La logica del guadagno ha prevalso e continua a prevalere su ogni altra considerazione: ciò che davvero conta è che il prodotto si venda e giunga sulla tavola del consumatore. È questo il contesto in cui è maturata la tragica morte di Satnam Singh. Una morte che ci interpella tutti. La domanda che dobbiamo porci, infatti, è la seguente: davvero noi consumatori abbiamo bisogno di tutto ciò che, attraverso una martellante pubblicità, ci viene così capziosamente offerto dal mercato?

Da decenni l’Organizzazione Mondiale della Sanità mette in guardia contro i rischi dell’obesità e delle patologie a essa collegate. Esiste, nei paesi più progrediti, un diffuso problema di sovra-alimentazione e di alimentazione scorretta: eccesso di cibi, pasti disordinati, uso di prodotti di scarsa qualità (quelli, appunto, il cui basso prezzo di vendita è consentito dallo sfruttamento dei lavoratori irregolari). Consumare meno, puntando sulla qualità, avrebbe una molteplicità di effetti positivi:

– ridurrebbe il rischio d’insorgenza o di aggravamento di numerose malattie; 

– eviterebbe il proliferare del fenomeno dei “prezzi stracciati”, dietro cui si nascondono quasi sempre lo sfruttamento dei lavoratori e la scarsa qualità della merce venduta, e consentirebbe al mercato di trovare un equilibrio tale da favorire l’impiego, in agricoltura, di manodopera meglio retribuita e maggiormente tutelata;

–  contribuirebbe alla salvaguardia e alla conservazione degli ecosistemi agricoli, favorendone la diversificazione e la specializzazione produttiva in funzione delle specifiche vocazioni del territorio. 

Il tema del lavoro degli immigrati extracomunitari nei campi riguarda direttamente, com’è noto, anche la Piana di Fondi. Esso fu al centro, già nel 2017, di un convegno dal titolo “Padrini e padroni nella provincia di Latina. Analisi e contrasto alle mafie”, tenutosi a Palazzo Caetani e patrocinato dall’Ente Parco Monti Ausoni e Lago di Fondi. Vi partecipò, tra gli altri, il sociologo Marco Omizzolo, profondo conoscitore e analista del problema. Da allora il numero degli immigrati che lavorano nel nostro territorio è notevolmente aumentato.

Se ad altri Enti istituzionalmente compete gestire la situazione sul piano degli interventi e dei provvedimenti concreti, l’Ente Parco può contribuire in modo significativo a rilevare le criticità e a diffondere ed accrescere nell’opinione pubblica e soprattutto tra gli agricoltori – con cui c’è una interlocuzione intensa e continua – la consapevolezza dei problemi sul tappeto, fornendo utili informazioni e orientando gli atteggiamenti e i comportamenti dei singoli attraverso una opportuna azione di sensibilizzazione e di educazione interculturale e ambientale. 

A tale proposito, oltre alle iniziative già in atto e agli incontri e ai laboratori annualmente programmati nelle scuole, è allo studio dell’Ente Parco una serie di eventi e di incontri che intendono appunto focalizzare l’attenzione su temi di primaria importanza come l’integrazione e la necessità di uno sforzo solidale per mitigare il cambiamento climatico e ridurre le ingiustizie nel mondo, la promozione di un’agricoltura sostenibile, l’incentivazione di una commercializzazione basata sull’attivazione di “filiere corte”, l’approfondimento delle modalità con cui ognuno di noi può collaborare a un oculato consumo e riciclo delle risorse naturali, la conoscenza dei principi e delle pratiche fondamentali di una sana e corretta alimentazione.

Da sempre l’Uomo e la Natura vivono in simbiosi. Amare e rispettare la Natura significa anche rispettare il prossimo. Per questo si rende necessaria e urgente una “conversione ecologica integrale”: un messaggio che oggi risulta più che mai attuale e che tocca a noi tutti tradurre in realtà, per arrestare una deriva che rischia di compromettere le sorti dell’umanità intera”.

Così, in una nota, il Parco Ausoni.

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