La notte dei quattro che giocano a fare i malavitosi a Latina si è svolta in un arco temporale di 4 ore: domani saranno interrogati i due 22enni e il 21enne arrestati dopo aver pestato e rapinato alcuni giovani di Latina in alcuni dei luoghi più frequentati
Si chiamano Ettore Alfredo Annoni 22 anni, Renato Luigi Toma 22 anni e Vincenzo Zara 21 anni, i tre bulli che, insieme a un minorenne di 17 anni, di cui puntiamo nome e cognome (E.S.), sono stati protagonisti di azioni miste a vigliaccheria, violenza e imbecillità – come quando si facevano i selfie e si riprendevano in Questura dopo il fermo, certi di una impunità che, invece, oggi, è venuta meno con i domiciliari e il trasferimento del minorenne in Comunità.
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Domani saranno interrogati dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale Mario La Rosa chiamato a decidere della sorte di tre giovani latinensi che nei loro profili social si confondono nell’anonimato. Tre tra i tanti.
Il modus operandi dei giovani, di cui solo una ha precedenti di polizia (Toma), ha le stimmate della città pontina: da decadi questo tipo di azioni vengono messe in pratica nella città del capoluogo. E non perché accadano solo qui, succedono ovunque. Solo che è certo che avvengono pure qui – lo si può dire – da sempre.
Qualcuno di questi che usano violenza e si atteggiano, alla fine la prendono davvero la strada della malavita: ad esempio, soggetti che ora sono persino pentiti ascoltati dall’Antimafia come Agostino Riccardo, o finiti in galera da anni come Costantino Patatone Di Silvio per un omicidio a sangue freddo. Una fine ingloriosa per entrambi: nessuna mitologia attorno, solo la miseria fredda di una cella o di una località protetta.
Ad ogni modo, è molto probabile che i quattro, per fermare le persone e pestarle derubandole e deridendole, si sentano forti perché hanno alle spalle qualcuno che credono possa coprirli. Si sentono intoccabili: uno di loro, tra le amicizie Facebook, ha molti della famiglia rom Ciarelli e di altri cognomi dell’universo sinti; un altro, invece, una foto con Pablo Escobar e la sua banda di narcos; un altro ancora un cognome che rimanda a un noto personaggio della mala pontina.
È sempre la stessa storia, da anni. Se conosci quelli giusti, credi di poterti permettere di fare ciò che vuoi. Ai tempi di chi scrive, quando essere adolescenti significava vivere negli anni Novanta, era uguale: prepotenze, soldi sfilati dai portafogli, schiaffoni e, peggio ancora, pestaggi se qualcuno osava ribellarsi. Si sentivano intoccabili i sinti delle due famiglie Di Silvio e Ciarelli, si sentivano intoccabili gli amici di questi, si sentivano intoccabili i villaggini (Villaggio Trieste), o quelli che venivano dal Pantanaccio o dal Gionchetto o dai Palazzoni. Una storia che va avanti senza che nessuno la fermi.
È ora di chiamarli con il loro nome: non più giovani, ma patetici vigliacchi. La violenza non è forza, anche se domani vi vedrete dedicati paginate di giornali, retroscena, legami, intrecci, esegesi dei vostri comportamenti (come quella molto modesta di questo articolo), rimanete dei pagliacci.
Eppure di questa storia di pagliacci vigliacchi, c’è una persona che rappresenta la normale speranza. Dopo la serata di violenza, che è iniziata alle 19:06 del 4 giugno 2020 come si evince dal video ed è finita intorno alla mezzanotte, il giorno dopo, il 5 giugno, una persona, aggredita e a cui era stato proposto di acquistare la cocaina, va in Questura a denunciare: fa quello che tutti dovrebbero fare ma che per paura non fanno. Ecco, è a questo gesto di normalità che ci aggrappiamo disperatamente.