Ascoltato l’ex capo della Squadra Mobile nel processo per le minacce di Costantino “Cha Cha” Di Silvio recapitate tramite lettere e messaggi
Davanti al III collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Beatrice Bernabei, a latere i giudici Mario La Rosa e Paolo Romano, è iniziato il processo che vede alla sbarra il capo clan del sodalizio Travali-Di Silvio, Costantino Di Silvio per tutti, a Latina, “Cha Cha”. Il pontino, classe 1967, uscito dal carcere, a metà febbraio, dopo quasi dieci anni di reclusione per via della condanna definitiva nel processo “Don’t Touch, ha rimediato nel maxi processo “Reset” una condanna alla pena di 8 anni e 4 mesi di reclusione per una estorsione con metodo mafioso commessa ai danni dell’avvocato di Latina, Gianluca La Starza.
“Cha Cha”, difeso dagli avvocati Angelo Palmieri e Gaetano Marino, è accusato nel processo odierno di aver recapitato, tramite una lettera e alcuni messaggi Whatsapp, minacce nei confronti di un commerciante di Latina che aveva testimoniato, come parte offesa, nel processo “Don’t Touch” e dell’ex moglie di Gianluca Tuma, suo antico sodale di malavita.
Oggi, 27 marzo, interrogato dal pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, Margherita Pinto, ha reso il suo esame l’ex capo della Squadra Mobile di Latina, Giuseppe Pontecorvo, che ha relazionato sulle minacce di Di Silvio. Il dirigente della Polizia di Stato ha spiegato le modalità con cui “Cha Cha” minacciò il commerciante di Latina, reo di aver reso testimonianza nel processo che contestava l’associazione per delinquere semplice al suo gruppo criminale. Fu una lettera scritta dal carcere di Cosenza che, una volta arrivata e intercettata dagli inquirenti, fu analizzata tramite la Polizia Scientifica che eseguì accertamenti di natura biologica. Inoltre, per verificare la paternità, un consulente della Procura eseguì una perizia grafica. Secondo l’accusa, non ci sono dubbi: quella lettera fu vergata dalla mano di Di Silvio.
Diverse, invece, le modalità con cui sarebbe stata minacciata Claudia Costanzo, la ex moglie di Gianluca Tuma. Le minacce, in questo caso, sarebbero arrivate a terza persona la quale, successivamente, avrebbe mostrato il contenuto agli inquirenti. Una fonte talmente confidenziale che l’ex capo della Mobile ha voluto che rimanesse tale anche durante l’escussione. Nonostante le domande della difesa che ha insistito per sapere qualche particolare in più, il poliziotto ha ribadito di non avere nessuna intenzione di rivelare altro. Un segnale che attorno alla vicenda ci sono punti che devono rimanere secretati e che, comunque, il clan Travali-Di Silvio, pur non essendo stato riconosciuto mafioso dall’ormai nota sentenza di gennaio scorso per il processo Reset, ancora incute timore. “Quello che posso dire – ha spiegato Pontecorvo – è che nei miei tre anni e mezzo di permanenza a Latina, pochissime persone si sono avvicinate per denunciare qualcosa del clan Travali-Di Silvio“. Un sentimento di soggezione della città nei confronti di questo gruppo, ecco ciò che ha voluto intendere il dirigente di Polizia.
Il processo, rinviato al prossimo 14 novembre quando dovrebbe essere ascoltata come persona offesa anche l’ex moglie di Tuma, si concentra su lettere e messaggi di minaccia che “Cha Cha” voleva recapitare ai due cittadini di Latina. Lettere che il 57enne Costantino Di Silvio avrebbe scritto tra il 2020 e il 2021 per indirizzarle al noto titolare di un esercizio commerciale di Latina che si occupa di vestiti, vittima delle estorsioni del clan Travali/Di Silvio (gli episodi sono rientrati nel processo Don’T Touch). L’altra destinataria dei messaggi minacciosi di Di Silvio è, per l’appunto, Claudia Costanzo, l’ex moglie di Gianluca Tuma, peraltro citata nelle carte dell’inchiesta Don’t Touch come intestataria di società del predetto Tuma. Società e beni che vennero colpite da provvedimento di sequestro e poi di confisca.
In tali lettere, Cha Cha avrebbe accusato il commerciante di averlo fatto condannare a una pena più alta nel predetto processo “Don’t Touch”, a causa delle dichiarazioni rese da testimone. Per tale ragione è scattata l’imputazione di minaccia aggravata dal metodo mafioso. C’è un distinguo: mentre il commerciante di Latina ha querelato Cha Cha per le minacce ricevute, la donna, ex compagna di Tuma, è stata solo ascoltata a sommarie informazioni.
Ad ogni modo, non possono passare inosservate le minacce di Cha Cha nei confronti della ex moglie di Tuma, ossia il massimo sodale del capo clan del gruppo Travali/Di Silvio. Gianluca Tuma e Costantino Cha Cha Di Silvio hanno intrecciato per anni i loro affari criminali.
Tuma ha sempre dato l’impressione di essere al di sopra, quanto a intelligenza criminale, rispetto ai suoi compagni di strada: tra cui, come noto, c’erano per l’appunto Costantino “Cha Cha” Di Silvio (tanto è che il primogenito di Tuma si chiama per secondo nome Costantino), i fratelli Giordano (Giovanni, in vita narcotrafficante di livello, fu un punto di riferimento), Giuseppe “Peppone” Travali e altri ancora. Tuma, insieme a Cha Cha, tra le altre cose, gestiva la società di calcio di Campo Boario, nel quartiere roccaforte dei Di Silvio di Armando detto “Lallà”, e deteneva sia il campo di calcio comunale in Via Coriolano, sia i marchi figurativi e verbali del Latina Calcio ai tempi di Pasquale Maietta Presidente.
Sin dall’età giovanissima, Tuma ha avuto a che fare con il mondo della malavita: spaccio ed estorsioni, anche se risultano a suo carico condanne solo per resistenza a pubblico ufficiale (oltre a quella derivante dal processo Don’t Touch). Di lui si ricorda l’atto grave di un’aggressione (una testata) dentro la Questura di Latina contro l’allora capo della Squadra Mobile Fabio Ciccimarra, proprio per difendere il figlio di Cha Cha, l’attuale collaboratore di giustizia Renato Pugliese arrestato all’epoca dalla Polizia. Prosciolto per intervenuta prescrizione. E fu destinatario anche di un importante provvedimento della DDA di Roma nel 1998 in cui si evidenziava la malavita di Latina: con lui anche Cha Cha, Giordano e altri. Finì tutto in una bolla di sapone.
Un legame che sembrava indissolubile. Poi, le minacce all’ex moglie arrivate quando la donna non stava più insieme a Gianluca Tuma.