LATINA BASKET E AMERICAN DREAM: I TALENTI “PONTINI” CHE SFONDANO IN EUROPA

Negli USA il basket è una religione, un fattore sociale che va aldilà del semplice agonismo sportivo.

IL BASKET COME RISCATTO SOCIALE

Chiedete ad un ragazzo di Brooklyn o Atlanta cosa vuole fare da grande, molti di loro vi diranno che si stanno allenando per ottenere la borsa di studio sportiva, per continuare gli studi.

Negli USA le università private costano e per alcune famiglie pagare la retta universitaria è praticamente impossibile, per questo le famiglie spingono i figli ad eccellere nello sport per ottenere l’ammissione per meriti sportivi.

Nelle grandi città ci sono centinaia di campetti dove crescono i talenti che poi vediamo in televisione fare prestazioni da maestri del gioco. Giocatori come Lebron James,  Kevin Durant e Stephen Curry sono cresciuti a pane e “campetti” prima di arrivare all’ambito premio di Most Valuable Player (ndr: il miglior giocatore della stagione) e all’ancora più ricercato “ring” (ndr: il titolo del campionato USA) destinato ai campioni NBA.

Kevin Durant, Sthephen Curry e Lebron James

NON TUTTI CE LA FANNO

Come dice la canzone cantata da Lebron e Durant, pubblicata l’anno scorso: “it ain’t easy” che tradotto significa “non è facile”.

No non è facile, anche perchè nell’NBA non esistono i settori giovanili e per guadagnarsi la canotta da professionista i giovani prima devono farsi notare nel torneo NCAA, il torneo dei college, e poi forse potranno essere scelti nel DRAFT NBA che si svolge ogni anno poco dopo il termine della stagione.

UNDRAFTED

Come detto in precedenza non tutti riescono a fare il salto tra i professionisti, può capitare infatti di rimanere “undrafted”, vale a dire di non essere scelti e non ottenere un posto nelle squadre NBA.

I ragazzi che capitano in queste situazione hanno due opzioni: cercare fortuna in Europa o provare la lega di sviluppo, cioè un campionato formato dalle squadre di riserva di quelle NBA che giocano tra di loro. Ad ogni modo, capita molto di rado che giocatori della Developement League riescano ad arrivare in NBA.

Destino che ha accomunato KC Rivers e Keron Deshields. Entrambi scartati dall’NBA ma che sono ripartiti da Latina per rilanciarsi e hanno trovato gloria in Europa, due storie che hanno come comune denominatore il talento.

KC RIVERS, MA CHI CE L’HA MANDATO QUESTO?

Si sentiva spesso questa frase al PalaBianchini quando in campo la palla a spicchi era tra le mani di KC Rivers.

La guardia nativa di Charlotte arrivò a Latina nel 2009 dopo l’ultimo anno di College ai Clemson Tigers, mostrando da subito qualità mostruose al tiro da 3 con una buona velocità e penetrazione.

La partita più entusiasmante che sicuramente molti appassionati ricorderanno è il derby con il Veroli. Il Latina era sotto di 15 punti, ma guidata da Rivers riuscì a rimontare il passivo contro quella che al tempo era la squadra più forte del campionato. Alla fine vinse Veroli 95-87, ma la sensazione era di aver visto un giocatore fuori dal comune, quelli che capitano ogni 10 anni.

A metà stagione Rivers passerà alla Benetton Treviso, squadra nobile del basket italiano lasciando Latina orfana del suo giocatore più forte. La stagione dei pontini si sarebbe chiusa con un’amara retrocessione figlia della povertà di 7 partite vinte, 4 delle quali con Rivers in campo.

Nella parte di stagione disputata con la maglia dell’AB LATINA la guardia statunitense era il capocannoniere della Legadue con 294 punti segnati e aveva deliziato il pubblico pontino con delle statistiche da capogiro: 24.5 punti, 5.7 rimbalzi e 1.2 assist di media in 12 partite.

LA CONSACRAZIONE EUROPEA

In Italia Rivers ha giocato con le prestigiose maglie di Virtus Bologna e Benetton Treviso, con in mezzo una parentesi in Francia con il Roanne. Successivamente si è trasferito in Russia dove ha ripetuto le prestazioni italiane con il Lokomotiv Kuban e il B.K di Chimki. E gli addetti ai lavori e gli appassionati lo sanno, il campionato russo di basket è uno dei più competitivi d’Europa a differenza di quanto accade nel calcio.

Finita l’esperienza russa, nel 2013, Rivers torna negli USA, dove tenta il salto in NBA giocando con i Reno Bighorns, squadra di sviluppo dei Sacramento Kings. Dopo la lega di sviluppo, Rivers decide di tornare in Europa e si accasa al Real Madrid, una delle squadre più forti del Vecchio Continente.

Sarà proprio la stagione 2014/2015 a segnare il punto di svolta nella carriera di Rivers, che con la maglia dei blancos ha portato a casa: 1 Liga, 1 Copa del Rey, 1 Supercoppa Spagnola e l’ambitissima Eurolega, l’equivalente della Champions League di calcio.

KC Rivers insieme al figlio e alla moglie posano in foto con la Coppa dell’Eurolega

KC NON SI FERMA

Nel 2015, dopo un breve passaggio al Bayern Monaco, ritorna al Real Madrid, giusto in tempo per vincere un’altra Copa del Rey.

Nel 2016 arriva la chiamata del Panathinaikos, che è una delle squadre più blasonate del basket europeo. L’esperienza greca dura due stagioni e, in entrambe, la squadra di Atene vince il titolo. KC è stabilmente nel quintetto iniziale.

Anche con i greci dimostra una certa passione per le partite che contano: il 16 gennaio 2017, Rivers infila 27 punti in 30 minuti nell’infuocatissimo derby di Atene tra Panathinaikos e Olympiakos, una delle partite più belle e sentite del continente.

Nel 2018 Rivers decide di tornare nella A1 italiana, firmando per Reggio Emilia, ma l’esperienza dura poco perché a metà stagione arriva la chiamata della Stella Rossa di Belgrado (altra squadra di forte tradizione) con cui KC fa in tempo a vincere la Lega Adriatica, il massimo torneo tra le principali squadre dei paesi dei Balcani. Questa competizione è particolarmente sentita e competitiva visto l’alto tasso tecnico e gli incroci roventi tra squadre slovene, serbe, montenegrine, macedoni, bosniache e croate.

KC Rivers con la prestigiosa canotta della Stella Rossa

Nei nove anni trascorsi in Europa Rivers ha portato a casa 9 titoli, entrando di fatto nell’olimpo del basket europeo. Niente male per un undrafted.

LA RIVINCITA DI KERON DESHIELDS

Anno Domini 2016. Mentre KC Rivers gira l’Europa facendo incetta di titoli, a Latina arriva una guardia di belle speranze proveniente dalla Tennesse State University, il suo nome è Keron Deshields.

Keron vivrà con Latina un’ottima stagione dimostrando di essere una guardia con i punti nelle mani, riuscendo ad abbinare al suo talento ed estro un’ottima percentuale al tiro da 2 e al tiro da 3, contribuendo alle prestazioni corali con rimbalzi e assist.

Keron Deshields con la canotta del Latina basket

A fine anno il Latina arriverà nono (ad un passo dai playoff) e Keron chiuderà con: 15.6 punti, 3.87 assists, 4.73 rimbalzi a partita con percentuali al tiro del 45% da 2 e 34% da 3.

Nel 2017 risponde alla chiamata del Jászberényi, squadra ungherese. Con i magiari realizzerà 71 punti in 4 partite prima di passare al Debreceni con cui farà un passaggio di 3 partite e 28 punti realizzati nel 2018, prima di appordare all’Hapoel Afula nella massima serie israeliana e poi al Rethymno in Grecia con cui realizzerà 27 punti in 3 partite, giusto in tempo per essere acquistato dal Maccabi Haifa, una delle squadre più forti del campionato israeliano.

GLORIA IN ISRAELE

Il campionato israeliano è uno dei più competitivi d’Europa. Storicamente è stato dominato dal Maccabi Tel Aviv che è la squadra con più campionati ed euroleghe vinti – per avere un’idea il palmares dei gialli di Tel Aviv conta: 52 campionati, 44 coppe d’Israele, 7 coppe di lega, 6 euroleghe, 1 coppa intercontinentale e addirittura una lega adriatica a cui ha partecipato nel 2012.

Questo non ha fermato Keron. Nella stagione appena conclusa è riuscito a vincere il titolo israeliano con il Maccabi Haifa, una delle squadre meno titolate del paese (soltanto uno, vinto nel 2013), e, non contento, si è portato a casa anche il premio di miglior giocatore delle finali. Che sia anche per lui la svolta per una carriera gloriosa come fu per KC Rivers?

Keron Deshields con il tiolo israeliano e quello di MVP delle finali

COMPLIMENTI AL LATINA BASKET

Il mercato del basket europeo è una giungla, i giocatori cambiano spesso squadra in cerca di gloria e le società (sopratutto quelle italiane) vivono un momento di difficoltà economiche.

In una situazione difficile come questa, fare scouting è vitale per mantenere la squadra ad un livello accettabile, ed è quello che negli anni ha fatto il Latina.

Ma non è semplice, ci vogliono i contatti e bisogna convincere i ragazzi americani a provare l’esperienza dall’altra parte dell’oceano. Evidentemente il Latina ha tutte le carte in regola e ora anche il nome per far crescere giovani ragazzi in cerca di titoli.

 

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