Omicidio a Sermoneta, prosegue il processo per il 36enne di origine nigeriana accusato dell’omicidio di un connazionale
È ripreso il processo per omicidio a carico del 36enne nigeriano David Ojo, difeso dall’avvocato Alfredo Frateschi. Nell’udienza odierna sono stati ascoltati gli ultimi quattro testimoni dell’accusa, rappresentata dal pubblico ministero Martina Taglione. Costituiti come parti civili i famigliari della vittima, John Eric, difesi dall’avvocato Bianchi.
L’imputato, va ricordato, nel corso dell’interrogatorio di convalida dell’arresto un anno e mezzo fa, si era dichiarato completamente estraneo all’omicidio, così come aveva fatto quando era stato interrogato dai militari dell’Arma. Il 36enne aveva respinto ogni addebito, fornendo la sua versione dei fatti e spiegando di non essere stato presente al momento dell’aggressione di John Eric.
Ad essere interrogati quattro testimoni, tutti connazionali dell’imputato e della vittima, oltreché al Comandante della Stazione di Sermoneta, Antonio Vicidomini, già ascoltato in una precedente udienza e oggi richiamato dalla difesa per alcuni chiarimenti sulla sua deposizione.
Tra i connazionali che hanno testimoniato, presenti alla festa nel corso della quale John Eric perse la vita nella notte tra il 12 e il 13 novembre 2023, anche il fratello della vittima la quale, con l’aiuto dell’interprete dall’inglese, ha parlato della vicenda tragica che ha segnato per sempre la sua vita. L’uomo ha spiegato che non era presente dopo una certa ora alla festa e che andò a dormire. Solo la mattina seguente, il connazionale che aveva organizzato la festa lo chiamò per dirgli che suo fratello era morto: “Rimasi scioccato e chiamai il proprietario di casa per avvertire poi i Carabinieri”. Qualcuno, inoltre, gli aveva raccontato che l’unico testimone oculare delle prime fasi dell’aggressione a John Eric aveva preso lui stesso a “bottigliate” il 36enne.
Un frangente, quest’ultimo, smentito tra le lacrime dal medesimo testimone il quale, con un andamento molto emotivo, tra pianti e qualche tono della voce piuttosto alto, ha raccontato cosa vide quella sera: “David Ojo insieme a un ragazzo alto e con i capelli rasta stavano lanciando le bottiglie contro il muro e poi contro John Eric. Io gli dissi di fermarsi e di placarsi, poi andai via”. Ciò che è certo, sulla base di tutte le testimonianze, è che la festa aveva un altro grado alcolico: in molti erano ubriachi e gli animi si era surriscaldati.
Secondo il testimone oculare dell’aggressione, ma non dell’omicidio, David Ojo gli disse che John Eric gli aveva tirato uno schiaffo e “Io dissi di stare calmi. Gli avevo visto che stavano litigando, che urlavano”. Un altro dei testimoni si è invece avvalso perché indagato per procedimento connesso: avrebbe dichiarato il falso agli inquirenti.
Il processo è stato rinviato al prossimo 7 ottobre quando verrà esaminato l’imputato John Eric e il consulente della difesa, il professor Francesco Maiese.
I FATTI – Una vicenda terribile, nata nell’ambito di una festa finita male, condita da eccesso di alcol, che ha portato all’aggressione della vittima morta per dissanguamento e con qualche segno di assideramento.
Il giorno dopo l’omicidio, i Carabinieri del Comando Provinciale di Latina, tramite una indagine lampo, hanno proceduto, sotto la direzione del sostituto procuratore di Latina, Martina Taglione, al fermo di indiziato di delitto di iniziativa della polizia giudiziaria a carico di David Ojo. Secondo la ricostruzione delle fasi che hanno portato all’omicidio, il 36enne sarebbe stato preso in giro dal 31enne e persino colpito con uno schiaffo. Successivamente, complice il tasso alcolemico alto, il 36enne avrebbe lavato col sangue l’affronto e si sarebbe vendicato colpendo con il vetro rotto di una bottiglia il 31enne John Eric.
Secondo quanto ricostruito dai Carabinieri del Nucleo Investigativo, diretti dal tenente colonnello Antonio De Lise, coadiuvati dai colleghi della Compagnia di Latina, e dai Carabinieri del Reparto Territoriale di Aprilia e della Stazione di Sermoneta, l’omicidio di Eric è avvenuto all’esterno dell’abitazione dove i protagonisti si erano incontrati per partecipare ad una festa privata. A emettere il decreto di fermo per il 35enne nigeriano è stato direttamente il sostituto procuratore di Latina, Martina Taglione.
Il ritrovamento del cadavere è avvenuto intorno a mezzogiorno di lunedì 13 novembre quando i Carabinieri, insieme a personale sanitario del 118, sono intervenuti per la segnalazione di una persona straniera deceduta, dell’età di circa 30 anni. Ad accorgersi del corpo dell’uomo è stato il proprietario 80enne del terreno dove sorge il casolare, diviso in mini appartamenti affittati a diversi immigrati, in cui si è consumata la festa tragica.
Il luogo dove è stato rinvenuto il cadavere è stato isolato da parte dei militari. Ciò che è certo è che l’uomo, John Eric, residente a Roccagorga e in attesa di permesso di soggiorno, si trovava in un casolare in Via Dormigliosa (la strada che arriva a Doganella di Ninfa) dove era in corso l’incontro con gli altri connazionali.
L’uomo è stato colpito vicino alla gola: presentava la ferita più grave all’altezza della giugulare ed è stato trovato già cadavere da Carabinieri e personale sanitario. Ad ogni modo, non è l’unica ferita: l’uomo aveva altri tagli più lievi sempre tra viso e collo.
I militari dell’Arma, sin da subito, lavorando senza soluzione di continuità per 24 ore, hanno iniziato gli interrogatori, in primis con gli abitanti della casa nei pressi della quale è stato ritrovato morto il nigeriano. Ascoltato anche il fratello di Eric. La convinzione degli investigatori è che si è trattato di una lite degenerata nel peggiore dei modi, nell’ambito di una festa domenicale (usuale nella comunità degli immigrati).
Un’area diventata difficile quella di Via Dormigliosa, dove c’è una folta comunità di immigrati: non solo nigeriani, ma anche rumeni e persone del nord Africa. Nel 2022, a primavera, un altro giovane nigeriano, di circa 25 anni, era stato aggredito sempre sulla stessa via, mentre, durante una festa, si era allontanato per strada.
Il giovane fu accoltellato e picchiato, ma, seppur riconoscendo dalle immagini mostrategli dagli inquirenti alcuni dei suoi aggressori, decise di non denunciare. Un regolamento dei conti che non ha mai trovato la sua spiegazione, anche in ragione dell’assenza di una denuncia da parte della vittima, miracolosamente salvata dai sanitari dell’ospedale Santa Maria Goretti di Latina.