La ricerca, effettuata da Eures e presentata nel corso di un incontro a Gaeta dal titolo “Lavoro, legalità e territorio”, spiega l’andamento produttivo e pone l’accento sulla precarizzazione costante del lavoro. “Vuole essere una denuncia sullo sfruttamento del lavoro e una base di partenza per potenziare i presidi della legalità”, spiega il segretario di Roma e Lazio della Uiltucs, Alessandro Maria Contucci.
Un indice di vecchiaia che si attesta, nel rapporto fra over 65 e under 14, al 173,6%. Ogni 100 persone, d’età compresa fra i 15 e i 64 anni, 54,8 non sono attivi. Il rapporto fra i lavoratori più maturi (40-64 anni) e quelli più giovani è pari al 141,1%. Parte da qui l’indagine della Uiltucs di Roma e Lazio che, effettuata da Eures e illustrata nel corso di un incontro svoltosi a Gaeta, traccia l’identikit di Latina e della sua provincia e dell’impatto sul territorio del terziario: “Abbiamo voluto -spiega Alessandro Maria Contucci che dell’Uiltucs regionale è il segretario- conoscere il tessuto sociale e imprenditoriale del territorio per proporre poi soluzioni ai problemi che purtroppo sono emersi”. La percentuale più alta delle imprese registrate si concentra nel settore dei servizi, con un numero di imprese pari a 32,5mila unità, corrispondente al 60,7% circa del totale pontino, che, al netto delle imprese non classificate (3.331 unità), ammonta a 53,5mila unità. “Una quota considerevole di imprese terziarie del luogo -ricorda Contucci- opera nel commercio, che con 13,9mila realtà produttive, rappresenta il 26% del valore complessivo”.
Qual è invece lo scenario occupazionale? “Gli occupati nella provincia di Latina -sottolinea Contucci- hanno raggiunto le 213,4mila unità, pari al 9% del totale regionale, che conta 2,37 milioni di lavoratori (il 10,1% del valore italiano, pari a 23,58 milioni di unità). In linea con il processo di terziarizzazione che ha investito l’economia nazionale e regionale negli ultimi decenni, anche la provincia di Latina si caratterizza per una prevalenza delle attività dei servizi dove, nel 2023, si contano 136,8 mila occupati, pari al 64,1% del totale provinciale, di cui 44,5 mila nei comparti del commercio e turistico-ricettivo. Nel 2023, il tasso di occupazione nella provincia di Latina si attesta al 57,2%, un dato significativamente inferiore al 63,2% registrato a livello regionale nel Lazio. Guardando alla dinamica nel tempo, il tasso di occupazione nel territorio pontino registra tuttavia un aumento (+2,9 punti percentuali rispetto al 2019, quando era pari al 54,3%) più elevato di quello rilevato a livello regionale (+2,1 punti). “Le donne -chiosa Contucci- continuano a essere penalizzate: le lavoratrici rappresentano solo 84,5 mila unità, equivalenti al 39,6% degli occupati della provincia, una percentuale nettamente inferiore rispetto al 43,7% del Lazio”.
Complessivamente nel 2023, il tasso di disoccupazione nella provincia di Latina, considerando la popolazione di età compresa tra i 15 e i 74 anni, si attesta all’8,9%, un valore significativamente più alto rispetto alla media regionale, che si ferma al 7,2%., Analizzando tuttavia l’andamento nel tempo, si osserva a Latina una dinamica più positiva di quella rilevata nel Lazio: il tasso di disoccupazione pontino è infatti diminuito di ben 4,8 punti percentuali rispetto al 2019, quando era pari al 13,7%, mentre a livello regionale tale flessione risultata più contenuta (-2,7 punti percentuali rispetto al 9,9% del 2019). “Nonostante quindi il valore dell’indice nella provincia di Latina risulti ancora superiore a quello regionale -ricorda il segretario della Uitucs di Roma e Lazio- il miglioramento rispetto al periodo pre-pandemico dimostra un recupero più rapido e consistente. La disaggregazione per fascia di età evidenzia, coerentemente al contesto di maggiore fragilità occupazionale tra i più giovani, un indice di disoccupazione più elevato nella fascia 15-34 anni, sia nella provincia di Latina (15,4%) sia nel Lazio (12,4%). All’interno di tale fascia anagrafica si rileva una forte differenza tra le due sottoclassi di età: mentre infatti tra i 15-24enni il tasso di disoccupazione sale al 21,2% nella provincia di Latina e al 21,4% a livello regionale, tra i 25-34enni l’indice scende in misura significativa, attestandosi rispettivamente al 13,7% e al 9,8%”.
La retribuzione lorda media annuale percepita dai dipendenti del settore privato non agricolo nella provincia di Latina risulta pari nel 2023 a 19,3 mila euro, con uno scarto negativo di 4,9 mila euro rispetto alla media regionale (24,2 mila euro annui) e di circa 4,4 mila euro rispetto a quella nazionale (23,7 mila). Nel confronto regionale Latina si colloca inoltre al terzo posto tra i territori del Lazio, preceduta da Roma, dove la retribuzione media dei lavoratori del settore privato raggiunge i 25,3 mila euro annui, e dalla provincia di Frosinone, dove la retribuzione media si attesta a 20,3 mila euro. Al di sotto della media pontina si collocano invece le retribuzioni medie dei lavoratori dipendenti di Rieti e di Viterbo, con valori pari rispettivamente a 18,5 mila e 17,7 mila euro annui: “Tra i fattori che determinano la dinamica retributiva osservata -sostiene Contucci- di centrale importanza è quello relativo all’applicazione contrattuale, da cui in larga misura dipende la stessa dimensione qualitativa del lavoro. Confrontando le retribuzioni medie annue dei lavoratori a tempo indeterminato, pari nel 2023 a 24,4 mila euro, con quelle dei dipendenti a tempo determinato e degli stagionali, che a Latina si attestano rispettivamente, a 10 mila ed a 5,3 mila euro annui, risulta evidentemente quanto pesi la discontinuità lavorativa cui sono strutturalmente soggetti i lavoratori precari, ma anche la mancanza di quelle tutele retributive e contrattuali che contribuiscono invece a garantire migliori condizioni per i lavoratori “stabili”, anche sotto il profilo retributivo. Penalizzate, anche sotto questo profilo le donne”.
Un’imprescindibile prospettiva di analisi del mercato del lavoro, in particolare per leggerne le dinamiche anche in termini qualitativi, è rappresentata dai dati di flusso, vale a dire dal numero di contratti attivati e/o cessati nel corso di un determinato periodo di tempo. Nel 2023 nella provincia di Latina sono stati attivati 61,9 mila contratti, che corrispondono al 6,2% dei 993,2 mila complessivamente censiti nel Lazio. La disaggregazione per tipologia contrattuale evidenzia come la quota largamente prevalente dei “nuovi contratti” nel pontino, così come avviene su scala regionale e nazionale, si caratterizza come “atipica”, dove si colloca l’80,9% delle attivazioni totali (l’81,3% nel Lazio); la restante quota, pari al 19,1% afferisce ai rapporti stabili, cioè a tempo indeterminato e in apprendistato (tipologia contrattuale che, giuridicamente, si inserisce in questa categoria). La prospettiva dinamica, inoltre, segnala come l’incidenza dei rapporti atipici tenda progressivamente ad aumentare, con una crescita di 2 punti percentuali nel quinquennio considerato: I dati segnalano -spiega Contucci- come i rapporti di lavoro a termine, con 33,1 mila attivazioni, assorbano il 53,5% del totale, a fronte del 15,5% dei contratti stagionali (9,6 mila unità) e del 14,4% di quelli a tempo indeterminato (8,9 mila attivazioni), per scendere al di sotto del 10% in riferimento alle restanti tipologie, Il che evidenzia una marcata precarizzazione del lavoro”.
Una prospettiva ineludibile nella valutazione della qualità e delle condizioni di lavoro è quella che deriva dei risultati dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (e dalle sue articolazioni territoriali). Sono stati 814 nel corso del 2023 gli accertamenti, verifiche e ispezioni che hanno riguardato le aziende del territorio, in crescita del 27,4% rispetto alle 639 del 2022, dopo il decremento registrato nel confronto con il 2021. Il maggior numero di ispezioni e accertamenti ha riguardato le impese dell’edilizia (279, nel 2023, pari al 34,3% del totale), seguita del commercio (14,1%), dall’agricoltura e dalle attività di alloggio e ristorazione (73 “accessi”, pari al 9% del totale). “Si rileva tra il 2022 e il 2023 -illustra Contucci- un forte incremento dei controlli nel terziario (+33%), con aumenti di particolare rilievo nel commercio (dove raddoppiano, passando da 57 a 115), e nei servizi di alloggio e ristorazione (da 44 a 73, pari a +65,9%). Elevati i tassi di irregolarità che ammontano nel 2023 al 76,7%, con valori superiori al 70% in tutti i rami di attività e picchi superiori al 90% nelle attività di trasporto e magazzinaggio e nelle attività professionali, scientifiche e tecniche”.
Per quanto riguarda le principali violazioni accertate, i dati mostrano come nel 2023 la quota largamente maggioritaria delle contestazioni, con 607 violazioni riscontrate, riguardi il caporalato, risultato esponenzialmente più elevato rispetto a quello registrato nel biennio precedente e che appare direttamente correlato all’incremento delle ispezioni relative alla salute e alla sicurezza, che si attestano a 230 unità, valore leggermente inferiore a quello del 2022 (241 unità) e in linea con quello del 2021. “Per quanto riguarda le violazioni relative al lavoro nero e al mancato rispetto dell’orario di lavoro -conclude Contucci- si segnalano risultati pari, rispettivamente, a 158 e 41 lavoratori. Per quanto riguarda il lavoro nero, inoltre, si registra una significativa crescita rispetto al 2022 (+37,4%), quando i lavoratori coinvolti erano stati 115, e una flessione (-10,7%) rispetto ai 177 lavoratori del 2021; al contrario, gli accertamenti relativi all’orario di lavoro mostrano una flessione sia rispetto al 2022 (-15 lavoratori in valori assoluti) sia, soprattutto, nei confronti del 2021, quando tali accertamenti avevano riguardato 202 lavoratori”.