Disagio e devianza nel mondo giovanile, l’intervento del consigliere comunale del Partito Democratico Tommaso Malandruccolo
L’esponente del Partito Democratico Tommaso Malandruccolo, poliziotto e consigliere comunale di Latina per il Partito Democratico, è intervenuto con una nota per offrire un punto di vista qualificato sui temi della devianza giovanile. Un fenomeno che Malandruccolo conosce approfonditamente avendo, in qualità di agente di Polizia, organizzato e presenziato a numerosi incontri finalizzati ai temi della legalità nelle scuole durante il corso degli anni.
“I propositi e gli interventi rivolti al mondo giovanile appaiono sempre più spesso negli intenti della politica, cosa che non può che essere accolta con soddisfazione e che denota un interesse particolarmente fertile verso questo variegato mondo. Nell’ambito delle politiche giovanili resta tuttavia poco dibattuto il tema delle devianze, spesso confinato in mere classificazioni di condotte antisociali, sul quale non viene svolta un’analisi appropriata, ma rivolta un’attenzione che si sbilancia tutta sul sintomo piuttosto che sulla genesi, con un’inevitabile scollatura fra causa ed effetto.
In ambito istituzionale, la scarsa considerazione dei fattori ambientali, determina spesso l’attribuzione delle responsabilità al soggetto antisociale, ridotto a mero elemento di disturbo, considerato aprioristicamente dotato di libero arbitrio, ma incapace, per scelta, di seguire la traccia verso convenzioni e condotte pro sociali. Ma fra l’influenza ambientale e la devianza, il collettore è sempre rappresentato da forme significative di malessere, spesso ignorate, che non sempre evolvono al passaggio successivo, mutando in maniera orizzontale o, nel migliore dei casi auspicabili, regredendo.
Il momento della sua manifestazione non è sempre strettamente legato a ciò che accade nell’arco temporale dell’adolescenza, pur segnato da significativi fattori biologici, ma alle esperienze che hanno accompagnato il giovane fino a quel momento, incidendo sulla vita futura. A tal proposito va ricordato che le mappe emotive di un individuo si formano nei primissimi anni di vita, spesso nell’inconsapevolezza degli adulti riguardo le condotte che permeano l’ambiente di messaggi, che vengono invece recepiti, decodificati ed introiettati. Un’influenza intra ed extra familiare, specialmente laddove la comunità ha assunto una dimensione spaziale “condominiale”. Il paradigma che oggi la società dovrebbe imparare a praticare è che disagio e devianza vanno fronteggiati con le medesime modalità e con largo anticipo, attraverso forme di prevenzione precoce, sulle quali oggi le istituzioni stentano ad investire, didascalicamente concentrate sui protocolli educativi tradizionali, efficaci in contesti ordinari, o troppo impegnate nella ricerca del risultato veloce e visibile.
Ed è proprio qui il vulnus, l’intervento istituzionale giunge non con le caratteristiche di un’adeguata prassi preventiva, ma in risposta ad un dato già registrato e quindi tardivo. Occorre dunque sviluppare una capacità nella lettura degli elementi predittivi del disagio al di fuori dell’individuo, attraverso una parametrazione degli elementi oggettivi di rischio del territorio, al fine di modulare interventi circoscritti dedicati, a medio e lungo termine.
Di per sé già sintomo transitorio, il senso di inadeguatezza è uno dei principali fattori prodromi di rischio ricorrente che, pur annidandosi socialmente in maniera trasversale, ricorre più frequentemente nelle aree a rischio di marginalità relazionale e culturale, alimentando il pensiero ruminante e l’isolamento che di questo è corollario. Il conseguente senso di frustrante svalutazione rende il giovane vulnerabile a quei modelli negativi di facile accessibilità socio-culturale, oggi raggiungibili anche attraverso la rete.
La soluzione istituzionale si dovrebbe quindi misurare in calibrate proposte di opportunità e relazione, dei quali le periferie urbane e sub-urbane sono carenti. Queste necessitano però di un intervento cerniera che accompagni il giovane a nuove modalità di approccio verso un inedito modello di visione di comunità, non intesa più in termini strettamente legati alla geografia sociale circostante, risvegliando quindi l’istanza naturale di conoscenza.
Ciò nonostante è importante che l’arricchimento sociale e cognitivo si strutturi di pari passo con quello emotivo, altrimenti il peso della mutata consapevolezza verrà avvertito come una fragilità, che sarà tanto più presente, quanto più il giovane si spoglierà dell’esoscheletro precostruito, nell’intento resiliente di sottrarsi alle insidie attraverso l’omologazione. È questo il passo che le istituzioni devono compiere, la presa di coscienza che le politiche rivolte ai giovani non hanno valenza universale e, pur nella loro bontà, non sono sempre efficaci, sia nella proposta, che nel raggiungimento dell’obiettivo.
È impensabile, ad esempio, che un’iniziativa pregevole come l’apertura di spazi studio e di confronto per studenti possa risultare appetibile ad un giovane che vive in una periferia con un basso indice di socialità, dove il concetto del vivere è soffocato da quello dell’abitare. Gli interventi di prevenzione andranno quindi affrontati con una rilettura del contesto ambientale (che non andrà mai rinnegato), agendo quindi sulla valorizzazione delle vocazioni collettive, di quartiere, e sulle creatività resilienti, per disegnare una riqualificazione umana incline al senso di collettività, riattivando la partecipazione, rendendo il giovane protagonista del suo percorso, nel rispetto delle aspirazioni.
Due progetti che potrebbero collocarsi al centro di quanto affermato e rappresentare uno strumento efficace a metà fra socializzazione e formazione professionale, potrebbero essere la creazione di sale prova musicali e la realizzazione di corsi per videomaker, cavalcando e veicolando anche l’atavico senso di protesta e trasgressione che anima il mondo giovanile”.
Così, nella sua nota, il consigliere comunale Tommaso Maladruccolo.