Sequestro a carico del Michel Rukundo, figlio della fondatrice della coop Karibu: la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso
Oggetto del sequestro da 13.368,42 euro lo scorso anno nell’ambito dell’inchiesta di Procura, Polizia e Guardia di Finanza che ha portato all’emergere delle fatture false delle coop nell’universo Karibu, il figlio della fondatrice, Michel Rukundo, è ricorso fino in Cassazione, nonostante il Riesame avesse confermato l’impianto accusatorio.
E dalla sentenza della Cassazione che ha ritenuto inammissibile il ricorso si confermano i particolari di una vicenda per cui la Procura di Latina ha già chiuso l’inchiesta.
Con ordinanza del 24 gennaio 2023, il Tribunale di Latina, in sede di riesame, ha confermato il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente disposto nei confronti di Rukundo Michel, indagato in qualità di componente del Consiglio di Amministrazione della società cooperativa integrata sociale Karibu, esercente l’attività di accoglienza di cittadini provenienti da Paesi terzi richiedenti asilo e rifugiati politici.
Avverso l’ordinanza l’indagato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, lamentando, con un unico motivo di doglianza, la violazione della legge processuale e il difetto assoluto di motivazione.
Lapidaria la ricostruzione della Cassazione rispetto alle due società satellite della Karibu: Jambo e Consorzio Aid.
Per quanto riguarda la Jambo Africa, stando ai dati trasmessi dalla stessa Karibu, risulta che la stessa ha svolto prestazioni reali a favore della prima per soli 8.000,00 euro; la Jambo ha la propria sede legale allo stesso indirizzo della Karibu e utilizza lo stesso dominio web; dal libro giornale e dal mastrino fornitori, emerge che, per tutti gli importi – ad eccezione di quello di 8.000,00 euro – avviene prima il pagamento a cadenza mensile e solo a fine anno si procede alla registrazione in contabilità; tutte le fatture indicano in maniera assolutamente generica le prestazioni.
La Jambo non risulta avere utenze intestate, né locali o beni in affitto o comodato, mentre effettua solo acquisti di modico importo; l’unica risorsa palese è il personale, di per sé del tutto insufficiente a garantire autonoma esecuzione delle prestazioni, in mancanza dei necessari beni strumentali; dal 2015 la Karibu è formalmente depositaria delle scritture contabili della Jambo, ma manca qualsivoglia documentazione contabile della stessa. Dalle sommarie informazioni testimoniali rese da tre dipendenti risulta che queste hanno svolto la propria prestazione lavorativa per la Karibu e non sanno nulla della Janbo; per il periodo di imposta 2019, dalla banca dati INPS risulta che la Jambo non ha avuto alcun dipendente; dall’Anagrafe Tributaria non risulta che la Jambo abbia presentato alcun modulo 770 per tale anno di imposta; la Jambo nel 2019 risulta aver ricevuto dalla Karibu bonifici su un proprio conto corrente, utilizzati per disporre bonifici – anche verso l’estero – a diversi soggetti, tra i quali Mutangana Richard (figlio di Mukamitsindo) e Giglioli Valeria, all’epoca coniuge del Mutangana; il legale rappresentante della Jambo risulta da tempo irreperibile; la società non è più operativa dal 2017 ed è formalmente chiusa dal 28/02/2019.
Per quel che concerne il Consorzio AID, il Tribunale di Latina ha rilevato che le prestazioni devono ritenersi inesistenti, in quanto: non vi è traccia di documentazione a supporto di quanto indicato nelle fatture con la dicitura “servizio di supporto amministrativo e progettazione”, peraltro assolutamente generica; colui che le avrebbe rese (un dipendente del Consorzio AID) ha smentito di essersi occupato di elaborare progetti per conto della Karibu, precisando che neppure l’ufficio di cui fa parte si è mai occupato di tali progetti e che, in ogni caso, la parcella per bandi dal valore di un milione di euro può attestarsi tra i 500,00 ed i 2.500,00 euro e, dunque, su importi di gran lunga inferiori a quelli registrati nella contabilità della Karibu; sono emerse anomalie relative alla fattura n. 3 del 01/02/2018, in quanto sono state emesse due fatture, una dell’importo complessivo di 5.400,00 euro, annotata nella contabilità della sola AID, l’altra, dell’importo di 11.800,00 euro, annotata nella sola contabilità della Karibu, entrambe aventi lo stesso oggetto; se ne deduce una sovrafatturazione pari a 6.095,24 euro, quale differenza tra gli importi. Il Tribunale ha adeguatamente spiegato che sussistono adeguati indizi della sovrafatturazione posta in essere dal ricorrente, ribadendo che sussiste anche nelle ipotesi di inesistenza relativa (ovvero quando l’operazione vi è stata, ma per quantitativi inferiori a quelli indicati in fattura) e di sovrafatturazione “qualitativa” (ovvero quando la fattura attesti la concessione di beni e/o servizi aventi prezzo maggiore di quelli forniti), in quanto oggetto della responsabilità penale è ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale.