“LATINA E IL SUD PONTINO”, LA RELAZIONE DELLA COMMISSIONE ANTIMAFIA

Di Silvio mafia
Una della abitazioni, nel quartiere Gionchetto, dove vivono appartenenti al Clan Di Silvio. Le immagini della Polizia di Latina

La Commissione parlamentare antimafia ha pubblicato la relazione che si riferisce alla scorsa legislatura. Ecco di seguito il paragrafo dedicato a “Latina e il sud pontino”

“Le notizie date dalla stampa in merito ai numerosi arresti intervenuti nell’area sud del Lazio (nella provincia meridionale di Latina) e le segnalazioni pervenute da quei territori, hanno indotto la Commissione ad una nuova audizione dei magistrati della Procura di Roma, svoltasi in data 29 gennaio 2020 (268), e ad una audizione del Prefetto di Latina, avvenuta in data 18 marzo 2021 (269).

Il Procuratore della Repubblica, dott. Prestipino, accompagnato da due sostituti procuratori, il dott. Fasanelli e la dott. Spinelli, ha in primo luogo evidenziato come lo svolgimento di indagini nel basso Lazio sia da sempre stato caratterizzato da particolari difficoltà, connesse in primo luogo alla collocazione geografica dell’area, lontana dalle sedi degli uffici giudiziari, ed in particolare dalla Procura distrettuale antimafia di Roma, competente ad effettuarle.

La collocazione dell’area e il suo « isolamento » dovuto alla inade- guatezza dei collegamenti esistenti, ha comportato altresì una forte « ter- ritorializzazione » da parte delle diverse forze dell’ordine, con conseguenti problemi sull’efficace svolgimento di indagini.

Secondo quanto riferito dagli auditi il territorio è caratterizzato da un fortissimo insediamento di sodalizi mafiosi, sia autoctoni, che derivati dalle mafie tradizionali (in particolare, dalla camorra i – casalesi – e dalla ‘ndrangheta), organizzazioni la cui presenza è da sempre motivo di allarme e di preoccupazione per la sicurezza e la tenuta del tessuto economico, sociale e politico.

La presenza di criminalità organizzata di tipo mafioso risulta già da tempo accertata in forza di tre sentenze, ormai definitive che hanno riconosciuto l’insediamento di una « affiliazione di ndrangheta » nella zona di Fondi (clan dei Tripodo), di una ‘ndrina dei Gallace di Chiaravalle nella zona di Anzio e Nettuno e di un gruppo derivazione del clan di camorra Noviello-Schiavone.

Ha precisato il Procuratore, come la ricostruzione operata nelle sentenze richiamate consenta di comprendere quanto sia elevato il livello di infiltrazione delle mafie tradizionali in quel territorio: a Fondi una famiglia di ‘ndrangheta, il clan Tripodo, riconosciuto dalla « casa madre » con la quale aveva mantenuto i suoi collegamenti, esercitava il suo potere mafioso in termini di controllo sul territorio, ma anche con una enorme penetrazione nelle attività economiche (aveva acquisito il sostanziale controllo del MOF, il Mercato ortofrutticolo di Fondi, uno dei principali in Italia) e nella locale amministrazione.

Il Procuratore aggiunto ha, quindi, spiegato che la consapevolezza della gravità della situazione di questo territorio e della necessità ed urgenza di una efficace azione di contrasto, è alla base della scelta dell’ufficio di costituire, all’interno della Direzione distrettuale antimafia di Roma, un pool specificamente dedicato al coordinamento delle indagini riguardanti il sud Pontino, composto da due magistrati della procura distrettuale e da un magistrato della procura ordinaria che, avendo per anni lavorato presso la Procura della Repubblica di Latina, era ben a conoscenza delle dinamiche criminali di quel territorio. È stata poi avviata una attività di costante coordinamento e raccordo sia con gli uffici giudiziari di Latina, competenti territorialmente per il c.d. basso Lazio, che con quelli napoletani, in modo da consentire uno scambio informativo davvero efficace, indispensabile per una compiuta ricostruzione dell’operato degli insediamenti mafiosi sia autoctoni che di derivazione cammorista, questi ultimi particolarmente presenti nell’area in questione.

Oltre alla organizzazione interna dell’ufficio di procura, il dottor Prestipino ha sottolineato come per far fronte alla riscontrata inadeguatezza delle forze dell’ordine operanti sul territorio, spesso da troppo tempo operanti in quelle aree e comunque non preparate specificamente per indagini in materia di criminalità organizzata, abbia cercato di richiamare l’attenzione dei vertici della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, ottenendo un rafforzamento sia numerico che qualitativo del personale.

Le indagini avviate negli ultimi anni, ha sottolineato il Procuratore, « sono il frutto di questa qualità dell’investigazione, soprattutto sotto un profilo: la consapevolezza da parte di ognuna di queste Forze che non si raggiungono risultati significativi, importanti, stabili e con durata se non si collabora reciprocamente, se non c’e` scambio di informazioni, se non ci si coordina tra Forze di polizia e con l’autorita` giudiziaria competente per i reati per i quali si attiva l’investigazione […] La maggiore qualita`, l’impiego di organi centrali e il ricambio molto marcato negli apparati dirigenti hanno consentito di creare e di fare operare delle strutture meno permeabili ai condizionamenti del territorio. Infatti, in queste nostre indagini abbiamo anche accertato una serie di condotte non proprio edificanti da parte di appartenenti alle Forze dell’ordine, che sono stati ovviamente individuati e oggetto di accertamenti nelle sedi di competenza, che non e` per forza la sede penale, ma può essere anche la sede amministrativa e disciplinare. Cio` ha, comunque, consentito di effettuare un ricambio e anche di impiegare – lo ripeto – dal punto di vista della preparazione e della qualità il personale più all’altezza, adeguato e consapevole dei compiti che questo territorio ci impone ».

Ha riferito il dott. Prestipino che, anche grazie a questa, rinnovata struttura organizzativa, è stato possibile avviare una serie di attività d’indagine nell’area del sud Pontino, riguardanti sia organizzazioni costi- tuenti derivazione di mafie tradizionali (in particolare, camorra e ndran- gheta), sia organizzazioni criminali autoctone, che è stato possibile rico- struire compiutamente anche attraverso un complesso lavoro di analisi e raccordo delle risultanze investigative e processuali raccolte dai vari uffici giudiziari che, fino a quel momento, non avevano mai costituito oggetto di una lettura unitaria.

Così è stato possibile accertare la presenza a Latina di una famiglia di ‘ndrangheta molto importante, quella dei Crupi, che aveva posto la città al centro di un traffico internazionale di cocaina dall’Olanda alla Calabria (e in particolare, alla provincia di Reggio Calabria).

È stata, poi, accertata l’operatività in termini di condizionamento e di acquisizione di attività economiche, di alcuni gruppi imprenditoriali con collegamenti mafiosi in Calabria (un primo gruppo operava nel comune di Fondi; un altro nelle zone di Latina e Aprilia), caratterizzati dalla assoluta ed allarmante commistione tra gli apparati criminali, il braccio armato e i « colletti bianchi ». Dopo l’esecuzione delle misure cautelari sono state eseguite misure di prevenzione, con sequestri di beni e aziende molto significativi ed importanti.

Attraverso la richiamata attività di ricostruzione e lettura unitaria di elementi raccolti in diverse indagini, accompagnata dallo svolgimento di indagini tradizionali (acquisizione di dichiarazioni di persone a conoscenza dei fatti e attività d’intercettazione) è stato inoltre possibile ricostruire l’operatività, sempre nella città di Latina, di un sodalizio autoctono a caratterizzazione mafiosa, il clan Di Silvio.

Ha precisato, il Procuratore, che alcune delle condotte poste in essere dagli appartenenti al clan apparivano del tutto singolari e tipiche delle associazioni mafiose, come una serie di estorsioni compiute in danno degli avvocati o altre apparentemente finalizzate all’acquisizione di profitti di importo estremamente modesto. È presto risultato chiaro come il fine di tali delitti non fosse quello di conseguire un arricchimento quanto, piuttosto, quello di rimarcare il potere criminale sul territorio: “serve a dire: entro qua dentro, sono padrone del territorio, faccio la spesa – che sia un corredo o la spesa al supermercato non ha importanza – e non pago, perché qui sono il padrone e non devo pagare su un territorio che è mio. Questo è il senso […]. La scelta strategica di aggredire persino alcuni avvocati ha una funzione anche in questo caso non predatoria ma intimidatoria rispetto alle modalità di esercizio delle funzioni difensive, senza le quali non esiste il processo, non c’è contraddittorio, non c’è dialettica nel processo, non ci può` essere nulla“.

La contestazione di « reati di mafia » (sia nella forma dell’associazione di tipo mafioso sia in quella dell’aggravante del metodo mafioso e della finalità agevolatrice) ha indotto la scelta di collaborare con la giustizia di una delle persone tratte in arresto realizzando, secondo quanto riferito dal dottor Prestipino, un duplice effetto positivo: per un verso, la scelta di uno degli accoliti di collaborare con la giustizia ha indebolito l’immagine di apparente invincibilità, di « strapotere », sulla quale poggiava il sodalizio; per altro verso, l’importante contributo dichiarativo reso dal collaboratore, che aveva un ruolo non marginale nell’associazione (270), accuratamente riscontrato, ha consentito il pieno disvelamento del settore d’intervento del gruppo criminale.

Ha riferito il Procuratore come siano state avviate molte indagini, alcune delle quali ancora in corso, che hanno permesso di ricostruire una serie di altre condotte illecite (condizionamento di attività economiche, attività criminali di tipo predatorio, droga, estorsione, usura) e soprattutto di delineare i rapporti tra il sodalizio, la politica e la pubblica ammini- strazione. In proposito ha riferito il dottor Prestipino che erano ancora in corso le attività volte a riscontrare le dichiarazioni del collaboratore e che, tuttavia “circa i rapporti con la politica – parliamo ovviamente di amministrazione locale – abbiamo raccolto una serie di dichiarazioni che riguardano soprattutto alcune vicende attinenti a competizioni elettorali, in particolare le elezioni politiche del febbraio 2013, le elezioni del sindaco di Latina del giugno 2016 e quelle precedenti del maggio 2011, le elezioni del sindaco di Terracina del giugno 2016, oltre a tutta una serie di altre vicende che riguardano minacce e intimidazioni ad amministratori locali. Su ciascuna di queste abbiamo dichiarazioni dei collaboratori, alcune delle quali sono divenute pubbliche perché i suddetti collaboratori sono stati escussi nel dibattimento, che è pubblico“.

L’audito si è quindi soffermato a descrivere il contenuto di un’ordinanza di custodia cautelare eseguita la mattina stessa dell’audizione, in ordine a tre ipotesi di reato aggravate dal metodo mafioso: “un’estorsione; un’illecita concorrenza violenta rispetto alla quale il giudice per le indagini preliminari ha ritenuto di ravvisare il reato di estorsione piuttosto che quello di cui all’articolo 513-bis del codice penale; infine, una violenza privata in relazione ad alcune condotte legate alla campagna elettorale riguardanti in linea di massima rapporti con alcuni soggetti dell’attualità politica“.

Più in generale ha riferito il dottor Prestipino come il clan Di Silvio destinasse alcuni degli uomini del clan ad una vera e propria attività di campagna elettorale, “con un prezzario riferito ai servizi di attacchinaggio e di vigilanza sui manifesti affissi, oltre ad una serie di altri servizi collegati alla campagna elettorale“.

Ha precisato il Procuratore come anche i rapporti con la politica locale non servano al clan per guadagnare in termini economici: “l’attacchinaggio non viene fatto per i soldi che il servizio rende. E ` chiaro che dietro ci sono delle utilità in più, al di là del pagamento, che avvantaggiano sia il clan, ma anche chi dal punto di vista politico si serve del clan per attaccare i propri manifesti. Una famiglia mafiosa gode di quel consenso sociale. In certi luoghi del nostro territorio, un imprenditore non ha bisogno di chissà cosa per accreditarsi; basta che si mette a braccetto del boss locale o di un capo mafia e la domenica o il sabato pomeriggio percorre il corso principale a braccetto dell’altra persona. Ciò senza bisogno di spiegazioni, ha una chiarissima valenza per tutti. Pertanto, come succedeva in certe gare in Sicilia, le offerte venivano fatte solo da quell’imprenditore perché tutti gli altri avevano già da soli capito che non valeva neppure la pena fare un’offerta. Questa cosa ha ovviamente un significato, come l’attacchinaggio, perché, quando viene fatto dai Di Silvio, significa che in modo visibile i Di Silvio appoggiano quel tipo di candidato e quella soluzione in quella competizione elettorale […]. Questo rapporto non è riducibile soltanto al fatto del manifesto. Si parte dal manifesto e da lì si costruisce un rapporto che arriva anche all’aiuto e all’agevolazione dell’imprenditore di riferimento del clan […]“.

Il dottor Prestipino ha concluso la sua audizione mostrando la sua gratitudine verso i vertici delle forze dell’ordine e il Prefetto, ed eviden- ziando come l’importante presa di coscienza circa la gravità della situazione criminale nel basso Lazio abbia consentito un incremento, qualitativo e quantitativo delle risorse sul territorio permettendo il compimento di importanti indagini”.

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