LAVORO FEMMINILE NEL PONTINO: “PRECARIETÀ PIÙ ALTA DEL LAZIO E GAP RETRIBUTIVO”

Il lavoro femminile nel pontino. Garullo e Toselli (Uil): “Precarietà più alta del Lazio. Part time alle stelle. Gap retributivo di oltre 6mila euro annui”

Qual è lo stato dell’occupazione femminile nel pontino? È di qualità? È discriminante? Sono le domande alle quali il dossier della Uil del Lazio e dell’istituto di ricerca Eures cerca di rispondere analizzando l’arco temporale 2019-2023, smentendo chi prova a usare toni trionfalistici sulla crescita dell’occupazione, senza analizzarla compiutamente. Basterebbe un dato per smorzare tali toni. Un numero che dal focus emerge in tutta la sua drammaticità: c’è un tale gap retributivo tra donne e uomini – a sfavore delle prime – che se le politiche per il lavoro non cambiano, serveranno 220 anni per colmarlo.

“Soltanto fra due secoli – dice Luigi Garullo, Segretario generale della Uil di Latina – le donne potranno vantare uguale trattamento economico e uguale accesso alle cariche dirigenziali. Stiamo parlando di una proiezione temporale sconfortante, fuori da ogni logica”. E ciò accadrà nonostante il Gender Pay Gap nella provincia di Latina sia il più basso del Lazio. Non a caso nel 2023, le lavoratrici del settore privato del pontino hanno percepito una retribuzione lorda media annua pari a 15.564 euro, con un differenziale negativo di 6.481 euro rispetto ai 22.045 euro percepiti dai colleghi uomini. Dal dossier emerge quindi che il confronto tra il 2019 e il 2023 c’è stato un progressivo miglioramento del divario di genere, con una riduzione del Gender Pay Gap di 147 euro rispetto al 2019, quando il divario era pari a 6.628 euro.

Questo scenario poco edificante ha comunque radici profonde. Nella precarietà, ad esempio, che tra le donne pontine è la più alta del Lazio: nel 2023 le donne con contratti atipici hanno rappresentato nel settore privato il 38,7% del totale, a fronte del 29,5% degli uomini. Rispetto al 2019, inoltre, tra le donne l’incidenza del lavoro atipico è salita di 3,2 punti percentuali (erano il 35,5%), mentre quella degli uomini è cresciuta di appena 0,6 punti percentuali. Il lavoro precario tra le donne genera una retribuzione media annua di poco più di 9mila euro, accentuando una ulteriore disparità rispetto a quelle che invece hanno un contratto stabile e che mediamente in un anno portano a casa 19.941 euro. Un’altra spia viene dai contratti part time, che riguardano il 59,5% delle lavoratrici del settore privato (rispetto al 47,9% della media regionale), contro il 28,0% dei colleghi uomini. Tra le lavoratrici a tempo parziale. le retribuzioni medie annue nel 2023 si sono attestate a 9.538.

“Lavoro atipico, lavoro part time – dice Francesca Toselli, della Uil di Latina – relegano le donne in una condizione di marginalità nel mercato del lavoro dalla quale è quasi impossibile sottrarsi. Ma l’impegno di tutte le persone che animano il nostro sindacato sarà incessante fin quando questo stato di cose non sarà superato e ogni ostacolo rimosso”. Il dossier analizza poi quanto accade alle dirigenti delle imprese private. Qui il guadagno mediamente è simile a quello dei colleghi uomini. Il Gender Pay Gap tra il 2019 e il 2023 è infatti crollato del 98,9%, passando da 3.578 euro ad appena 40. Ma c’è un ma. Le dirigenti sono poche, appena il 26,6% del totale (121 donne su 455 dirigenti totali). Leggermente migliore la situazione tra i quadri, che vedono una presenza femminile salita al 38,5% del totale (erano il 31,8% nel 2019), ma con un differenziale di retribuzione in salita da 5.082 a 5.229 euro.

Uno sguardo infine al settore pubblico. Nel 2023 il divario retributivo ha raggiunto gli 11.122 euro, con una crescita di circa 1,5 mila euro rispetto al valore del 2019 (9.665 euro). Nonostante nel pubblico si osservi una maggiore percentuale di lavoratrici (60,2%) rispetto ai lavoratori (39,8%), le prime vivono una condizione di maggiore precarietà: il 27,4% ha un contratto a tempo determinato (erano il 22,6% nel 2019), a fronte di un valore decisamente più limitato tra gli uomini (4,9%). “Alle donne – conclude Garullo – va garantito lavoro di qualità, stabile, retribuzioni giuste e possibilità di avanzamenti di carriera. Le pari opportunità vanno praticate e perseguite, non soltanto enunciate”.

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