MAFIA APRILIA, CONCESSI ALL’EX SINDACO I DOMICILIARI “LAVORATIVI”

Lanfranco Principi
Lanfranco Principi

Mafia Apriliana: l’ex sindaco Lanfranco Principi, tuttora ai domiciliari, ottiene dal Tribunale la possibilità di lavorare

Potrà avere contatti con i cliente, ma solo in via virtuale. L’ex sindaco di Aprilia, ai domiciliari dallo scorso 3 luglio a seguito della maxi operazione antimafia denominata “Assedio”, ha ottenuto, su istanza dei suoi avvocati Andrea Barbesin e Emilio Siviero, il permesso di lavorare in smart working come consulente del lavoro (sua principale attività), così da avere anche contatti con i clienti. La misura degli arresti domiciliari alla quale è ristretto non permette, infatti, di poter avere contatti con nessuno all’esterno.

A fine luglio scorso, il collegio del Tribunale del Riesame di Roma aveva sciolto la riserva sull’ex sindaco di Aprilia, Lanfranco Principi, decidendo di farlo rimanere ai domiciliari. La difesa chiedeva la sostituzione o la revoca degli arresti domiciliari in ragione del fatto che Principi si è dimesso dalla carica.

Si trattava della seconda decisione avversa per Principi dopo l’arresto eseguito lo scorso 3 luglio. Nei giorni precedenti, infatti, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, Francesco Patrone, aveva sciolto a sua volta la riserva sull’ex sindaco di Aprilia Lanfranco Principi, lasciandolo ai domiciliari.

La difesa, anche in quel caso, aveva chiesto una misura meno afflittiva rispetto agli arresti domiciliari ai quali Principi è sottoposto dalla mattina del 3 luglio quando è scattata, ad Aprilia, l’operazione dell’Antimafia denominata “Assedio”. Come privato cittadino, e con la sua amministrazione sostituita dal commissario prefettizio Paolo D’Attilio, non potrebbe più influenzare lo stato delle cose in Comune. Almeno questa era la tesi della difesa sostenuta sia davanti al Gip che dinanzi al Tribunale del Riesame di Roma. Una versione che, però, non aveva convinto i magistrati.

Sono passati oltre quattro dagli arresti derivanti dall’inchiesta denominata “Assedio” concepita dalla Direzione Distrettuale Antimafia che ha coordinato le indagini di Dia e Carabinieri di Aprilia. Un vero e proprio terremoto che ha fatto emergere una vera e proprio cosca, quella del latitante Patrizio Forniti, in rapporti con la ‘ndrangheta, la camorra, forze dell’ordine infedeli e soprattutto il mondo della politica, in primis l’allora vice sindaco di Aprilia, Lanfranco Principi, successivamente eletto nel 2023 primo cittadino del secondo centro del Lazio, nonché quarto del Lazio.

L’ex sindaco, nell’ambito dell’interrogatorio di garanzia davanti al Gip Patrone, si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Figura fondamentale per il clan Forniti, secondo la DDA, Lanfranco Principi, 60 anni, sarebbe stato la loro cinghia di trasmissione tra l’amministrazione apriliana e il sodalizio mafioso. Quando era Vicesindaco di Aprilia, con deleghe al Bilancio, Finanza e Tributi, Rapporti con le aziende e gli enti derivati, Affari Generali ed Amministrativi, Personale, Servizi demografici, cercò in tutte le maniere a ostacolare la costituzione di parte civile del Comune di Aprilia presentata dalle associazioni “Reti di Giustizia” e “La frusta politica” nel procedimento che vedeva imputati davanti al Tribunale di Velletri per i reati di estorsione mafiosa i fratelli Sergio e Giampiero Gangemi, nonché Patrizio Forniti.

Principi non utilizzò il fioretto con gli altri componenti della Giunta: “Noi non ci costituiamo per un cazzo, questa è una vicenda privata che a noi non ci riguarda…ho detto che questo è il Capo dei Capi“. Non pago, Principi sarebbe intervenuto anche con Omar Ruberti, consigliere comunale di Aprilia e presidente della Commissione Bilancio, Tributi e Affari Generali, che doveva pronunciarsi sull’istanza, con le seguenti frasi “L’ultimo che ti ho detto è il “Capo dei Capi”, ma è cattivo, cattivo per dire cattivo” e facendo riferimento a possibili vendette o rappresaglie da parte del clan Forniti.

Non solo, Principi è accusato di un patto di scambio politico mafioso agevolando gli affari del gruppo tramite diverse azioni: l’affidamento diretto il 13 novembre 2018 alla ditta SI.CO di Ivan Casentini, partecipe al sodalizio, del “servizio di pulizia caditoie stradali del comune di Aprilia” per l’importo di 48.678 euro; il tempestivo pagamento da parte del Comune di Aprilia delle fatture emesse dalla predetta società e dalla V&GA di Marco Antolini , partecipe al sodalizio, riguardo ai “lavori di manutenzione per interventi edili da eseguirsi su immobili comunali” per un importo a base d’asta pari a 187.138,93 euro.

E ancora, lo stesso Principi è accusato di aver assicurato il sostegno per ogni bisogno e pretesa da parte dei membri della consorteria come: l’assunzione del figlio di Marco Antolini, l’autorizzazione alla installazione di video wall; la sanatoria edilizia della casa abusiva di Luigi Morra, partecipe al sodalizio; la destinazione di un immobile di Campoverde di Aprilia denominato ex farmaceutica acquisito dagli Antolini e da Antonio Fusco, di Latina, detto Zi Marcello, processato e assolto in secondo grado nel processo “Alba Pontina”, per favoreggiamento a uno dei clan zingari di Latina, capeggiato da Armando Di Silvio detto “Lallà”. Infine, Principi deve rispondere dell’accusa di aver favorito la partecipazione ai lavori per la costruzione dei parcheggi pubblici di Aprilia ed altri lavori edili appaltati dal comune di Aprilia alle ditte facenti capo a Marco Antolini e Ivan Casentini. L’allora Sindaco è accusato di aver ricevuto 200 voti, su 453 ottenuti alle elezioni amministrative 2018, grazie all’interessamento di Casentini e Marco Antolini che avrebbero dovuto sdebitarsi per la promessa di affidamento lavori a ditte a loro riconducibili.

L’ex sindaco deve difendersi dalle accuse di concorso esterno in associazione mafiosa, traffico d’influenze, turbativa d’asta e voto di scambio politico-mafioso.

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