Dieci anni per un’assoluzione: è il tempo che ha dovuto attendere il finanziere scelto Raffaele Quaranta imputato di omicidio colposo
A formulare la sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto è stato il giudice monocratico del Tribunale di Latina Beatrice Bernabei la quale ha messo fine alla tragica vicenda della morte dell’altro finanziere Vincenzo Di Donna, deceduto a 32 anni nella tarda mattinata del 22 agosto 2010.
Quaranta, 42 anni, originario di Grottaglie in provincia di Taranto, all’epoca era in servizio nel Gruppo di Formia della Guardia di Finanza. Insieme a Di Donna, il finanziere tarantino stava traducendo in carcere Francesco Rinaldi, arrestato a Formia per furto, e sopratutto appartenente all’agguerrito clan di Napoli Est: i Rinaldi. Francesco è, infatti, figlio del defunto Antonio Rinaldi, detto ‘O Giallo e nipote dell’altro boss Ciro Rinaldi detto My Way.
Quella mattina di quasi dieci anni fa, i due finanzieri si trovavano insieme al nipote di My Way su una Fiat Stilo seguita da una Fiat Bravo della Guardia di Finanza. Arrivati al confine tra Terracina e Sabauda, all’altezza del chilometro 102+600 della Pontina, la Stilo fu coinvolta nel grave incidente stradale.
Nette furono le parole del pm di Latina Marco Giancristofaro nei confronti di Raffaele Quaranta il quale, secondo il magistrato, stava percorrendo la carreggiata e “per imprudenza, negligenza, imperizia e inosservanza delle norme sulla circolazione stradale e per la velocità (98 chilometri orari) non commisurata alle condizioni stradali e di traffico presente nel tentativo di sopravanzare un autocarro che lo precedeva perdeva il controllo della stessa autovettura producendosi in una fase di sbandata che terminò sul lato sinistro della carreggiata“.
A morire fu l’appuntato Di Donna, originario di Torre del Greco, che si trovava a fianco di Quaranta, il quale, in seguito all’urto, si ritrovò fuori dall’autovettura. Di Donna morì poco più tardi all’ospedale Santa Maria Goretti di Latina a causa delle gravissime lesioni riportate.
Per Quaranta, la Procura di Latina aveva chiesto due anni di reclusione. Una richiesta evidentemente non accolta dal Tribunale che ha visionato anche una perizia cinematica della difesa, rappresentata dall’avvocato Luigi D’Anna, che avrebbe dimostrato, contrariamente alla relazione della Polizia Stradale, che l’incidente non fu condizionato da una condotta superficiale e e negligente di Quaranta.
Tragica facilità, così ha sancito la sentenza a distanza di dieci anni.