Vertenza Nalco: oggi l’ultimo giorno di produzione nello storico stabilimento di Cisterna, da lunedì cassa integrazione per 70 lavoratori
I dipendenti lo sanno. Da tempo conoscono il termine ultimo dopo il quale ci sarà solo messa in sicurezza/bonifica dello stabilimento che produce additivi chimici per caldaie industriale e una cassa integrazione “a giro” per 70 lavoratori. Una storia che dura da oltre 70 anni a Cisterna e che si chiuderà per il proposito della controllante americana Ecolab di chiudere l’azienda nell’Agro Pontino e continuare la produzione solo in Germania e Spagna. Motivi? I soliti. La pandemia che corre e i costi di produzione che, secondo l’amministratore delegato Adriano Costantini e direttore dello stabilimento Gabriele Piva, sono troppo elevati in Italia.
Dipendenti e sindacati da settimane stanno cercando di far sentire la loro voce. L’ultima protesta è andata in scena sotto la sede di Unindustria a Latina nell’incontro tra vertici e parti sociali che ha avuto luogo lo scorso 1 aprile (vedi di seguito due video ripresi da Cgil). Unindustria che, nella persona del Presidente dell’Area Comprensoriale di Cassino Francesco Borgomeo, ha promesso che si farà mediatore tra l’attuale proprietà e un nuovo acquirente il quale, al momento, rimane ignoto e solo ipotetico. L’orizzonte è una riconversione del sito ma, al momento, si vive in uno stato embrionale della possibile evoluzione. Nulla di concreto, forse un miraggio.
L’obiettivo sperato dei lavoratori e dei due sindacati Cgil e Uil è che un nuovo gruppo acquisti, proprio come successe anni fa con l’americana EcoLab che accorpò, nel 2007, lo stabilimento Nalco Italiana Manufacturing Srl che si trova in via Ninfina dal 1982 (un tempo l’azienda era ubicata alle porte di Cisterna dove si svolge il mercato settimanale).
Da lunedì 19 aprile, i dipendenti si occuperanno solo della messa in sicurezza, ossia del calo del sipario su una storia decennale che ha dato da mangiare a operai e famiglie: svuotamento di tutti i serbatoi e addio Nalco.
Il lavaggio di tutte le macchine dello stabilimento dovrebbe realizzarsi nel giro di due mesi e, a portarlo a termine, saranno i 70 lavoratori, tutti con contratto a tempo indeterminato, e unici conoscitori del cuore dell’azienda che con le loro mani sigilleranno la fine della fabbrica: 35 persone per settimana (80 ore) e successivamente cassa integrazione a zero ore per lavoratori che di media hanno circa 45 anni, ancora abili ma lontani dalla pensione e con il timore di rimanere fuori dal mercato. Per ora, quindi, lo scenario futuribile è solo la Naspi. Desolante.
La diminuzione dei volumi produttivi, ossia la causa avanzata dal management per giustificare la chiusura dello stabilimento, c’è stato ma come spiega Carmine Pagano rappresentante RSU Filctem Cgil: “il calo lo abbiamo visto ma secondo noi è stato tutto un gioco per delocalizzare il lavoro fuori dall’Italia. Ci hanno sempre detto che il costo del lavoro in Italia era superiore ad altri Paesi dove ci sono altri stabilimenti del gruppo. E già il lavoro lo stanno girando da tempo in Germania e Spagna“.
Fino a due anni fa, la fabbrica produceva 42mila tonnellate a regime di additivi chimici per il trattamento acqua, carta, petrolio.
“Una volta – spiega ancora Pagano – noi facevamo prodotti anche per la cosmesi, poi piano piano hanno spostato fino a che, a noi, è rimasto molto nell’ambito della cartiera. Ciò che non riusciamo a spiegarci è come sia gestibile lavorare un prodotto negli stabilimenti tedeschi e spagnoli per poi inviarlo in Italia. Secondo il managment costa di meno fare così“.
La richieste dei prodotti Nalco vengono da Africa e Balcani, prima ancora da Medio Oriente e Asia. Secondo il rappresentante Rsu, sindacati e dipendenti hanno provato a ridurre i costi. Qualche mese fa, c’è stata una riduzione dei turni per allineare i costi del lavoro agli altri stabilimenti europei: “Con i numeri che ci prospettavano nelle riunioni – sostiene Pagano – noi avevamo raggiunto l’obiettivo, calibrandoci sui numeri spagnoli e tedeschi“.
Paradossalmente, l’anno scorso, il Covid e la pandemia non hanno intaccato le commesse e lo stabilimento ha lavorato ma “quest’anno – dice Pagano – è arrivato un fulmine a ciel sereno e improvvisamente lo stabilimento di Cisterna non era più sostenibile. Lo abbiamo chiesto al managemente e loro ci hanno risposto che l’anno scorso il lavoro non è diminuito perché i clienti stavano facendo la scorta“.
Oggi, venerdì 16 aprile, che è l’ultimo giorno di produzione e il morale, come ovvio che sia, è sotto i tacchi: “Vediamo il buio tunnel che si avvicina e non riusciamo a vedere la luce oltre il tunnel“.
Sabato 10 aprile, i lavoratori hanno affisso su Corso della Repubblica a Cisterna una centinaio di manifesti sui pali della via principale della città per rendere edotta la cittadinanza della fine della storia dello stabilimento, una realtà conosciuta da tutti. Risultato: il Commissario prefettizio, che amministra dopo la fine rovinosa della Giunta Carturan, li ha fatti rimuovere per il decoro urbano.