Accusato di violenza sessuale nei confronti della figlia di 13 anni: l’imputato è stato giudicato col rito abbreviato
Era accusato di aver compiuto atti sessuali sula figlia di 13 anni, per un episodio commesso a Cori il primo gennaio 2019. P.I. (queste le sue iniziali), rumeno quarantenne, dopo la riqualificazione del reato, ha dovuto affrontare l’ultima battuta del suo processo con l’accusa più grave di aver costretto la figlia a subire atti sessuali.
In ragione di questa riqualificazione del reato, l’avvocato difensore, Amleto Coronella, ha chiesto che il quarantenne fosse giudicato col rito abbreviato, trovando accoglimento da parte del pubblico ministero Valerio De Luca e del secondo secondo collegio del Tribunale di Latina, composto dalla terna di giudici Nadile-Zani-Trapuzzano Molinaro.
A chiedere la riqualificazione del reato era stato, nella scorsa udienza di giugno, il pubblico ministero Giorgia Orlando. L’uomo è accusato di violenza sessuale aggravata da minore età in quanto, mentre guidava, con “condotta repentina e insidiosa costringeva la figlia di 13 anni a subire atti sessuali, in specie toccando il seno e infilando la mano nei pantaloni, toccandole i genitali”.
Al termine di spontanee dichiarazioni rese oggi dall’imputato che ha negato ogni forma di violenza sessuale, il pubblico ministero De Luca ha svolto la sua requisitoria. Secondo il pm, la persona offesa è credibile, nonostante non abbia convinto l’accusa. “Non c’è stata una forma di violenza di costrizione”. Ci sarebbero stati toccamenti: gravi dal punto di vista giuridico, meno dal punto di vista umano.
Secondo il pm, non vi è la certezza della responsabilità dell’uomo oltre ogni ragionevole dubbio. In questo caso, come ha ricostruito il pm, la figlia palpeggiata si è allontanata dalla casa famigliare, rimproverando alla madre determinati comportamenti. La stessa madre non ha creduto alla figlia, né i fratelli che hanno continuato a vivere nel contesto domestico.
Dubbi da parte del pm anche sulle modalità di violenza, in quando la condotta illecita sarebbe avvenuta mentre era alla guida dell’auto. Per tali ragioni, permanendo dubbi, il pubblico ministero ha chiesto l’assoluzione dell’uomo. Una richiesta a cui, naturalmente, si è associato anche l’avvocato difensore, specificando che vi sarebbe stata la certezza dell’innocenza dell’imputato.
Al termine della camera di consiglio durata circa un’ora, il Tribunale di Latina è stato di diverso avviso e ha condannato il 40enne alla pena di 3 anni e 6 mesi di reclusione, oltreché all’interdizione dai pubblici uffici e al divieto di avvicinamento per 1 anno a luoghi frequentati da minori quali scuole e altri simili.
