LA SANITÀ LAZIALE GIUDICA SE STESSA E SI PROMUOVE DA SOLA A PIENI VOTI

“È un Lazio in cui migliorano le cure, si riducono le diseguaglianze. Rimangono delle eterogeneità nei territori e nelle singole aziende che devono essere recuperate, abbiamo sicuramente un miglioramento nel tasso di mortalità inferiore alla media nazionale soprattutto su alcune aree come il cardiovascolare”. Così l’assessore regionale del Lazio alla Sanità, Alessio D’Amato, nel presentare trionfante i dati di P.Re.Val.E, il programma regionale di valutazione esiti degli interventi sanitari nel Lazio. Poi, si capisce, dovranno essere i cittadini a confermare o meno una tale prosopopea.

Alessio D'Amato
Assessore alla Sanità e Integrazione socio-sanitaria Regione Lazio, Alessio D’Amato

Nel Lazio migliorerebbero le cure, diminuirebbero le diseguaglianze di accesso, sia a livello geografico che per quanto riguarda il livello di istruzione, e  la mortalità evitabile (circa 800 decessi in meno per infarto).
Questi sono alcuni dei dati presentati questa mattina dall’Assessore alla sanità e l’Integrazione Sociosanitaria della Regione Lazio, Alessio D’Amato, accompagnato dal Direttore del Dipartimento di Epidemiologia del Lazio, Marina Davoli e dal Direttore della Direzione Regionale Salute e Integrazione Socio-Sanitaria, Renato Botti contenuti in P.Re.Val.E2019  Il programma regionale di Valutazione degli Esiti degli interventi sanitari nel Lazio.

Il Programma Regionale di Valutazione degli Esiti degli interventi sanitari (P.Re.Val.E.) è affidato dalla Regione Lazio al DEP (Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale) e ha l’obiettivo di “definire e misurare gli esiti degli interventi sanitari, misurare la variabilità di esito tra strutture ed aree geografiche, individuare aree critiche su cui implementare programmi di miglioramento della qualità dell’assistenza, e monitorare l’andamento della qualità delle cure nel tempo”.

Per dovere di cronaca, riporteremo i dati e le parole del comunicato ufficiale di Regione Lazio. Ma è indubbio che a monte dell’analisi complessiva del rapporto P.Re.Val.E. vi sia un problema di terzietà. Infatti, è la Regione che commissiona a un organismo interno (DEP), facente parte del servizio sanitario regionale, un’analisi basata su dati che necessiterebbero essere elaborati da un ente o organismo esterno o, comunque, terzo. Ancora una volta, è il controllore che certifica e promuove il controllato, con il non trascurabile particolare che controllore e controllato sono la stessa fonte, peraltro in un ambito, come quello sanitario, più volte oggetto del malcontento dei cittadini e di criticità piuttosto evidenti che anche Latina Tu ha raccontato.

COSA DICE IL RAPPORTO

Il rapporto di quest’anno mostra come negli anni vi sarebbe stato un netto miglioramento degli esiti di cura nella Regione Lazio sia per quanto riguarda le operazioni tempestive per la frattura del femore sia per l’infarto e per gli interventi per il tumore alla mammella. Diminuirebbero anche i parti cesarei, a meno 7.300, pur essendo ancora al di sopra della media nazionale. Dal rapporto si evincerebbe inoltre che in un tale sistema virtuoso al miglioramento della qualità delle cure è corrisposta la diminuzione del disavanzo del Sistema sanitario regionale ed il miglioramento dei conti. Segnalano inoltre anche un netto miglioramento della speranza di vista per la popolazione regionale e l’assottigliarsi delle diseguaglianze nell’accesso alle cure. Oggi ad esempio, spiegano, nel Lazio per un infarto trattato entro i 90 minuti dal ricovero non esistono più differenze di trattamento in base al livello di istruzione.

S.M.GorettiA Latina nel 2018, per il rapporto Prevale, oltre il 76% dell’attività è valutata di buona e media qualità. Con particolare riferimento all’attività delle gravidanze e parti, chirurgia generale, oncologica, il cardiocircolatorio e respiratorio.

Vediamo nello specifico cosa dice il rapporto in riferimento alle varie operazioni e patologie.

FRATTURA FEMORE: 8.650 PAZIENTI IN PIÙ OPERATI TEMPESTIVAMENTE

Nel periodo tra il 2012 e il 2018 la proporzione di interventi per fratture del collo del femore in pazienti di età maggiore di 65 anni, eseguiti entro 2 giorni dall’accesso nella struttura di ricovero, è progressivamente aumentata, passando dal 31% al 58%, risultato in linea con il dato nazionale; tale variazione si traduce in circa 1.650 interventi in più rispetto al 2012, eseguiti tempestivamente ogni anno negli ultimi 4 anni, per un totale in tutto il periodo 2013-2018 stimato di 8.650 persone in più operate tempestivamente. Questo significa una migliore qualità della vita nelle persone anziane

INFARTO: 800 DECESSI IN MENO IN ULTIMI 5 ANNI, RIDOTTA MORTALITÀ 30%

Nel 2018 si osservano circa 10.000 ricoveri per infarto acuto del miocardio; la mortalità a 30 giorni dal ricovero è passata dal 10% nel 2012 al 7% nel 2018, in ulteriore lieve diminuzione rispetto al 2017 (8%) e inferiore alla media nazionale; si osservano circa 180 decessi per infarto in meno ogni anno negli ultimi 4 anni rispetto al 2012 per un totale di circa 800 decessi in meno in tutto il periodo 2013-2018.

infarto-fulminanteLa proporzione di angioplastica eseguita entro 90 minuti dal ricovero, intervento salvavita nel caso di infarto acuto STEMI, è aumentata a partire dal 2012, passando dal 30% al 56% del 2018, in ulteriore aumento rispetto al 2017 (51%); in termini assoluti nel solo 2018 sono state eseguite circa 750 rivascolarizzazioni tempestive in più rispetto al 2012, per un totale di circa 3.400 nell’intero periodo 2013-2018.

CHIRURGIA: 6.600 PAZIENTI OPERATI CON DEGENZA INFERIORE A 3 GIORNI

La proporzione di colecistectomie laparoscopiche con degenza post-operatoria inferiore a 3 giorni è aumentata progressivamente, passando dal 57% del 2012 all’82% nel 2018, in lieve aumento rispetto al 2017 (81%) e superiore alla media italiana del 2016 (73% PNE ed. 2017); risultano, quindi, circa 1.650 persone con colecistectomia laparoscopica dimesse entro 3 giorni in più rispetto al 2012, per un totale di circa 6.600 nel periodo 2013-2018, quindi una progressiva riduzione importante dei giorni di degenza potenzialmente inappropriati dopo l’intervento. Ridurre la degenza significa ridurre anche il rischio di infezioni ospedaliere.

PARTI CESAREI: 7.300 IN MENO

Il numero totale di parti nel Lazio è in diminuzione, in linea con il trend nazionale, con circa 11.500 parti in meno negli ultimi 6 anni e una riduzione di 1.450 parti nel 2018 (42.967) rispetto al 2017 (44.414).

parto-cesareoNegli ultimi 3 anni, la proporzione di tagli cesarei primari risulta essere stabile intorno al 27%, ma si osserva una riduzione di circa 1.600 parti cesarei primari l’anno in meno rispetto al 2012, negli ultimi 4 anni, per un totale di circa 7.300 tagli cesarei in meno in tutto il periodo 2013-2018. Tale risultato è, però, ancora superiore al dato medio nazionale (25% nel 2016 – PNE ed. 2017).

La diminuzione dei parti cesarei è sicuramente un dato significativo, ma per essere un dato di reale razionalizzazione della spesa sanitaria, e non frutto di tagli lineari, questo valore dovrebbe essere affiancato anche da dati complementari, ossia relativi alla qualità dei parti naturali. Il dato più scientifico per il quale si dovrebbe dimostrare maggiore solerzia nel monitorare e, successivamente, nel comunicare al pubblico dovrebbe essere misurato mediante il numero dei ricorsi in sala parto (anche del Goretti) all’episiotomia, un tempo considerata un aiuto alla donna per agevolare l’espulsione del bambino, ma che oggi l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce una pratica dannosa, tranne in rari casi. L’episiotomia è, a tutti gli effetti, un intervento chirurgico che consiste nel taglio della vagina e del perineo per allargare il canale del parto nella fase espulsiva. Rispetto alle lacerazioni naturali che spesso si verificano durante il parto, tale operazione necessita di tempi più lunghi per il recupero, con rischi anche di infezioni ed emorragie, come riporta un articolo pubblicato il 21 settembre 2017 sul sito dell’Ordine dei Medici di Latina.

TUMORE ALLA MAMMELLA: IL 73% NELLE BREAST UNIT E INTERVENTI SUPERIORI A DATO NAZIONALE

Il Lazio è stata la prima regione, nel 2015, ad adottare le linee guida sulle Breast Unit prodotte dal Ministero della Salute. Uno dei requisiti della Breast Unit è il volume di interventi chirurgici, che deve essere superiore ai 150 l’anno. La proporzione di interventi chirurgici per tumore della mammella effettuata nei centri identificati come Breast Unit è passata dal 63% nel 2012 al 73% nel 2018; anche la proporzione di interventi effettuati in strutture con alto volume di attività (>150 interventi per un anno) è aumentata progressivamente dal 2012 (69%) e raggiunge l’84% nel 2018. La proporzione di intervento ricostruttivo della mammella simultaneo all’intervento di asportazione del tumore è passata dal 48% del 2015 al 56% del 2018, superiore alla media nazionale del 2016 (48% – PNE ed. 2017) e si è ridotta la proporzione di reinterventi a 120 giorni, che è passata dal 10% nel 2012 al 6% nel 2018, inferiore alla media nazionale del 2016 (8% – PNE ed. 2017).

Insomma, a sentire la Regione che analizza se stessa e si auto-promuove, parrebbe di vivere in un Eden sanitario. Ma è proprio vero?

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