Quando nella politica nostrana si parla per comunicati a mezzo stampa, significa che tra le due parti c’è uno stallo, o persino l’inizio della fine.
Annunciata e strombazzata ai quattro venti la nuova alleanza tra Latina Bene Comune e Partito Democratico in previsione delle amministrative di Latina nel 2021, e con il matrimonio in attesa di una celebrazione attorno al rimpasto della Giunta attuale, sembra che, ad ora, la situazione sia in una fase di posizionamento tattico con tutte le conseguenze del caso. E si scusi la perifrasi, ma per scrive di LBC e PD ci si deve calare nel loro linguaggio.
Premessa l’idea espressa in più articoli da Latina Tu sull’eventuale binomio pidin-ellebiccino – un suicidio, con una seria ipoteca di vittoria a Latina da parte del centrodestra, pur con tutti i suoi riverginati e riciclati -, il PD del capoluogo e il movimento di Damiano Coletta si trovano di fronte alle loro contraddizioni.
Da un lato i Dem latinensi, storicamente perdenti nel capoluogo e, dunque, in una perenne posizione di debolezza rispetto all’interlocutore politico con cui provano a dialogare; dall’altra Latina Bene Comune, più volte, in questi tre anni di amministrazione, accusata di immobilismo, sopratutto in alcuni campi come quello dell’urbanistica, al netto di una certa confusione politica: richiesta di dialogo con PD e M5S; richiesta di intese con sindaci del centrodestra (vedere alla voce Nicola Procaccini) al tempo delle elezioni provinciali; la vicepresidenza di Coletta in Italia in Comune di Federico Pizzarotti; il malinteso di un elettorato di moderati di centrodestra che hanno votato LBC e si sono ritrovati un movimento ideologizzato a sinistra. A volte, l’impressione politica di avere di fronte tutto e il contrario di tutto. Tout se tient, dicono i francesi, peccato che qui siamo in palude e a stare bene, per ora, è solo l’incertezza del futuro.
Si dialoga ma, gratta gratta, in questo caso, agli uni, il PD, interessano due posti in Giunta, agli altri, LBC, interessa poter comunque avere l’ultima parola su tutto. Con la pretesa, sicuramente legittimata dalla vittoria di tre anni fa (ma un anno in politica è un’era geologica, sopratutto per il consenso elettorale), di essere centro di gravità permanente.
Seguendo i cinque punti programmatici rilanciati dal PD di Latina, riunito ieri in direzione nella loro sede del capoluogo, quello che salta agli occhi è il punto 3: Urbanistica. Ed è proprio lì che si gioca la partita. Il PD vuole la delega sull’urbanistica. Questione spinosa.
Al primo dettame sull’urbanistica, i Dem mettono lo sblocco dei piani particolareggiati. E il riferimento è all’atto amministrativo con cui il commissario Giacomo Barbato, nel maggio del 2016, dopo gli anni famelici del centrodestra pontino, annullò sei piani particolareggiati approvati dalla giunta Di Giorgi. R3 Prampolini, Frezzotti, R6 Isonzo, Borgo Piave, Borgo Podgora e Latina Scalo: grosse fette di città e di cubature che hanno lasciato la gola secca a molti dopo gli anni belli dell’edilizia creativa.
Certo, il PD, dopo avere avuto un Presidente provinciale nonché ex candidato sindaco e consigliere comunale, Maurizio Mansutti, l’avvocato dei più importanti costruttori della città, che inizia a battere proprio sull’urbanistica, non inizia bene nelle menti attendiste e diffidenti (a ragione, ma allora perché hanno teso la mano per primi?) degli ellebiccini.
Di converso, il PD che, da par suo, legittimamente vuole stringere, si trova di fronte il non plus ultra dell’aleatorietà quando si tratta di decidere politicamente da che parte stare, sopratutto sulle scelte di campo.
Chi cederà per primo? Il PD o LBC?
Intanto, a ribadire che ancora non si muove una foglia, è di oggi il comunicato stampa dell’Assessore al Bilancio del Comune di Latina Gianmarco Proietti che, ad essere onesti, è un concentrato di horror vacui. Annuncia gli Stati Generali per lo sviluppo della città – in sostanza parliamo ancora e ancora e ancora – e poi sostiene di trovare molto interessante il dibattito politico (si fa per dire) che si è acceso in città – l’apertura del Sindaco ad un campo progressista. Al netto della parola funesta – “progressista” che a Latina farebbe perdere alle elezioni anche Winston Churchill o Gandhi -, l’interlocuzione regna sovrana. E il centrodestra pontino, nonostante l’auto-siluramento di Salvini dal Governo, veleggia baldanzoso verso l’approdo perduto tre anni fa.