ITRI E ARCIDIOCESI DI GAETA PIANGONO LA SCOMPARSA DI FRANCO LORELLO

/

Scritto e a cura di Orazio Ruggieri

Ogni epoca ci consegna l’immagine e l’eco dell’impegno dei suoi eroi, modellandoli sui profili ottimali che, momento storico per momento storico, caratterizzano, secondo la positività di chi è vissuto in quei periodi, la figura ideale per la mentalità del tempo. E così, dopo Prometeo, con il suo rito del fuoco, che segna l’immagine più “gettonata” dall’umanità agli albori della civiltà, lo spartano Leonida alle Termopili, Muzio Scevola in epoca romana, la Pucelle d’Orléans nel 1400, e, via via, tanti altri che, nell’epos di un tempo grandeggiavano per valore pugnante.

A loro sono poi seguiti, compiendo un volo temporale di diversi secoli, per giungere fino a noi, gli eroi diventati grandi, grazie a Dio, per aver saputo coniugare la loro umanità con la massima disponibilità verso gli altri e al servizio della pace. Ed ecco, allora Gandhi, Salvo d’Acquisto, Giovanni XIII, Madre Tersa di Calcutta e altri ancora che hanno segnato, in positivo, il cammino dell’umanità, nei tempi in cui hanno lasciato la loro testimonianza su questa nostra Terra.

Franco, Franco Lorello, è stato, per noi che osiamo timidamente ricordarne la portata della sua immensa figura, un eroe moderno, uno di quegli eroi che non eccellono, come Achille, nel compiere stragi di nemici, ma che, mattone dopo mattone, in un’epoca pur tanto difficile per la convivenza e il rispetto degli altri e delle idee degli altri, concorrono a non far morire le speranze di un mondo migliore anche se quotidianamente attaccato dalla ruggine dell’intolleranza e dell’ingiustizia. Franco è stato un grande in tutti i momenti della sua laboriosissima esistenza.

Figlio modello, fratello esemplare, collega di scuola e di lavoro di tanti che per lui erano veri amici, marito di una iconica familiare sublime sempre più rara, padre completo per la formazione e la crescita di due figlie positivamente conclamate nella loro crescente maturità esistenziale. Itri, e non solo, lo ricorda nella sua eterna e luminosa disponibilità. Disponibilità a scuola, che l’ha visto istruttore e apprezzato cuoco presso l’Istituto professionale Alberghiero “Celletti” di Formia, cuoco, a tempo libero, richiesto e prezioso per eventi  che vanno dal privato ai momenti istituzionalmente conviviali che si tengono presso le Prefetture o i summit Quirinalizi, collaboratore, a titolo completamente gratuito, nelle campagna a sostegno degli amici impegnati nella raccolta del frutto stagionale o nei lavori agresti che lo vedevano instancabile e competente.

E poi quel suo vivere il “Verbum”  evangelico con la coerenza di chi, sull’esempio del compianto parroco, don Mario Mancini, in odore di beatificazione e ritratto nella foto con Franco, rifuggendo le vanesie passerelle mediatiche, si rifugiava nell’eremo silenzio delle chiese per tenerle adeguatamente presentabili in quanto Tempio del Signore. Pulizia del pavimento, delle pareti, delle icone e delle statue che adornano le collegiate dove Franco era impegnato. Quella puntuale e sempre presente partecipazione, alzandosi prima delle cinque del mattino, alla pastorale per l’Immacolata e per il santo Natale nella chiesa di Maranola, con le zampogne a far rivivere, con toccante emozione, il tripudio della Natività: tutti momenti che accompagnano l’impegno “intra moenia” dell’organizzazione delle feste in paese, dalla chiesa madre parrocchiale di san Michele Arcangelo, a quella rionale del cosiddetto “quartiere indigeno” della Madonna delle Grazie, con la distribuzione, sempre gratuita, ai fedeli, del pane benedetto in occasione delle varie feste dette “minori” rispetto alla festa patronale alla cui perfetta riuscita Franco concorreva con l’impegno che non lo faceva rifuggire da nulla salvo che dalla voglia di mettersi in mostra nello scenario mediatico di chi sta più vicino alla nera Madonna protettrice di Itri e della diocesi.

Né si può sottacere quella vocazione a veder sorridere gli infermi che Franco visitava con frequenza quasi giornaliera, somministrando loro, da buon” ministrante”, come recita il nuovo protocollo postconciliare, la sacra Eucaristia. Potremmo proseguire nel ricordarne tante altre qualità. Lo salutiamo, nella presenza imperitura al nostro fianco, finché non andremo Lassù a raggiungerlo, con quel sorriso che ne ha fatto un segno ineludibile della sua maestosa personalità, da lui raggiunta, senza averla mai inseguita, vivendo nella più francescana umiltà.

Articolo precedente

FORMIA: I BAMBINI UCRAINI ALLA FESTA IN VILLA COMUNALE

Articolo successivo

ELEZIONI LATINA: VINCE COLETTA, ZACCHEO SOTTO IL 50%

Ultime da Cronaca