A Latina c’è un altro collaboratore di giustizia, dopo Renato Pugliese e Agostino Riccardo: si tratta del 44enne Maurizio Zuppardo
A riportare la notizia, anticipata giovedì 26 novembre dalla trasmissione televisiva Monitor in onda su Lazio Tv, è il quotidiano Latina Oggi nell’edizione odierna di sabato 28 novembre.
Il nome di Zuppardo non dice molto ai più e, in effetti, non è stato coinvolto in grandi inchieste degli ultimi anni se non fosse quella che ha chiamato in causa il fratello, Marco Zuppardo, il quale 3 anni fa, nel 2017, fu arrestato in merito all’operazione contro un giro di narcotraffico dalla Colombia denominata Las Mulas. Recentemente, in pieno lockdown, Marco Zuppardo è stato arrestato in flagranza di reato mentre spacciava una dose di cocaina in strada dalle parti del Cimitero. E prima ancora, nel settembre 2018, gli fu sequestrata un’officina sulla Pontina che trattava in pezzi di ricambio con l’accusa di ricettazione.
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Tuttavia, in quell’operazione, Las Mulas, portata a termina dalla Squadra Mobile di Latina, fu arrestato Dimitri Montenero, figlio di Nino, una famiglia di Aprilia a cui, in seguito, fu sequestrato un patrimonio milionario. Nino Montenero, peraltro, è descritto dagli ambienti investigativi come uno ben agganciato a sodalizi di camorra e criminalità, anche di un certo peso. Un nome che da anni tutti conoscono, sia la magistratura che i cittadini.
Il particolare dei Montenero lo citiamo perché proprio quando scrivemmo quell’articolo (marzo 2019), a cui è riferibile il link, fummo contattati da Maurizio Zuppardo, ossia il nuovo collaboratore di giustizia. Zuppardo si lamentava perché nell’articolo era stato inserito il suo nome in un breve inciso in cui si ricordava che era il fratello di Marco Zuppardo (coinvolto col figlio di Montenero in Las Mulas) e che nella notte del 2 marzo 2019 si era ritrovato l’auto bruciata in Via Copenhagen a Latina.
Maurizio Zuppardo, detto “Fagiolo”, in passato commerciante di tendaggi presso un esercizio ubicato in quella che adesso è la zona pub, ci scrisse tramite il profilo di una donna, presumibilmente la sua compagna, disse di non conoscere i Montenero e arrivò persino alle minacce: non voleva essere citato nell’articolo (in effetti poteva avere anche ragione, non trattando di lui) e disse che l’auto non era sua, non avendo patente, e neanche la residenza corrispondeva alla casa in cui abitava.
Le minacce, ovviamente, furono respinte al mittente e avvertimmo che lo avremmo denunciato se avesse continuato. In realtà, poco dopo, la questione si risolse poiché chi scrive ebbe un’interlocuzione telefonica con Zuppardo che si dimostrò, invece, civile.
Oltre a questo, disse a chi scrive che lui sì che avrebbe potuto raccontare tanti intrecci di malavita nella città e che era disposto a farlo.
Oggi si scopre che, in teoria, lo sta facendo con le forze dell’Ordine e la magistratura. Sicuramente uno spunto in più, soprattutto sul versante della malavita latinense che, in questi anni, con inquirenti e investigatori impegnati con i clan sinti, ha potuto, con probabilità, andare avanti meno controllata.
Va detto che Maurizio Zuppardo, a differenza di Agostino Riccardo e Renato Pugliese, non è mai stato accostato ad alcun clan ed è stato coinvolto in truffe inerenti alla compravendita di auto. Un cane sciolto, si direbbe. Questo chiaramente non significa che le sue dichiarazioni non abbiano peso.
Solo il tempo ci farà capire cosa ha raccontato e quanto sia credibile. Fatto sta che i protocolli dell’Antimafia sono rigidi e sulla credibilità o meno delle storie che un soggetto racconta si fonda il rapporto con lo Stato di un collaboratore di giustizia. Per ora, di sue dichiarazioni, nelle ultime grandi inchieste su Latina non ce ne sono. Staremo a vedere.