Tutto ha inizio a Gaeta il 23 ottobre del 2015. Un dipendente della Piscicoltura del Golfo di Gaeta, cooperativa agricola che, grazie ai suoi allevamenti, è alla base della filiera di vendita del pesce nella zona, viene licenziato perché secondo i datori di lavoro avrebbe causato un grave danno all’azienda dando ai pesci un quantitativo di mangime superiore a quello necessario e non accettando il conseguente richiamo.
IL CASO
L’operaio-mangimista della società di Gaeta avrebbe somministrato ai pesci dell’allevamento una razione di 175 kg alle 11 del mattino, quando secondo la società ne occorrerebbero complessivamente 225 nell’arco di ogni giorno.
A causa del richiamo da parte dei datori di lavoro, sarebbe scaturita un’aspra discussione a seguito della quale il dipendente, secondo una testimonianza ritenuta non attendibile al 100% dal Tribunale, avrebbe dichiarato che, visto il bassissimo stipendio, la sua resa a lavoro era anche troppo elevata.
Dopo i fatti l’azienda ha licenziato il dipendente, ed è iniziata una lunga querelle legale.
LA SENTENZA
I giudici hanno riscontrato un lieve danno causato dall’operaio all’azienda, tale da non giustificare il licenziamento, che quindi è stato ritenuto ingiusto.
Secondo la sentenza della Corte d’Appello di Roma del 30 maggio 2019 la reazione dell’operaio, per quanto stizzita, è rimasta soltanto sotto il profilo verbale e quindi anche in questo caso il licenziamento è ingiustificato.
In primo grado, la Piscicoltura Gaeta era stata condannata dal Tribunale di Cassino a risarcire al lavoratore dodici mensilità, il versamento dei conseguenti contributi previdenziali ed assistenziali, oltre che il reintegro.
Successivamente la Piscicoltura Gaeta, come detto, ha fatto ricorso in appello, ma i giudici hanno ricusato la richiesta dell’azienda, condannandola al pagamento delle spese legali.
La causa continuerà in cassazione.
AGGIORNAMENTO
Il legale della Piscicoltura del Golfo di Gaeta ha chiesto di pubblicare una rettifica a nome dell’azienda che vi riportiamo integralmente:
Egregi Signori,
con riferimento all’articolo in oggetto, facendo anche seguito alla diffida inviata in data 1° agosto 2019, in nome e per conto della Piscicoltura del Golfo di Gaeta, chiedo comunque le seguenti precisazioni: – con riferimento al passaggio secondo cui: “
L’operaio-mangimista della società di Gaeta avrebbe somministrato ai pesci dell’allevamento una razione di 175 kg alle 11 del mattino, quando secondo la società ne occorrerebbero complessivamente 225 nell’arco di ogni giorno”, deve essere precisato che non si tratta di una prospettazione di parte ma della verità giudiziaria accertata che, tuttavia, in quanto fatto, non è stato ritenuto dal Giudice tanto grave da giustificare il licenziamento;
– con riferimento al passaggio in cui si dichiara che il Tribunale la ritenuto la deposizione del teste della mia assistita “non attendibile al 100%”, deve essere precisato che, nel giudizio dinanzi alla Corte di Appello (sent. n. 2344/2019), i Giudici hanno invece ritenuto che non fossero emersi “motivi per dubitare dell’intrinseca attendibilità del teste”;
– anche a completamento della descrizione della vicenda giudiziaria, è necessario specificare che la controversia non è conclusa in quanto è allo stato pendente ricorso per cassazione iscritto con il n. 22323/2019 r.g.
Deve essere inoltre rettificata la seguente proposizione: “Successivamente la Piscicoltura Gaeta, come detto, ha fatto ricorso in appello, ma i giudici hanno ricusato la richiesta dell’azienda, condannandola al pagamento delle spese legali”, sostituendola con la seguente: “Successivamente la Piscicoltura Gaeta, come detto, ha fatto ricorso in appello, ma i giudici – pur con le precisazioni di cui sopra – hanno ricusato la richiesta dell’azienda, condannandola al pagamento delle spese legali” Ringrazio per l’attenzione e resto in attesa di riscontro. Con ogni riserva.
Cordiali saluti Avv. Marco De Rossi
LA RISPOSTA DI LATINA TU
Per quanto riguarda il periodo in cui si tratta la questione del mangime, ricordiamo al gentile avvocato che proprio nell’articolo viene ricordato come:” I giudici hanno riscontrato un lieve danno causato dall’operaio all’azienda, tale da non giustificare il licenziamento, che quindi è stato ritenuto ingiusto”. Questo è periodo è ovviamente riferito al quantitativo esagerato di mangime somministrato dall’operaio, visto che successivamente l’articolo continua: “Secondo la sentenza della Corte d’Appello di Roma del 30 maggio 2019 la reazione dell’operaio, per quanto stizzita, è rimasta soltanto sotto il profilo verbale e quindi anche in questo caso il licenziamento è ingiustificato”.
Per quanto concerne la testimonianza, ricordiamo alla Piscicoltura che anche se i giudici non hanno rilevato motivi per dubitare dell’attendibilità della testimonianza, la corte ha ritenuto che quanto riportato dal testimone non sia idonea prova del fatto addebitato all’operaio, quindi, a causa della genericità della descrizione, non attendibile come prova.
Prendiamo atto delle rimostranze riportate dal gentile avvocato, ma non modificheremo quanto da lui richiesto se non con l’aggiunta di una postilla riguardante la cassazione.