Mafia apriliana: per la Mamo Advertising rimane vigente l’interdittiva antimafia. A deciderlo il Tar di Latina che ha respinto il ricorso
La società che si occupa di cartellonistica pubblicitaria, riconducibile all’imprenditore apriliano Massimiliano Ambrosini, si è vista respingere il ricorso dal Tar di Latina contro l’interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura pontina. La società rimane interdetta.
Nell’indagine “Assedio”, a figurare tra gli indagati c’è il fratello dell’imprenditore, Gianluca Ambrosini, mentre dovrà affrontare il processo che inizierà a giugno, insieme a tutti i principali coinvolti, anche lo zio dei due Ambrosini, Antonino Ziino, considerato dalla Direzione Distrettuale Antimafia come partecipe del sodalizio mafioso capeggiato da Patrizio Forniti.
Nel 2020, Massimiliano Ambrosini, imprenditore della nota società apriliana Mamo Advertising, fu arrestato dai Carabinieri perché nel suo garage in Via Caligola, ad Aprilia, furono trovati 20 chili di cocaina. Circa un anno dopo, il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Giuseppe Cario, assolse Ambrosini il quale diceva che lui, di quella roba, non sapeva l’esistenza. L’assoluzione arrivò perché le chiavi del magazzino erano della disponibilità anche di altre persone e non poteva essere dimostrato che Ambrosini sapesse tutto ciò che veniva stoccato all’interno del deposito.
L’inchiesta della DDA e dei Carabinieri su Aprilia mette in evidenza che Ambrosini non è proprio estraneo al clan Forniti. Non solo perché Ambrosini (non indagato) è nipote di uno dei componenti del sodalizio, Antonino Ziino, che sponsorizza la ditta MA.Mo Advertising così da farle ottenere gli appalti al Comune per affissioni pubblicitarie tramite video wall e distribuzione di acqua potabile con dispencer in edifici pubblici. E non solo perché, In uno degli episodi descritti dall’indagine, Forniti e i due generi Aitoro e Salami avrebbero trasportato i 20 chili di cocaina nel magazzino, ossia proprio quelli ritrovati dai Carabinieri nel 2020. Ambrosini sarebbe stato, al contrario, perfettamente consapevole di dover custodire i carichi di droga della cosca Forniti e si sarebbe accordato con Maurizio Dei Giudici del compenso che gli sarebbe spettato.
Emerge, inoltre, da alcune conversazioni intercettate, che nel corso della detenzione di Forniti la moglie Monica Montenero si occupava anche della vigilanza sulla movimentazione dei flussi di denaro provenienti dal Lussemburgo e diretti alla famiglia del Forniti.
In una conversazione, fra la Montenero, la figlia Yesenia e il compagno di quest’ultima Salami, le due donne spiegano i meccanismi utilizzati per far uscire dal Lussemburgo il denaro del Forniti mediante l’aiuto di tale Calogero, presumibilmente Calogero Schifano, attraverso fittizie ordinazioni di materiale pubblicitario alla società Mamo Advertising, per l’appunto la società di Massimiliano Ambrosini.
Dietro regolare fatturazione, l’imprenditore pagava l’IVA sull’importo di denaro proveniente dall’ estero e poi avrebbe provveduto a farli avere alla famiglia Forniti. La figlia di Forniti, Yesenia (arrestata anche lei) si lamenta dell’IVA che la società si prende dai soldi del padre e avvisa la madre di accertarsi bene di quello che sta facendo. A quel punto la “mammasantissima” Monica Montenero, figlia del noto criminale con legami camorristici, Nino Montenero, redarguisce la figlia replicando che Calogero si sta adoprando per far uscire il denaro come faceva il padre.
La figlia avvisa la madre di segnarsi tutto, altrimento quando esce il padre ci saranno disguidi ed in particolare con una persona denominata “lo zingaro”. La Montenero gli risponde che a lei non importa nulla, invece dirà di non aver percepito alcun soldo e pertanto dovranno darli di nuovo.
È la figlia Yesenia, intercettata, a raccontare che la madre ha movimentato centomila euro da quando il padre è in carcere e la Montenero si giustifica delle tante spese da affrontare come il pagamento di quattro mutui tra cui quello della casa di Campoleone di Aprilia e in Lussemburgo.