OMICIDIO VACCARINI, DIVENTA DEFINITIVA L’ASSOLUZIONE DELL’EX MOGLIE

Omicidio doloso a Terracina, dopo la sentenza di assoluzione in Corte d’Appello, finisce il processo a carico dell’infermiera polacca Gabriela Blazewicz

Non verrà impugnata la sentenza di assoluzione pronunciata da Tribunale di Latina e Corte d’Appello di Roma. Per effetto di questa decisione, la sentenza diventa definitiva con la definitiva uscita di scena di Gabriela Blazewicz dalle accuse di omicidio doloso del marito, Bruno Vaccarini, 75 anni all’epoca del decesso, originario di Terracina.

A luglio scorso, si era concluso il secondo grado del processo per la donna imputata perché secondo l’accusa avrebbe lasciato morire il marito di cancro. Si tratta, come noto, del caso della infermiera polacca di 62 anni, Gabriela Blazewicz, difesa dall’avvocato Francesco Pietricola.

La donna, a luglio 2024, era stata assolta in primo grado dalla Corte d’Assise del Tribunale di Latina, presieduta dal giudice Gian Luca Soana. Era stata la Procura di Latina e i tre figli dell’uomo in qualità di parti civili, difesi dagli avvocati Fabio Belardi, Luigia Lacerenza e Serena Zompetta, a ricorrere in appello.

Avvocato Francesco Pietricola
Avvocato Francesco Pietricola

Il procuratore generale della Corte d’Appello aveva chiesto per l’imputata quantomeno una riqualificazione del reato in omicidio colposo, mentre le partiti civili avevano chiesto una sentenza di condanna per il reato contestato sin dal principio dalla Procura di Latina: omicidio doloso.

L’avvocato Pietricola aveva basato la sua arringa su un principio peraltro spiegato anche dalla sentenza di primo grado: la Blazewicz non ha colpa perché non spettava a lei far curare il marito e non spettava a lei informare i figli della malattia del padre. La difesa si era anche soffermata sul fatto che, come estrema ratio, un malato termina può ricorrere anche a cure non tradizionali.

La Corte d’Appello aveva confermato “in toto” la sentenza di primo grado, assolvendo Gabriela Blazewicz e condannato i ricorrenti alle spese di giudizio. Era valso quindi l’assunto che la donna non aveva indotto il marito a curarsi con vitamina C e curcuma invece che con la chemioterapia, forse aveva condiviso quei metodi, sicuramente li aveva accettati, pur non costituendo ciò un reato.

La Corte d’assise dell’Appello di Roma aveva disposto la rinnovazione parziale del dibattimento in secondo grado. Una mossa che poteva essere letta come una volontà di approfondimento prima di ascoltare le richieste del sostituto procuratore generale, le parti civili e l’arringa difensiva.

A luglio 2024, la Corte d’Assise del Tribunale di Latina, presieduta dal giudice Gian Luca Soana, a latere la collega Concetta Serino, insieme alla giuria popolare, aveva emesso la sentenza di assoluzione a carico della 62enne che doveva rispondere anche delle accuse di maltrattamenti e appropriazione indebita. Vittima delle sue azioni, secondo l’allora Procuratore capo di Latina, Giuseppe De Falco, titolare dell’indagine che ha seguito il processo dall’inizio alla fine, il 75enne di Terracina, Bruno Vaccarini, ex marito della donna.

Una decisione che, nel luglio 2024, aveva lasciato tutti a bocca aperta e nella disperazione i figli della vittima, in un processo che si è sicuramente concluso con un esito inaspettato.

Procura e parti civili puntavano a far ribaltare la sentenza di sei mesi fa che ha assolto la donna per quanto riguarda l’omicidio doloso e dichiarato il non luogo a procedere per la contestata appropriazione indebita di circa 70mila euro dai conti dell’uomo. Una sentenza arrivata alla fine di una udienza che si era aperta con l’arringa difensiva dell’avvocato Pietricola, il quale aveva chiesto l’assoluzione per la sua assistita e in subordine l’omicidio doloso. Secondo il legale, non esiste prova che la vedova Vaccarini abbia indotto il marito a seguire il protocollo sanitario “eretico”, il quale prescriveva di curare il tumore con vitamina C e curcuma, invece che con le cure classiche come la chemioterapia.

La donna era accusata di aver lasciato morire Vaccarini, sposato in seconde nozze. I fatti risalgono agli anni 2018 e 2019 quando, il 7 marzo di quest’ultimo anno, l’uomo morì. Malato di cancro ai polmoni e con un’aplasia alla prostata, il 75enne fu costretto, solo in ultima battuta, per volontà dei tre figli di primo letto, ad andare avanti e indietro con l’Ifo, l’istituto nazionale tumori Regina Elena di Roma. Purtroppo, Vaccarini ricorse alle cure specialistiche in ritardo: secondo l’accusa, la donna l’avrebbe lasciato morire e gli avrebbe anche sottratto diverse migliaia di euro dai suoi conti, tra i 70 e gli 80mila euro, poco prima del decesso.

Nel corso del processo, era emerso di come l’uomo fosse stato curato a vitamina C e altre medicinali assolutamente inidonei a combattere il cancro ai polmoni di cui soffriva, tra cui anti-infiammatori molto potenti. La difesa delle parti civili aveva presentato, nel corso del processo a Latina, depositandola presso la Corte d’Assise, una pen drive contenente documenti audio video in cui Vaccarini parla della vicenda che lo ha coinvolto, prima di morire. In quei video, l’uomo dava la colpa alla moglie, ossia l’imputata assolta.

E a far scalpore, in riferimento all’assoluzione, era stata anche la circostanza per cui l’ormai ex Procuratore Capo di Latina, Giuseppe De Falco, aveva chiesto per Gabriela Blazewicz una condanna esemplare a 22 anni di reclusione, più l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

La sentenza firmata dal Presidente della Corte d’Assise, Gian Luca Soana, aveva spiegato, invece, il perché dell’assoluzione di Blazewicz arrivata con la formula “perché il fatto non sussiste”; oltreché ad essere dichiarata non punibile per il reato di appropriazione indebita, in quanto moglie dell’uomo deceduto.

La Corte d’Assise si era concentrata sul punto giudicato dirimente, ossia che era “necessario accertare se Bruno Vaccarini fosse, da marzo del 2018, consapevole della patologia dalla quale era, probabilmente – se non sicuramente affetto e se non sia stata, allora, una sua scelta quella di non effettuare, almeno nell’immediato, quegli ulteriori accertamenti necessari (e quelle cure) e di non avvisare i figli, nati dal primo matrimonio, della patologia da cui era affetto“.

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