Latina, i Carabinieri della Compagnia indagano per la presenza di un ordigno esplosivo ritrovato in Corso Matteotti
Della bomba ritrovata ieri, 5 maggio, a Latina, di fronte all’autofficina Dalla Libera, al civico 58 del centralissimo Corso Matteotti, non si fa altro che parlare nel capoluogo di provincia. La “bomba” è nella bocca di tutti perché un fatto così eclatante – se si eccettuano alcuni omicidi e l’ordigno che fece fuori Ferdinando Di Silvio detto Il Bello sul litorale del capoluogo nel 2003 – non era ancora accaduto. Un apice di una escalation che agita la paura, per un ritorno all’ordine anche nella criminalità latinense dopo gli anni in cui la speranza dell’antimafia e della collaborazione con lo Stato di alcuni soggetti criminali aveva riempito le aspettative dei cittadini.
Un ordigno lasciato sul marciapiede di una via centrale della città, all’interno della cosiddetta movida e a due passi dalla Questura di Latina e da Piazza del Popolo, sede del Comune di Latina. Lo scorso 7 marzo, ad Aprilia, città commissariata per mafia, era stata rinvenuta un’altra bomba: un pacco con 500 grammi di polvere nera. Due fatti diversi, sicuramente, ma affini sia per il contenuto che per la forma: potenzialmente mortali entrambi e similmente messaggi intimidatori nei confronti di qualcuno che ha recepito e si è chiuso nel suo silenzio.
Ieri, i Carabinieri della Sezione Radiomobile della Compagnia di Latina e di diversi reparti dipendenti dal Comando Provinciale, su richiesta pervenuta al 112, sono intervenuti in Corso Matteotti dove era stato segnalata la presenza dell’ordigno esplosivo, posizionato sul marciapiede. L’ordigno, posto sotto una scatola di cartone dopo il suo ritrovamento, era posizionato di fronte all’officina che si trova al civico 58; ai lati si trovano un ristorante e un studio di commercialisti. È stato proprio un dipendente dell’officina che, andando a lavorare, ha visto la presenza di un pacco sospetto e ha allertato il numero d’emergenza.
Sul posto, i Carabinieri, all’esito di una preliminare valutazione condotta nell’immediatezza, hanno prontamente posto in sicurezza l’area, delimitandola e facendo allontanare tutte le persone presenti nella zona di interesse, al fine di tutelare la loro incolumità, richiedendo, nel contempo, l’intervento di personale del Nucleo Artificieri Antisabotaggio del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Roma.
Giunto sul posto, il personale specializzato ha avviato le previste procedure di messa in sicurezza dell’ordigno rinvenuto, per poi trasportarlo in zona Foce Verde di Latina, dove sono state condotte le operazioni di brillamento. È da qui che sono state avviate le indagini da militari della Compagnia Carabinieri di Latina, agli ordini del tenente Nicola Pantano e con il coordinamento della Procura di Latina, al fine di ricostruire l’accaduto.
Gli artificieri, dopo aver scannerizzato l’oggetto, non hanno avuto dubbi: si tratta di una bomba vera, di origine militare, proveniente dalla ex Jugoslavia. Sin dalla mattina, una volta appurata la situazione, i commercianti sono stati fatti uscire dai rispettivi negozi. Tutto è stato messo in sicurezza, solo lo choc è rimasto intatto perché, al netto delle indagini, c’è una certezza: si è trattato di un messaggio intimidatorio.
Non è possibile sottacere il fatto che, il 15 marzo 2019, ben sei anni fa, Andrea Dalla Libera, attuale rappresentante legale dell’autofficina in Corso Matteotti, fu arrestato dalla Polizia di Stato per fatti di droga.
L’operazione fu conclusa dagli investigatori della quarta sezione della Squadra Mobile di Latina, in collaborazione con gli agenti del commissariato di polizia di Cisterna e con l’ausilio di un’unità cinofila proveniente da Nettuno. Agli arresti finì proprio l’oggi quarantenne Andrea Dalla Libera, liberato poco dopo dal giudice per le indagini preliminari che gli concesso gli obblighi di firma..
Nell’auto e sul luogo di lavoro, i poliziotti non trovarono nulla, mentre all’interno dell’appartamento, anch’esso in Corso Matteotti, fu trovata la droga: 75 grammi di cocaina e altri 30 tra hashish e marijuana. In casa anche bilancini di precisione, sostanza da taglio, materiale per il confezionamento e un blocco notes su cui erano riportati nomi e cifre riferibili a potenziali clienti. Insieme alla droga e al resto del materiale era stata rinvenuta la somma di 975 uro in contanti, considerata provento dell’attività di spaccio.
Un fatto che può non voler dire niente o che potrebbe aprire scenari che rimandano alla pista dello spaccio, da sempre al centro di trame criminali. Tuttavia, Dalla Libera si occupa di auto, come si evince anche dalla sua pagina Facebook dove esibisce legittimamente il suo lavoro, fatto anche di commercializzazione di auto d’epoca. Un episodio datato anni prima non può costituire di certo una prova di oggi.
Ad ogni modo, ciò che è altrettanto certo – sempre che si dia per assodato che il messaggio della bomba sia indirizzato all’autofficina o al rappresentante legale stesso – è che l’atto intimidatorio ha colpito nel segno. Non solo ha probabilmente scosso il reale destinatario (che non è Dalla Libera, fino a prova contraria), ma è stato un episodio che ha inquietato una città intera, poco abituata a scenari del genere. Chi ha inviato quel messaggio ha, purtroppo, colto nel segno, riuscendo nell’intento di marcare un territorio, pur rimanendo vigliaccamente nell’ombra. Come se quel segnale dovesse essere roboante e tale è stato.
Non è da escludersi, ad ogni modo, che il fatto non abbia nulla a che vedere con l’autofficina e che sia stato indirizzato ad altra persona o attività. E per i corsi e i ricorsi storici della città, c’è un altro Dalla Libera, di nome Paolo, che è stato invischiato in vicende penali e che è stato recentemente testimone in uno dei processi istruiti nel capoluogo dalla Direzione Distrettuale Antimafia: si tratta del procedimento penale denominato “PuroSangue”, che ha messo alla sbarra quasi tutti i maggiori componenti del clan Ciarelli. Un processo ridimensionato negli esiti della sentenza di primo grado, nonostante condanne pesanti a carico di Pasquale Ciarelli e Roberto Ciarelli, dove ha parlato, come detto, anche Paolo Dalla Libera, soggetto noto con precedenti per droga e truffe.
La casa della madre di Dalla Libera, a Borgo Santa Maria, fu destinataria di un attentato a giugno 2020: raggiunta da alcuni spari. Secondo gli inquirenti, il fatto è riconducibile a Manuel Agresti, denunciato da Dalla Libera insieme a Renato Pugliese, Paolo Peruzzi e Andrea Pradissitto per una estorsione compiuta addirittura nel 2007.
Una ritorsione bella e buona per la Procura, non per Dalla Libera che pur confermando gli spari ha spiegato che non ha mai avuto problemi con Agrresti il quale era sì presente nel momento delle minacce patite 16 anni fa, ma non era aggressivo. Questa è stata la versione di Dalla Libera il quale, tuttavia, dopo essere finito in carcere per questioni di droga, non se la passò molto bene.
“All’inizio, nel carcere di Cassino, mi volevano tutti bene, poi arrivò un biglietto in cui c’era scritto che io ero l’infame che aveva fatto arrestato Pugliese, Pradissitto, Peruzzi e Agresti e da lì iniziò l’inferno”. Dalla Libera fu picchiato dagli altri detenuti che gli sputavano addosso e gli spegnevano le cicche di sigaretta sulle braccia. Mesi di incubo che, però, secondo il testimone, non furono provocati da Agresti, imputato per gli spari a casa della madre. E chi aveva scritto quel biglietto? Mistero. Per la cronaca, Agresti, in ordine a questa minaccia che si sarebbe tramutata in un attentato, è stato assolto.
Anche in questo caso, però, la bomba non c’entra niente apparentemente, sebbene sempre di attentati si parli. Attentati più mirati che rimasero nell’ombra, a differenza di quello del 5 maggio volutamente debordante e appariscente. La storia criminale recente ci dice che i gruppi criminali più violenti e militarmente temuti sono quelli di Aprilia e Fondi. Nella città del nord pontino, vittima di messaggio intimidatorio è stato l’imprenditore del trasporto pubblico Umberto Tesei, poi finito impelagato anche lui nella indagine Assedio: contro la sua azienda una bomba inglese d’antan piazzata sulla recinzione. Un fatto contestato dalla DDA al gruppo del latitante Patrizio Forniti.
A Fondi, invece, la stagione di attentati, tra bombe carta e incendi, messa in pratica, secondo l’Antimafia, dal gruppo del secondo latitante eccellente della provincia, Massimiliano Del Vecchio, è iniziata con la primavera del 2021 ed è culminata, ad oggi, con l’incendio appiccato alla villa del neo collaboratore di giustizia Johnny Lauretti.
A Latina, la storia appare più complicata. E certo, come evidenzia l’indagine “Encrochat” (che ha disposto gli arresti per il gruppo di Fondi capeggiato dal suddetto Del Vecchio), che alcuni soggetti molto noti nella malavita latinense (su tutti Roberto Ciarelli e Alessandro Artusa), erano finiti come alleati o, più precisamente, sottoposti di Massimiliano Del Vecchio e del suo gruppo. Ecco, quest’ultimo messaggio “bombarolo”, che non si sa bene a chi sia indirizzato, pare possa essere proprio di tale lettura: eseguito da qualche solito noto, sul nuovo indirizzo di personaggi venuti da fuori.