OMICIDIO ATTANASIO IACOVACCI: “SE L’ITALIA PAGA POSSIAMO CATTURARE I SOSPETTATI”

Attanasio e Iacovacci
Attanasio e Iacovacci

Omicidio Attanasio-Iacovacci: spuntano dalle carte dell’inchiesta nuove rivelazioni sulle indagini intorno al delitto commesso in Congo

Un militare dell’Arma dei Carabinieri contattato dal vice ambasciatore del Congo: chiedeva soldi. “Se l’Italia paga, possiamo catturare 4 sospettati”. Questa è l’importante rivelazione fornita da Il Fatto Quotidiano in merito a ciò che emerge dalle carte dell’inchiesta condotta dalla Procura di Roma.

A raccontare l’episodio al Procuratore aggiunto di Roma Sergio Colaiocco, che coordina le indagini sulla morte violenta di Luca Attanasio, del Carabinieri originario di Sonnino Vittorio Iacovacci e dell’autista Mustapha Milambo, è stato un colonnello dell’antiterrosimo dei Carabinieri

Il militare dell’Arma, in due occasioni, ha ricevuto, infatti, una richiesta di incontro, attraverso il console onorario della Repubblica democratica del Congo, da parte del viceambasciatore del Congo a Roma, Benjamin Osango Noya. La data è quella del 19 aprile: neanche due mesi prima Luca Attanasio, Vittorio Iacovacci e Mustapha Milambo furono uccisi nell’agguato consumatasi tra Goma e Rutshuru. Il vice ambasciatore chiese al Carabiniere di vedersi in “un luogo pubblico”: fu scelta piazza Barberini, a Roma.

Osango Noya, secondo quanto riportato da Il Fatto, spiega al tenente colonnello che “entro un mese sarebbe stato consegnato un rapporto redatto dall’intelligence congolese che attribuirebbe la responsabilità dell’attacco al Fronte Democratico per la Liberazione del Rwanda (Fdlr)”, vale a dure un gruppo ribelle di etnia Hutu che opera in quell’area del Congo.

Ecco perché, viene fissato un nuovo incontro tra il militare dell’Arma, interessato a quegli sviluppi investigativi provenienti dal Paese africano, e il diplomatico congolese. Una settimana dopo, il 26 aprile, stavolta in Piazza della Repubblica, a Roma, il vice ambasciatore spiega che le autorità “sarebbero giunte a identificare quattro tra i responsabili dell’attacco, tutti di nazionalità rwandese, genericamente localizzati nella zona dell’attacco”. Tuttavia, è ciò che aggiunge dopo a mettere sul chi va là il Carabinieri. Infatti, l’operazione propedeutica agli arresti non era fine a se stessa e per assicurare alla giustizia i presunti assassini. Il viceambasciatore chiese, infatti, al Carabiniere un “supporto dell’Italia per finanziare sia lo spostamento del personale congolese da Kinshasa a Goma che per retribuire una risorsa fiduciaria di quegli stessi Servizi ipoteticamente in grado di localizzare i catturandi”.

Il vice ambasciatore bussava a soli: l’arresto si compie ma lo Stato italiano paghi. Alla richiesta, il militare rispose picche spiegando che “la legislazione nazionale non risulta annoveri meccanismi di finanziamento di autorità di polizia/giudiziarie estere“.

Accade, però, che a gennaio scorso, sono stati realmente arrestati alcuni componenti di una banda denominata “Aspirant”, con tanto di conferenza stampa e notizia fatte circolare in maniera decisa.

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E prima di quella data, il 22 maggio 2021, il presidente della Repubblica Democratica del Congo, Félix Tshisekedi annunciò altri quattro arresti che poi si rivelarono una bufale, dal momento che quelle persone erano totalmente estranee ai fatti.

C’è di più, negli incontri avvenuti tra viceambasciatore e Carabiniere, il diplomatico ha avanzato anche la circostanza che l’autista ucciso, Milambo, era “sospettato di aver fornito gli assalitori informazioni utili a pianificare l’azione criminosa”. Il Carabiniere chiese riscontri peri verificare l’attendibilità dell’informazione, ma Osango Noya si sarebbe limitato a dire che “l’accertamento delle responsabilità era il risultato di elementi oggettivi”. Eppure, di riscontri neanche l’ombra.

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