“Mal d’aria di città”, il rapporto di Legambiente che monitora le maggiori città sull’inquinamento nei centri urbani
Il nuovo report di Legambiente “Mal’aria di città” è stato realizzato nell’ambito della campagna Clean Cities, in cui si fa il bilancio sulla qualità dell’aria in città confrontando il valore medio annuale di PM10, PM2.5 e NO2 con i parametri suggeriti dall’OMS (ossia una media annuale inferiore a 15 microgrammi per metro cubo (μg/mc) per il PM10, 5 (μg/mc) per il PM2.5 e 10 μg/mc per l’N02).
Legambiente ha messo a confronto i dati dello smog di 102 città italiane con quelli suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Le città più inquinate si trovano al nord, specificatamente nel triangolo industriale, tuttavia sono pochi i centri che rientrano nei parametri disposti dall’Oms.
Latina non fa eccezione.
Nel report sono stati analizzati e interpretati i dati del 2021 appena concluso di 238 centraline per il monitoraggio dell’aria di 102 città capoluogo di provincia. Le centraline in questione, definite di fondo o di traffico urbano, servono per rilevare le concentrazioni dei principali inquinanti monitorati dalle autorità competenti; tra i dati a disposizione, in attesa della validazione ufficiale da parte delle autorità competenti, si è scelto di utilizzare quelli relativi ai tre principali inquinanti delle aree urbane che sono le polveri sottili (PM10 e PM2.5) e gli ossidi di azoto – in particolar modo il biossido di azoto (NO2) ritenuti dalla comunità scientifica internazionale come i marker principali che determinano la qualità dell’aria che respiriamo ma soprattutto gli inquinanti che determinano prevalentemente l’insorgenza di effetti sanitari cronici sul sistema respiratorio e cardiovascolare e che determinano mediamente oltre 50mila morti premature all’anno solo in Italia.
Su 238, 230 centraline hanno rilevato il PM10: di queste, ben 56 distribuite in 31 città (il 24%) hanno superato per più di 35 giorni la media giornaliera di 50 microgrammi per metro cubo (µg/mc), cioè il limite previsto dalla normativa. Nessuna centralina ha superato il limite della media annuale (stabilito in 40 µg/mc) mentre solo 9 hanno rispettato il nuovo valore suggerito dall’OMS per questo parametro (15 µg/mc).
Se il valore suggerito è di 15 microgrammi per metro cubo (μg/mc) per il PM10, Alessandria ha una media annuale di 33 µg/mc, seguita da Milano (32), Brescia, Lodi, Mantova, Modena e Torino (31). Undici le città che superano di oltre 4 volte i valori OMS per il PM2.5: Cremona e Venezia hanno una media annuale di 24 microgrammi per metro cubo rispetto ai 5 suggeriti. Tredici le città più inquinate da biossido di azoto (NO2) ovvero che superano il limite di 10 µg/mc per più di tre volte. Il capoluogo lombardo nel 2021 ha registrato una media annuale di 39 µg/mc, mentre la città di Torino è a 37. Pochissime, in generale, le città che rispettano i valori suggeriti dall’Oms per il PM10 (Caltanissetta, La Spezia, L’Aquila, Nuoro e Verbania) e il biossido di azoto (Agrigento, Enna, Grosseto, Ragusa e Trapani), nessuna per il PM2.5.
Il capoluogo di provincia non arriva a queste vette di inquinamento ma sfora i parametri: per il PM10 si registra un valore 22 µg/mc; per il PM2.5 il valore è di 12 microgrammi per metro cubo; infine, per il biossido d’azoto si arriva a 22 µg/mc. Non siamo tra i peggiori ma la situazione allarma.
Sette le proposte di Legambiente nel rapporto così da migliorare la situazione nelle città: ridisegnare lo spazio pubblico urbano a misura d’uomo; aumentare la dotazione del trasporto pubblico elettrico; Sharing mobility; stop alla commercializzazione dei veicoli a combustione interna al 2030; sul fronte del riscaldamento domestico, un grande piano di qualificazione energetica dell’edilizia pubblica; rendere sostenibile l’ultimo miglio della distribuzione
delle merci; nel settore agricolo è necessario garantire l’effettivo monitoraggio delle pratiche agricole.