Latina Ambiente: uno degli ex amministratori delegati della società fallita che curava il servizio d’igiene urbana nel capoluogo viene assolto
È anche lui uno delle decine di indagati che si trovano invischiati nell’udienza preliminare per il fallimento e la contestata bancarotta fraudolenta della ex società che gestiva la nettezza urbana a Latina. Si tratta dell’ex amministratore delegato Valerio Bertuccelli che, per altro processo, che contestava a lui il peculato, viene assolto dalla Corte di Cassazione.
La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 17 maggio 2023 (motivazione depositata il successivo 25 luglio), in riforma di quella di primo grado emessa dal Tribunale di Latina, aveva ridotto la pena inflitta a lui la pena di 2 anni di reclusione, con sospensione condizionale, oltreché ad altri due anni di interdizione dai pubblici uffici.
La condanna inflitta all’imputato – ricorda la Cassazione – ha ad oggetto la contestazione di peculato perché, in qualità di amministratore delegato della società Latina Ambiente a prevalente capitale pubblico, avendo per ragioni del suo servizio il possesso e comunque la disponibilità di denaro, si faceva attribuire nei cedolini stipendiali somme non dovute: in particolare 73.893 euro dal dicembre 2008 all’agosto 2010, anche sotto la voce di indennità di trasferta, rimborso spese a piè di lista, compenso collaboratori e premi di risultato. Una somma parzialmente restituita, a richiesta del nuovo Consiglio di amministrazione della società, nel 2012, con residuo debito di 37.019 euro che provvedeva poi, su nuova sollecitazione, a coprire ancora in modo parziale (fatti contestati come commessi dal dicembre 2008 all’agosto 2010).
Contro la sentenza di Appello, Bertuccelli ha impugnato tutto in Cassazione ottenendo dalla Suprema Corte la dichiarazione della fondatezza del ricorso. Secondo i giudici della Suprema Corte incontestata risulta la percezione di somme da parte di Bertuccelli, il quale poi le ha riconosciute come eccedenti il compenso pattuito, tanto da averle in gran parte restituite. Il reato di peculato, però, non è stato dimostrato perché è necessario “accertare l’avvenuta appropriazione del denaro pubblico sul quale il soggetto agente deve avere il possesso o la disponibilità in ragione del proprio ufficio”. Infatti, “non viene chiarito in che modo egli avesse disposto la “autoliquidazione” di dette somme”.
Il Tribunale di Latina ha sostenuto che “è pacifico che il Bertuccelli, avendo per ragioni del suo ufficio la disponibilità del denaro della Latina Ambiente, si sia appropriato della somma di 73.893,97 euro”, rilevando come non risulta “che il consiglio di amministrazione abbia attribuito al Bertuccelli ulteriori somme di denaro oltre alla retribuzione contrattualmente stabilita” e concludendo che “sia stato il Bertuccelli, personalmente, a dare disposizione a coloro che all’interno della società si occupavano di buste paga di liquidare a suo favore tali emolumenti”.
“Si tratta di motivazione non idonea a giustificare l’affermazione di penale responsabilità – stabilisce la Cassazione. “Da un lato, il profilo relativo alla “mancata documentazione” di trasferte e missioni – al quale si rifà la pronuncia di secondo grado – appare estraneo al momento appropriativo, mentre laddove, a sostegno delle spese ulteriori, fosse stata fornita dall’imputato una documentazione falsa la condotta doveva inquadrarsi nella diversa fattispecie della truffa. Dall’altro lato, la conclusione del Tribunale secondo il quale Bertuccelli aveva dato direttamente disposizione di liquidare a proprio favore le somme non dovute, è affermata in modo apodittico e senza che sul punto venga indicato un qualche elemento di prova a sostegno”.
Gli ermellini, quindi, dispongono l’annullamento senza rinvio della sentenza della Corte d’Appello che condannava Bertuccelli perché il fatto di reato contestato non sussiste.