Ranaldi: “Perché il centenario è l’occasione per aprire una nuova storia e perché la nomina a capitale della cultura rischia di fallire prima di iniziare”
“Che città vuole essere Latina al compimento dei cento anni? È il momento di coinvolgere le migliori energie della comunità per immaginare la città del futuro. Solo dopo, poter pensare insieme a come essere Capitale (della cultura)”
“Nel 2032 Latina festeggerà i cento anni dalla sua fondazione e questo è l’orizzonte dentro il quale disegnare i progetti di pianificazione e sviluppo dei prossimi nove anni. È stato presentato dal Sen. Calandrini (primo firmatario), Fazzone (FI), Paganella (Lega) un disegno di legge per il Centenario della città che prevede la costituzione di un Comitato – presieduto dal Presidente del Consiglio e composto dai Ministri della Cultura, dell’Istruzione e del Merito, dell’Università e della Ricerca, del Turismo, dal Presidente della Regione Lazio e dal sindaco di Latina – che avrà il compito di coordinare le iniziative previste dal disegno di legge. È prevista anche l’istituzione di una Fondazione, denominata “Latina 2032,” che avrà il compito di realizzare le attività attraverso un contributo di 1 milione di Euro all’anno a partire dal 2024. Da qui dobbiamo partire: questo obiettivo deve riguardare tutte le forze politiche di maggioranza e opposizione, vanno quindi coinvolti anche i parlamentari di opposizione nel sostegno al disegno di legge per gli opportuni miglioramenti. Va inoltre coinvolto il Consiglio comunale, con l’istituzione di una commissione o un gruppo di lavoro che alimenti un dibattito pubblico e coinvolga le energie della città e della provincia sugli argomenti che riguardano la città, l’economia, il sociale, l’ambiente, la cultura. Sia quindi chiaro sin da subito: si inizi da qui, dal lavoro di tutti i giorni con la comunità di cittadini, da un’idea di futuro. E solo dopo, si può pensare di concorrere a Capitale della Cultura 2026. Che capitale saremmo, senza una cultura condivisa?
PER UNA CULTURA DEL FUTURO
Doveroso ripeterlo: il Centenario deve essere occasione per la città di una riflessione a tutto campo della sua storia, che abbraccia i suoi cento anni ma non solo. È necessario, infatti, approfondire i periodi ancora non indagati, dal dopoguerra ai giorni nostri, ma anche gli anni ‘20 e il periodo pre-bonifica, l’ambiente della palude, come stanno facendo alcuni storici e antropologi. Soprattutto l’analisi sul Centenario si deve orientare in due direzioni parimenti importanti: una di approfondimento storico, economico, antropologico e di studio del territorio ad ampio spettro, e un’altra rivolta al futuro, per rispondere alla domanda di quale città vogliamo costruire per il 2032, quale percorso intraprendere per assicurare sviluppo e benessere al territorio delle future generazioni. Il centenario non può essere una rievocazione nostalgica delle sue origini, ma un’occasione per riflettere su come una città, in cento anni, vede uno sviluppo economico che in altrove si realizza in millenni di storia, in un confronto internazionale con altre realtà simili. A questo proposito ci sono già studi avviati dal Cersites dell’Università La Sapienza, Facoltà di Ingegneria di Latina, che ha presentato un piano strategico per il territorio, una buona base di discussione. Ancora, la città di Latina comprende un nucleo di fondazione che deve continuare ad essere studiato e questo lavoro viene portato avanti dalla Casa dell’Architettura, che ha recentemente pubblicato: “Latina Architetture e progetti della città di Fondazione 1927-1944” e proseguirà con un altro volume dal dopoguerra alla città contemporanea. Oggi la città si deve confrontare con la modernità e le problematiche che porta con sè: dalla chiusura dei centri storici alle nuove esigenze di salvaguardia e conservazione delle risorse ambientali, dallo sviluppo equilibrato del territorio, che comprende la riduzione di CO2 nell’ambiente e un consumo consapevole del suolo, agli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’ONU per il 2030. Continuare a pensare e ad agire come nel passato vuol dire far precipitare il nostro mondo in una profonda crisi ambientale, economica, sociale. Un punto di grande importanza è costruire un clima di partecipazione della città alla definizione degli obiettivi da raggiungere in questi nove anni e che coinvolga gli amministratori, i cittadini, le forze imprenditoriali, i sindacati, le associazioni, l’Università, le scuole, le banche, i giovani e tutte le energie positive. Urge definire i progetti da realizzare, quantificarne l’impegno finanziario, trovare le risorse e impegnare tutte le amministrazioni che si susseguiranno da qui al 2032 al perseguimento dei progetti comuni: e concluderli, per il bene di tutti, e non solo di pochi.
LATINA CAPITALE DI QUALE CULTURA?
E veniamo dunque alla candidatura di Latina a “Capitale della cultura italiana nel 2026”, che non è un altro discorso. Partiamo da quel che sappiamo dalla conferenza stampa della Sindaca Matilde Celentano, dell’ass.ra all’Urbanistica Annalisa Muzio, Alberto Gottardi amm.re delegato della PG&W società di consulenza che seguirà il dossier, l’ architetta Daniela Cavallo coordinatrice della candidatura e i coordinatori dei tavoli. Pur mettendo da parte il tono della conferenza tra l’entusiastico e l’infervorato, apprendiamo che la candidatura nasce da un incontro casuale avvenuto a Verona tra i vertici del comune di Latina e l’arch. Cavallo, la quale suggerisce la candidatura ai nostri, che entusiasti raccolgono la sfida, come giovani intraprendenti che cercano la sfida. Paragonare questo progetto ad una “seconda bonifica” significa non controllare i concetti e le parole, lanciare la città allo sbaraglio. Capiamo perché. È stato presentato il logo di “Latina Capitale della Cultura”, con alcuni dei concetti come i 12 borghi, l’impianto radiale della città, il genoma: il risultato è ovviamente controverso, a chi piace e chi no, certo è che gli esperti avrebbero da dire sulla modernità del simbolo, e con la prospettiva di aggregare altri comuni il logo doveva essere neutro e moderno. Ma, quello che preme dire, a nostro modo di vedere “Latina capitale della cultura” deve essere inserita nel percorso del Centenario come una delle ultime tappe di un progetto di rinascita culturale della città. Riportiamo un passo degli obiettivi per la nomina: «sostenere, incoraggiare e valorizzare la autonoma capacità progettuale e attuativa delle città italiane nel campo della cultura, affinché venga recepito in maniera sempre più diffusa il valore della leva culturale per la coesione sociale, l’integrazione senza conflitti, la conservazione delle identità, la creatività, l’innovazione, la crescita e infine lo sviluppo economico e il benessere individuale e collettivo». È ovvio, vogliamo sperare, che chi ha suggerito la nomina di Latina non sapeva che anche Gaeta si sarebbe proposta (o viceversa?): e ora nello stesso territorio abbiamo due città contrapposte e rivali, ma è mai possibile secondo voi? Crediamo di no. A questo punto sarebbe sensato coordinare i due progetti, valutare chi ha maggiore chance, ritirare una delle due candidature e dare forza all’altra: sarebbe un segno di maturità della classe dirigente e del territorio. Capiamo tutti che questo è un pasticcio risultato dall’improvvisazione e dal velleitarismo. Se vince una delle due l’altra rimane esclusa, se vengono escluse tutte e due perde tutta la provincia, e allora testa e buon senso: una delle due si ritira e si programma una ricandidatura da qui a qualche anno. Anzi, possiamo prendere esempio dalla Regione Puglia, dove accade che alla città che si candida a capitale della cultura e accede alla seconda fase anche se non vince viene nominata “Capitale della cultura regionale” con un premio di 300mila euro (da suggerire alla Regione Lazio). Non capiamo poi come mai il dossier presentato al ministero è stato secretato, quando uno dei criteri di valutazione è: “Accesso, partecipazione senso di appartenenza” oltre a vivacità culturale, trasferimento tecnologico e imprenditoriale, modalità di organizzazione e gestione dell’evento, attrattività turistico-culturale e posizionamento mediatico. Per ultimo, ma non meno importante, la candidatura a capitale della cultura di una città che ha problemi nel trovare un assessore alla cultura è oggettivamente imbarazzante. Questo è il momento di misurarsi con le scelte forti impegnative e sfidanti all’altezza di una città capitale veramente della cultura, come una presa di possesso della propria personalità, con cui si riesca a comprendere il proprio ruolo e valore storico, la coscienza dei luoghi, i propri diritti e i propri doveri, attribuito ad una comunità”.
Così, in una nota, il consigliere comunale di Latina, Nazzareno Ranaldi (Per Latina Duemilatrentadue)