All’interno del carcere di Latina, nella zona di alta sicurezza, sono rinchiuse cinque donne, anzi cinque donne brigatiste.
LE CINQUE BRIGATISTE
Recluse da circa trent’anni le cinque brigatiste si definiscono ancora comuniste e rifiutano qualsiasi contatto e rapporto con quello che definiscono “lo stato borghese”.
Susanna Berardi, Maria Cappello, Barbara Fabrizi, Rossella Lupo e Vincenza Vaccaro, questi sono i loro nomi.
Barbara Fabrizi si trova in carcere dal 1983, mentre le altre quattro dal 1988, sono tutte accusate di omicidi ed altri gravi reati compiuti durante il periodo degli Anni di Piombo.
MARIA CAPPELLO
All’interno delle BR toscane, Maria Cappello era la mente e l’ideologa, e scriveva la maggior parte delle lunghe e farneticanti rivendicazioni.
La Cappello si sposò in galera con un brigatista dell’epoca, Fabio Ravalli.
Insieme entrarono in una formazione denominata Brigata “Luca Mantini” insieme con altri giovani, pratesi e toscani, tra cui un’amica di Elfino Mortati.
Tra le prime azioni ci fu la rapina ad un ufficio postale a Mezzana a seguito della quale, nel novembre del 1984, arrivarono in via Ferrara gli agenti della Digos. Trovarono la solita quantità di volantini e risoluzioni politiche tanto care a tutti terroristi. Arrestarono soltanto Maria Cappello perché Fabio, avendo capito che stava per arrivare un ordine di cattura per banda armata, era già fuggito.
Fu arrestato successivamente, per pochi giorni, e rilasciato per insufficienza di indizi.
La detenzione in attesa di giudizio di Maria Cappello durò invece un anno, fino alla decorrenza dei termini del carcere preventivo. Nel dicembre del 1985, entrò in clandestinità a fianco del marito, nonostante avessero un figlio, che allora aveva 8 anni, lasciato a Prato alle cure dei nonni.
L’OMICIDIO CONTI
Furono ricercati da allora fino alla cattura nel 1988 e per tre anni il loro nome fu associato ai più gravi episodi di terrorismo compiuti dalle Brigate Rosse-Partito comunista combattente, tra cui l’assassinio dell’ex sindaco repubblicano di Firenze Lando Conti (avvenuto il 13 febbraio dell’86) e del senatore Roberto Ruffilli (assassinato il 17 aprile ’88).
Il loro ruolo all’interno delle BR- Pcc fu preminente e gli inquirenti li ritennero i capi della formazione terroristica, anche se sembra con ruoli diversi.
Ravalli, grande e grosso, era il braccio e aveva impugnato le armi anche in una sanguinosa rapina in via Prati a Roma che fruttò al gruppo almeno un miliardo di lire. Maria Cappello invece aveva un ruolo che può definirsi “politico” e ideologico.
LA MUSA DELLE NUOVE BR
Nei primi anni duemila vennero alla ribalta nuovi brigatisti che organizzarono le Nuove Brigate Rosse-Partito Comunista Combattente,
Questo gruppo, fondato da Nadia Desdemona Lioce e Mario Galesi, si macchiò degli omicidi efferati di Massimo D’Antona nel 1999 e Marco Biagi nel 2002. Entrambi gli attentati vanno letti come un tentativo di fermare la ristrutturazione del mercato del lavoro in chiave liberale.
Questo gruppo ebbe come ideologa ed ispiratrice proprio Maria Cappello. Potremmo definirla l’ideologa, la maitre a penser delle nuove Brigate Rosse – Partito Comunista Combattente.
Secondo gli inquirenti, che all’epoca l’hanno tenuta sotto osservazione per capire meglio il rapporto fra i brigatisti detenuti e quelli in attività, è a lei (o meglio ai documenti da lei elaborati) che si ispirano le analisi delle nuove Brigate Rosse sul conflitto sociale, la lotta antimperialista e la ristrutturazione (da impedire) del mercato del lavoro.
BARBARA FABRIZI E L’OMICIDIO STEFANINI
Il 28 gennaio 1983, una cellula romana delle Brigate Rosse, denominata Nuclei per il potere del proletario armato, rapì Germana Stefanini, responsabile del reparto femminile del carcere di Rebibbia.
Durante il rapimento, la Stefanini fu sottoposta ad un processo da parte del “tribunale rivoluzionario” all’interno del suo appartamento nel quartiere romano del Prenestino, al fine di estorcerle informazioni sull’organizzazione carceraria.
Il processo, neanche a dirlo, si concluse con la condanna a morte della Stefanini per “la sua funzione repressiva nei confronti dei compagni comunisti”.
Tra i responsabili di questo omicidio efferato venne individuata Barbara Fabrizi, ora rinchiusa nel carcere di Latina.
L’ASSALTO DI VIA PRATI DI PAPA
IL 14 febbraio 1987, un furgone portavalori con relativa scorta venne preso d’assalto da un commando delle Brigate Rosse.
L’assalto e la conseguente rapina serviva al gruppo per finanziarsi, e infatti il bottino si aggirò intorno al miliardo e centocinquanta milioni del vecchio conio.
Durante l’attentato persero la vita i poliziotti di scorta Rolando Lanari e Giuseppe Scraviglieri (di 26 e 23 anni, rispettivamente).
La sentenza relativa all’assalto individuò come parte del commando Maria Cappello e Vincenza Vaccaro, entrambe condannate all’ergastolo.