LA SUPERSOCIETÀ EDILIZIA DI LATINA TRA PASSAGGI FITTIZI, PRESTANOME E DEBITI: SCATTA SEQUESTRO E FALLIMENTO

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Cantiere di Via Quarto (Foto Lunanotizie.it)

Era uno dei costruttori più in vista del cosiddetto Sistema Latina. Imputato nel processo in via di prescrizione denominato “Olimpia”, ora arriva un altro fallimento

Che sia mai esistito o meno il cosiddetto Sistema Latina non è argomento che interessi più a tanti, nell’indifferenza di una città – ma il discorso è sovrapponibile al Paese Italia – che presto dimentica e tutto rimuove. Ciò che è certo è che l’indagine denominata “Olimpia”, ossia il procedimento che metteva al centro proprio quel Sistema Latina, imperniato sull’amministrazione di centrodestra dell’ex sindaco Giovanni Di Giorgi, ha fatto conseguire un processo ormai diventato un puro pro forma, a parte qualche capo d’imputazione, tipo un’estorsione contestata all’ex deputato di Fratelli d’Italia, Pasquale Maietta.

Tutto va verso la prescrizione, anche se il costruttore, di cui si parla, Massimo Riccardo, ha dichiarato in aula di voler rinunciare alla scappatoia concessa dalla legge.

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Noto a Latina come uno degli imprenditori edilizi più attivi negli anni scorsi, Riccardo finì al centro delle cronache politiche sopratutto negli anni appena antecedenti alla caduta dell’amministrazione Di Giorgi quando fu il bersaglio delle proteste di un comitato spontaneo dei cittadini, il cosiddetto “Gigante Buono”. All’attenzione della protesta cittadina c’era la palazzina in Via Quarto, a Latina, mai ultimata. Una palazzina che, come si ricorderà, scatenò la protesta del comitato (Il Gigante Buono) e soprattutto le mirate denunce di una cittadina in particolare. La realizzazione di quella palazzina fece nascere il comitato che ispirava il suo nome, in ragione dell’abbattimento di un grande eucalipto storico (per l’appunto il “gigante buono”).

A giugno 2022, la Effebi, ossia la società di Riccardo che avrebbe dovuto realizzare la palazzina, fu dichiarata fallita dal Tribunale di Latina: in capo all’imprenditore vi era l’esistenza di debiti gravanti sull’impresa per 2.100.000 euro circa, derivanti da carichi erariali secondo una nota dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione e sulla base di una relazione della Guardia di Finanza di Latina datata 3 giugno 2022.

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La questione del fallimento Effebi emerse perché, nell’estate 2022, l’allora commissario prefettizio del Comune di Latina, Carmine Valente, fu costretto a dare mandato ai legali dell’Ente per difendere Piazza del Popolo da una causa intentata da una privata cittadina contro la medesima amministrazione e l’impresa Effebi. L’amministrazione veniva citata in giudizio perché, annullando i piani particolareggiati, tra cui quello di Via Quarto, avrebbe contravvenuto con il “ritiro in autotutela dell’Atto di assenso edificatorio inizialmente rilasciato “; la Effebi, invece, per l’inadempimento contrattuale scaturito dalla mancata realizzazione degli immobili promessi in vendita (in quanto la palazzina di Via Quarto non fu terminata).

Ora quel fallimento della Effebi si è portato dietro il fallimento delle altre società, considerate nella disponibilità di Riccardo: la Costruzioni Generali e Toro 1949. Secondo la prima sezione civile del Tribunale di Latina, composta dai giudici Chiaravalloti-Vendemiale-Tinessa, Riccardo ha costituito una supersocietà di fatto coinvolgente le tre società. In sostanza un disegno imprenditoriale unitario, fatto emergere dalla curatela fallimentare della Effebi srl.

Identico l’oggetto sociale delle tre società, vale a dire la costruzione di edifici; identico il numero civico a Latina dove avevano sede sia Effebi che Costruzioni Generali. Nella sentenza, il Tribunale rimarca a chiare lettere che “l’esame dei movimenti bancari della fallita ha lasciato emergere vari bonifici tra la Effebi s.r.l. e le due società, che non hanno trovato alcun riscontro, né alcuna giustificazione giuridico-economica”. E ancora: “le società si scambiavano alla bisogna la proprietà dei rispettivi cantieri, come si desume dalle richieste di voltura dei titoli abilitativi edilizi (e dei relativi procedimenti amministrativi) presso i competenti uffici comunali“. Infine, “in un contenzioso vertente tra un acquirente di un immobile ed Effebi S.r.l., Toro 1949 S.r.l.s. è succeduta a titolo particolare nel diritto controverso mantenendo gli stessi difensori nominati dalla fallita in primo grado”.

Le tre società condividevano Massimo Riccardo come socio unico e amministratore e avevano come “core business” l’attività di costruzione e vendita di edifici. Ma secondo il Tribunale le stesse società condividevano, “collettivamente evitando, al contempo, il blocco dei cantieri e l’insolvenza dovuta, in particolare, all’entità dei debiti fiscali della Effebi S.r.l.”. Un’unica attività imprenditoriale, senza contare che “sono presenti elementi sintomatici dell’insolvenza della società di fatto (nda: Effebi), palesati in primo luogo dall’inesistenza di un patrimonio sociale e dalla situazione dei bilanci delle singole società, dai quali emerge un grave deficit patrimoniale, come evidenziato già nel provvedimento collegiale di concessione delle misure cautelari del 15 settembre”. Ecco perché il Tribunale ha dichiarato fallita la supersocietà partecipata da Effebi in fallimento, Costruzioni Generali srl e Toro srls e il fallimento dei soci responsabili di queste due ultime società.

Nel revocare le misure cautelari concesse, il Tribunale, nella sentenza pronunciata a fine novembre 2023, ha nominato due curatori fallimentari per Costruzioni Generali e Toro, fissando al 19 marzo 2024 l’udienza per l’adunanza per l’esame dello stato passivo a favore dei creditori.

Ma non è finita perché un altro Tribunale civile, quello di Roma, sempre nel mese di novembre, ha disposto il sequestro dei beni dell’imprenditore Massimo Riccardo e dei soci della fallita Effebi srl. Il giudice Paolo Goggi ha disposto che il curatore fallimentare della società esegua il sequestro conservativo dei beni mobili, immobili e dei crediti in capo ai soci per una somma complessiva di circa 4 milioni e 156mila euro, di cui 2,2 milioni nella disponibilità di Riccardo.

Nell’ordinanza del Tribunale civile di Roma vengono ricostruiti i passaggi societari operati da Riccardo che, nel 2014, come amministratore di fatto della Effebi, aveva condotto un’operazione svoltasi in 3 fasi: la vendita fittizia di una parte degli immobili dalla Fallita a Costruzioni Generali S.r.l, la dismissione fittizia della partecipazione sociale di Effebi S.r.l. intestata a lui, che veniva ceduta, quale prestanome, a Carlo Ciovacco, al prezzo, che presumibilmente non era stato versato, di 10.200 euro, il quale ne diveniva amministratore unico fino alla data del decesso, avvenuto il 18 agosto 2021, e la costituzione, sotto falso nome (grazie all’interposizione dell’Architetto Adolfo Antonelli, suo professionista di fiducia), della società Toro 1949 S.r.l.s. (società fantasma) a cui Effebi S.r.l. vendeva fittiziamente la restante parte degli immobili.

A fare ricorso per ottenere il sequestro è stata la curatela fallimentare della Effebi che ha eccepito di come, nel corso di queste operazioni societarie, di natura “distrattiva”, l’imprenditore abbia violato gli obblighi di conservazione del capitale sociale, danneggiando i creditori. L’amministratore della Toro, invece, avrebbe concorso al depauperamento delle Effebi e soprattutto “nel delitto di bancarotta fraudolenta impropria per distrazione, nonché per aver commesso il reato di riciclaggio, prestandosi ad acconsentire al trasferimento fittizio dei beni della Fallita in capo alla società da lui rappresentata“.

Contestate dalla curatela, nel timore di perdere la garanzia del proprio credito, diverse violazioni tra debiti fiscali milionari, bancarotta fraudolenta e inadempimenti con il pagamento delle imposte. Contro il ricorso della curatela, anche Massimo Riccardo si è costituito in giudizio, ribattendo in toto a ogni punto sollevato dalla curatela fallimentare, ma sollevando anche, insieme a un altro socio della fallita Effebi, l’eccezione di prescrizione che il Tribunale capitolino ha dichiarato infondata.

Ad ogni modo, la curatela è andata giù duro contro la cosiddetta supersocietà di Riccardo definendola come “l’esecuzione di una “grossolana” operazione distrattiva che ha visto coinvolta, oltre alla Effebi S.r.l., l’altra società controllata dall’amministratore di fatto Riccardo Massimo, la Costruzioni Generali S.r.l. e una newco costituita per l’occasione, denominata Toro 1949 S.r.l.s., al fine di impedire che i numerosi immobili di cui la Fallita era titolare (edifici ultimati e in costruzione) fossero oggetto di pignoramenti e/o di iscrizioni ipotecarie, come poi avvenne l’anno successivo ad opera di Equitalia Sud S.p.A.“. Non solo, secondo la curatela vi è stata “sistematica evasione del pagamento dei tributi“, dal 2006 al 2022, fino alla somma di oltre 2 milioni di euro. E per di più sarebbe stata concretizzata una omessa conservazione delle scritture contabili, “con conseguente impossibilità di riscuotere i crediti”.

Anche il Tribunale civile di Roma, come quello di Latina, parla di “natura meramente fittizia dell’operazione di dismissione del patrimonio immobiliare della società fallita“, realizzata con vendita fittizia alla Costruzioni Generali da parte della Effebi e costituzione della società Toro 1949. Per avere una idea, risalta la vendita fittizia di immobili della società fallita Effebi alla Toro 1949 srls, nel 2014, per un prezzo di 689mila euro, a fronte di un capitale sociale della medesima Toro di appena 900 euro. Alla fine, gli immobili vennero pagati per poco più di mille euro, tramite assegno bancario, mentre la differenza è stata realizzata attraverso l’accollo non liberatorio di debiti della società derivanti da caparre e acconti versati da clienti, peraltro figurativi, poiché relativi a contratti preliminari produttivi di debiti solo in caso di risoluzione del rapporto – e di ulteriori non meglio precisati debiti della società verso fornitori. Un’operazione ripetuta due volte per altri immobili della società fallita sempre con lo stesso modus operanti, per una cifra di altri 545mila euro.

Come conseguenza di queste operazioni distrattive, la curatela ha trovato nella fallita Effebi appena sei immobili, di cui due appartenenti ad altrettanti privati cittadini. Sono state queste le operazioni che avrebbero portato alla insolvenza della Effebi, senza contare che i primi tre amministratori, compresa la moglie dell’imprenditore, sono considerati meri prestanomi.

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