LE INVEISCE CONTRO E LE TOCCA LE PARTI INTIME NEL PARCHEGGIO: ASSOLTO DALLA VIOLENZA SESSUALE

Accusato di lesioni, violenza sessuale e violenza privata compiuti in un parcheggio di supermercato a Terracina

La scena della violenza è quella del parcheggio di un supermercato a Terracina dove, nel 2019, è segnalata una discussione tra una donna, che si trova insieme ai suoi figli e al marito, e l’imputato odierno, G.A. (le sue iniziali), classe 1975, che l’avrebbe aggredita e molestata. Secondo la ricostruzione del pubblico ministero Valentina Giammaria, che ha svolto la sua requisitoria dinanzi al primo collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Gian Luca Soana, alla base dell’accusa c’è un video che ritrae un uomo aggredire la donna e allontanarsi. Sul posto, come detto, è presente anche il marito e il figlio, aggredito anche loro tanto da presentare alcune ferite dopo la colluttazione.

L’uomo è un soggetto noto agli agenti del Commissariato di Polizia di Terracina intervenuti dopo l’aggressione, anche perché, all’epoca dei fatti, si accompagnava spesso con un cane di grossa taglia. La donna, vittima di violenza, ha raccontato in una delle udienze del processo che, quel giorno di sei anni fa, aveva notato il cane che si aggirava per strada e, essendo una guardia zoofila, decise di portarlo sul marciapiede. Dopodiché si palesò l’imputato, padrone del cane, che rispose sprezzante dicendole: “Cosa vuoi, troia!”, toccandole la vagina e schiaffeggiandola così da farla cadere a terra. Non pago l’avrebbe anche minacciata “Ti sparo”. Nell’occasione, fu il marito a intervenire che per aiutare la moglie fu colpito a sua volta. Senza contare che anche il cane diede due morsi all’uomo e al figlio della coppia.

Nel corso del processo, è stato ascoltato un testimone oculare che aveva notato l’imputato che inveiva contro la donna e il marito di quest’ultima avvicinarsi ed essere aggredito a sua volta. Secondo il pubblico ministero, ci sono i certificati medici a dimostrare le aggressioni.

Nel caso specifico, a parere dell’accusa, la violenza sessuale si concretizza perché l’uomo, tastando la vagina, l’ha anche offesa con un rimando sessuale. Alla fine della requisitoria, il pubblico ministero ha chiesto 3 anni e 6 mesi di reclusione. La difesa dell’uomo, rappresentata dall’avvocato Ernesto Renzi, ha tentato di scardinare le accuse, spiegando che non c’è stata alcuna molestia sessuale. Secondo il legale, le ricostruzioni della donna e dell’uomo non sono “toccamenti”, ma “percosse” fatte da un soggetto che, avendo la spesa in mano, non ha fatto altro che divincolarsi dalla medesima donna che lo rimproverava di aver lasciato il cane incustodito (animale che, per inciso, a distanza di anni, è morto). Fu solo una lite, secondo la difesa, senza contare che l’imputato, in realtà, stava andando via e fu in seguito e cinto per un braccio dalla donna: “Solo inavvertitamente la toccò nelle parti basse per liberarsi di lei. Non c’era intento sessuale”. Né, per la difesa, l’imputato ha aizzato il cane contro il marito e il figlio della donna, in quanto è l’animale che ha iniziato ad abbaiare, vista la lite tra il padrone e gli altri tre. I certificati medici parlano, invece, di escoriazioni: “Sappiamo, però, che se un cane morde, ti buca”. È per tale ragione che l’avvocato ha chiesto l’assoluzione per tutte le accuse perché il fatto non sussiste; in via subordinata la derubricazione del reato in lesioni colpose.

All’esito della camera di consiglio, il Tribunale ha condannato a 1 anno (pena sospesa) l’imputato, assolvendolo sia per la violenza privata che per quella sessuale.

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