LA GUERRA DEI TAMPONI NEL LAZIO: ALTAMEDICA VINCE AL TAR, LA REGIONE: “ESAMI PRIVATI, SOLDI BUTTATI”

Tampone col metodo Drive Through
Tampone col metodo Drive Through

Il Tar dà via libera al centro privato romano Altamedica e la Regione non ci sta. L’assessore alla Sanità D’Amato: “Diffidate da tamponi a pagamento non validati, rivolgersi presso servizio sanitario regionale”

partire da oggi mercoledì 17 giugno, Altamedica ha iniziato a fare i test molecolari, più comunemente conosciuti come tamponi, che si faranno in tutti i centri affiliati.
A deciderlo il Tribunale amministrativo Lazio che ha accolto il ricorso, come specificato da Altamedica, “presentato contro la Regione Lazio per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, dei provvedimenti che limitano per le strutture sanitarie private lo svolgimento dei tamponi nasofaringei e orofaringei per la diagnosi del virus SARS-CoV-2″.

Nel bilanciamento degli interessi coinvolti – ha scritto il Tar – l’interesse pubblico prevalente è quello di eseguire quanti più esami possibile, specie se questi vengono fatti senza oneri per le finanze pubbliche e senza limitare l’accesso ai reagenti per le strutture del Servizio sanitario, con l’effetto di consentire l’immediato avvio delle operazioni diagnostiche per la ricerca del virus SARS CoV-2 mediante esami molecolari su tutte le matrici biologiche“.

Una decisione molto importante per la giustizia e per la salute dei nostri concittadini – dichiara al Corsera Claudio Giorlandino, ginecologo, direttore scientifico del Gruppo Sanitario Altamedica e direttore generale dell’Italian College of Fetal Maternal Medicine – Finora fare i tamponi privatamente era impossibile in base a una circolare del Comitato tecnico-scientifico nazionale; questi test dovevano essere lasciati alle strutture pubbliche che avrebbero saputo come e dove praticarli, sulla base del fatto che le disponibilità delle industrie produttrici fosse limitata. Una decisione erronea e priva di fondamento perché i laboratori di Biologia molecolare di alto livello, come l’Altamedica di Roma, riescono a produrli da soli, validandoli».

Eravamo e siamo in guerra contro la infezione – prosegue Giorlandino – non contro i centri privati. Si sarebbe dovuto dare ordine ai Prefetti di precettare tutti i centri che erano in grado di eseguire il test fin dal primo momento, magari senza guadagno. Soprattutto nelle zone ad alto rischio. Quante vite si sarebbero salvare facendo tamponi a tappeto? Bastava fare i tamponi a tutti, tenere in quarantena solo i positivi e non sarebbe stato necessario neanche creare le “zone rosse” e chiudere tutto né cremare tanti cadaveri!».

Il Tar del Lazio ha riconosciuto che l’interesse pubblico prevalente sia quello di eseguire quanti più esami possibile – conclude – consentendo inoltre l’immediato avvio, privatamente e senza oneri per il Servizio sanitario regionale, delle operazioni diagnostiche per la ricerca del virus SARS CoV-2 mediante esami molecolari su tutte le matrici biologiche. Quindi non si parla solo di tampone nasofaringeo, dove sappiamo che il virus viene trovato una volta su tre, ma anche di espettorato che è quello che noi privilegeremo, dove si trova sette volte su dieci, e di tampone rettale. Come tutte le Sars questo virus è oro fecale quindi entra dalla bocca, rimane nell’apparto respiratorio e poi viene eliminato nelle feci, dove anche a 20 giorni di distanza è ancora attivo come anche da noi riscontrato e pubblicato in letteratura internazionale“.

In seguito alla sentenza del Tar, oggi arriva la nota diffusa da Regione Lazio che, tramite l’Assessore alla Sanità Alessio D’Amato, risponde in relazione alla pronuncia del Tribunale. Quello che ne è esce fuori ha tutti i tratti di uno scontro frontale, e per certi versi inopportuno, tra il massimo organo politico del Lazio e un privato.

In relazione ad una recente sentenza del Tar del Lazio posso annunciare che ci costituiremo in Consiglio di Stato. La gestione delle epidemie non è un meccanismo per togliere soldi dalle tasche dei cittadini e ricordo che eventuali tamponi fatti al di fuori dei laboratori validati dallo Spallanzani e inseriti nella rete regionale, come da indicazioni del Ministero della Salute, non hanno finalità di sanità pubblica. Pertanto il rischio concreto per i cittadini è di pagare per un test non riconosciuto e non validato. La rete costruita nel Lazio dei drive-in prevede l’esecuzione tempestiva e gratuita dei tamponi su prescrizione medica in caso di sospetto o nel caso di positività alla sieroprevalenza e questo ha consentito finora di individuare 160 casi asintomatici. I tamponi in questo circuito sono gratuiti e validati”.

È inutile – conclude D’Amato – buttare soldi in esami privati che non hanno la validazione dallo Spallanzani e rischiano di creare dei falsi negativi o dei falsi positivi. Il controllo del virus è un tema di sanità pubblica e non è un tema di business. Non è una questione ideologica, poiché abbiamo chiesto la collaborazione delle strutture private nella gestione dei test di sieroprevalenza. Ma il test molecolare, come diagnosi, che ha conseguenze immediate di sanità pubblica per quanto riguarda le notifiche, gli isolamenti, i tracciamenti e le eventuali interdizioni o zone rosse, devono essere eseguiti gratuitamente presso le strutture riconosciute. Il rischio che intravedo per i cittadini è pagare per un test non validato e senza alcuna finalità di sanità pubblica. Se c’è una cosa che ci deve insegnare questa epidemia è il ruolo essenziale ed insostituibile della sanità pubblica e della sua rete territoriale”.

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