Nella prima parte del nostro intervento abbiamo offerto un quadro delle scelte economiche operate finora nell’ambito della Unione Europea, da cui si evince quanto segue:
- sin dall’inizio si sono imposti i cosiddetti liberisti (accaniti difensori della linea dell’austerità), secondo cui il mercato tenderebbe spontaneamente a produrre l’equilibrio tra domanda e offerta e a raggiungere la piena occupazione;
- non c’è stato alcuno spazio per l’opposta teoria, secondo cui vi è la necessità dell’intervento pubblico statale nell’economia con misure di politica di bilancio e monetaria qualora una insufficiente domanda aggregata non riesca a garantire la piena occupazione nel sistema capitalista, in particolare nelle fasi di crisi del ciclo economico.
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Riteniamo che quanto esposto nella prima parte consenta di comprendere meglio cosa stia succedendo ora in ambito UE in occasione della crisi economica generata dalla diffusione del virus Covid-19.
L’UNIONE EUROPEA TRA MES ED EUROBOND
Lo scorso 9 aprile si sono incontrati i ventisette ministri finanziari della Unione Europea per elaborare una serie di strumenti per contrastare la crisi, da sottoporre al prossimo Consiglio europeo (23 aprile), composto dai Capi di Stato o di Governo dei ventisette Paesi della Unione Europea.
Il primo strumento individuato riguarda la costituzione di un fondo gestito dalla UE per finanziare sussidi anti-disoccupazione.
Il secondo strumento riguarda un piano di liquidità della Banca Europea degli Investimenti.
Sugli altri due strumenti indicati nel pacchetto di proposte è in atto un forte scontro, che vede da una parte principalmente la Germania e l’Olanda e dall’altro in particolare l’Italia, la Francia e la Spagna.
È un momento epocale per l’Unione Europea, in cui tutti i nodi derivanti dalle scelte sfrenatamente liberiste e di austerità stanno venendo al pettine.
Invero i capi di Stato e di Governo sono chiamati ad assumere decisioni che sono figlie di una diversa visione della Unione Europea.
Se finora la linea liberista e dell’austerità ha sempre prevalso, adesso, in presenza di una emergenza come quella determinata dal Covid-19, alcuni Paesi europei, tra cui l’Italia, sembra che finalmente stiano pensando di percorrere una strada diversa e di andare quindi allo scontro con chi vuole continuare con la vecchia strada.
Tutto ciò si traduce nella scelta tra il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) e gli Eurobond.
IL MECCANISMO EUROPEO DI STABILITÀ
Il Meccanismo europeo di stabilità (MES) è un’organizzazione internazionale nata come fondo finanziario europeo per la stabilità finanziaria della zona euro.
Istituita nel Consiglio Europeo del 24-25 marzo 2011 e attiva da luglio 2012, funge da fonte permanente di assistenza finanziaria per gli Stati membri in difficoltà finanziaria.
Per tale motivo il MES viene definito pure Fondo Salva Stati, anche se più di qualcuno ritiene che sia più corretto chiamarlo Fondo Strangola Stati.
Infatti l’assistenza conferita è sottoposta ad una rigida condizionalità, in quanto gli Stati devono obbligatoriamente adottare misure necessarie per la stabilità economica. Tale locuzione significa in realtà l’adozione di stringenti misure in termini di austerità.
Come abbiamo visto nel caso della Grecia, si tratta di provvedimenti estremamente duri al punto da aver ridotto in povertà larghi strati della popolazione.
La Germania, l’Olanda e in genere i Paesi del Nord Europa vorrebbero attivare tale meccanismo anche per la crisi da Covid-19
Ecco il pacchetto (forse sarebbe meglio dire il pacco) proposto.
Il MES mette a disposizione una linea di credito da 240 miliardi per i Paesi dell’Eurozona, fornendo risorse fino al 2% del Prodotto Interno Lordo per ogni singolo Stato membro (per l’Italia 36 miliardi)
Non sono soggette a condizionalità solo spese legate al finanziamento dell’assistenza sanitaria diretta e indiretta. Per ogni altro tipo di intervento di spesa si ricadrebbe sotto il giogo del MES, che imporrebbe agli Stati utilizzatori stingenti misure in termini di austerità.
Senza entrare nel dettaglio delle polemiche politiche in corso fra i vari partiti in ordine alla utilizzazione o meno di tale strumento, in maniera sintetica si può dire che esistono fondamentalmente due linee di pensiero.
Vi è un orientamento secondo cui si tratterebbe di una opportunità da non perdere, per cui si potrebbe utilizzare tutta la somma di 36 miliardi per la sanità e così si eviterebbero le condizionalità che altrimenti verrebbero imposte.
C’è chi invece considera lo strumento proposto inadeguato.
Invero, se di primo acchito verrebbe da dire che sarebbe meglio accettare, in realtà approfondendo un po’ il ragionamento vengono tanti dubbi.
Innanzitutto va chiarito che l’importo di 36 miliardi non è un regalo ma un prestito, per cui deve essere restituito e concorre ad aumentare il nostro debito pubblico (già molto elevato rispetto a quasi tutti gli altri Paese della UE). Sebbene l’importo di 36 miliardi utilizzato per la Sanità non è soggetto a condizionalità, rimangono ferme comunque nella UE tutte le ferree regole riguardanti l’ammontare del debito pubblico, sia in termini assoluti sia in riferimento al rapporto tra quest’ultimo e il Prodotto Interno.
In secondo luogo, proprio per tale ragione e per le inevitabili conseguenze sul nostro debito pubblico, sarebbe opportuno applicare la buona regola secondo cui i soldi si chiedono in prestito se si ha in mente un piano intelligente e adeguato su come utilizzarli. Chiederli tanto perché te li offrono non ha molto senso. A questo punto sarebbe interessante sapere se la nostra sanità pubblica, anche in una fase emergenziale come quella da Covid-19, ha veramente bisogno di sostenere ulteriori spese fino a 36 miliardi, cifra che, ribadiamo, in Italia ha un valore superiore ad una finanziaria (vale a dire la legge di bilancio annuale dello Stato).
In terzo luogo, una volta indebitatici per 36 miliardi da spendere tutti in sanità, cosa si fa per l’economia? Come si affronta la gravissima crisi economica generata dalla diffusione del Covid-19? Quali strumenti potremmo utilizzare? A quali risorse potremmo attingere?
In conclusione, il cosiddetto MES senza condizionalità indicato nel pacchetto di proposte da discutere il 23 aprile prossimo nell’ambito del Consiglio Europeo rappresenta in realtà una non soluzione dal punto di vista della crisi economica.
Invero, tutti i problemi legati alle difficoltà economiche delle famiglie, delle aziende e dei lavoratori rimarrebbero irrisolti.
In un momento in cui l’economia è quasi completamente ferma e la ripresa si profila difficile e laboriosa, in una situazione in cui si parla apertamente di economia di guerra, in un contesto in cui vi è una drammatica crisi di liquidità, ci si aspetterebbe che l’Unione Europea si occupasse di questi problemi adottando strumenti nuovi e adeguati, come ad esempio gli eurobond.
GLI EUROBOND
In realtà è da molti anni, ben prima del Covid-19, che si parla di eurobond.
I propugnatori di tale strumento hanno evidenziato che nei sistemi a moneta unica, come ad esempio gli Stati Uniti d’America e la Gran Bretagna, i titoli del debito pubblico sono emessi in maniera unitaria per tutta la zona soggetta all’unica moneta.
Nell’eurozona, invece, non ci sono titoli del debito pubblico emessi unitariamente per tutta l’area (sarebbero appunto i cosiddetti eurobond), ma titoli pubblici emessi da ogni singolo Stato con valutazioni di mercato e tassi di interesse diversi (da qui il famoso, o meglio famigerato, spread)
Ovviamente di fronte ad una pandemia e ad una crisi economica mondiale, l’idea di attivare, almeno per questa circostanza, lo strumento dell’emissione di titoli pubblici europei (e quindi senza alcuna distinzione da Paese a Paese) è tornata in auge, tanto che viene condivisa da Nazioni importanti come Italia, Francia e Spagna.
In tal modo si attiverebbe, al fine di fronteggiare l’attuale crisi economica, un meccanismo solidale di distribuzione del debito a livello europeo, in quanto i titoli emessi avrebbero solo la bandiera dell’Europa e la solvibilità sarebbe garantita congiuntamente da tutti i Paesi dell’eurozona.
In un contesto in cui, per effetto della pandemia, la crisi economica riguarda indistintamente tutti i Paesi dell’eurozona, non può essere che questa la soluzione.
Si scongiurerebbe con certezza l’eventualità di adottare misure di austerità che alla fine deprimerebbero ancor di più le economie dei vari Stati e, al tempo stesso, vedremmo forse l’inizio di una Europa solidale.