MORTO PER UNA INFEZIONE AL GORETTI, LA FAMIGLIA CHIEDE 1 MILIONE DI EURO PER RISARCIMENTO

Goretti di Latina

Chiedono un milione di euro di risarcimento per il famigliare morto a 80 anni presso il Santa Maria Goretti di Latina

Nonostante la richiesta da 1 milione di euro, il Tribunale di Latina ha riconosciuto un risarcimento da 30mila euro per la morte del famigliare, un uomo da 80 anni. A difendere gli interessi della famiglia è l’avvocato Renato Mattarelli per un caso che ha visto l’80enne deceduto per una infezione degenerata in sepsi, emiparesi, decadimento organico e stato cachettico.

“Prima i sanitari del Goretti di Latina ritardarono la diagnosi. Poi – spiega l’avvocato Mattarelli – quando dopo qualche mese diagnosticavano la recidiva del menigioma (un tumore benigno che crescendo comprime sul cervello) e lo operano non rimuovendo interamente la massa; chiudendo erroneamente il cranio; provocando infezioni settiche e soprattutto senza informare il paziente e i familiari dei rischi e delle alternativeall’operazione”.

“C’è responsabilità dei sanitari della neurochirurgia del Goretti ma limitatamente alla lesione del diritto del paziente di autodeterminarsi liberamente se fosse stato dovutamente informato dai medici delle conseguenze dell’intervento e del rischio “tipico” delle infezioni chirurgiche. Da qui il risarcimento a 30mila euro alla moglie e alle due figlie”.

Il Tribunale di Latina ha stabilito, nella recente sentenza, che l’uomo, originario di Latina, ha “patito delle sofferenze connesse alla sua impreparazione all’intervento ed alle conseguenze di esso; a causa del deficit informativo, il paziente ha subito un pregiudizio, non patrimoniale (di apprezzabile gravità), diverso dalla lesione del diritto alla salute, in termini di sofferenza soggettiva e contrazione della libertà di disporre di se stesso, psichicamente e fisicamente. Si trae da tali considerazioni un apprezzamento, quale pregiudizio rilevante sul piano risarcitorio, delle sofferenze del tutto presumibilmente derivate dall’inatteso aggravamento, nei mesi successivi al trattamento, della sintomatologia dolorosa e del suo stato fisico generale, con insorgenza anche di una osteomielite a seguito delle infezioni contratte nella fase post operatoria. L’omessa informazione sulle possibili conseguenze dell’intervento, ha avuto come conseguenza sorpresa, impreparazione, maggiore afflizione nella percezione del proprio stato e nell’affrontare le cure, conseguenze pregiudizievoli tanto più presumibili e tanto più rilevanti quale danno risarcibile, quanto meno prevedibile potevano considerarsi le complicanze delle aderenze riscontrate e della contrazione di infezioni nosocomiali (nella specie, come detto, statisticamente ricorrenti, come evidenziato dal CTU solo in una percentuale limitata di casi)”.

L’avvocato Mattarelli annuncia appello contro la sentenza di primo grado chiedendo l’integrale risarcimento, perché “la condotta dei sanitari del Goretti va ben oltre la lesione del diritto all’autodeterminazione per l’assenza totale del consenso informato ma è stata la causa, o quantomeno la concausa, del decesso del 80enne. Le gravi infezioni ospedaliere contratte dal paziente potevano infatti essere evitate applicando i protocolli e conseguentemente poteva essere evitata la grave debilitazione che non può non aver contribuito al decesso del paziente”. 

C’è stata, secondo la difesa, “la assoluta mancanza del consenso informato (nel senso che non c’è nemmeno un minimo documento informativo dei rischi, alternative, complicanze dell’intervento) ha causato prima il danno alla salute del paziente e poi il decesso. Semplicemente: se il paziente fosse stato informato di cosa stava andando incontro, non si sarebbe mai sottoposto all’intervento chirurgico e conseguentemente non avrebbe subito, prima, le complicazioni, l’aggravamento della patologia tumorale e le infezioni e, dopo, il decesso o l’anticipazione del decesso”. 

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