INCHIESTA SPERLONGA: “L’AMBIGUA SCELTA DEL SILENZIO”

Nicola Reale
Nicola Reale, ex consigliere di minoranza al Comune di Sperlonga

Inchiesta Sperlonga, l’ex consigliere comunale Nicola Reale commenta la scelta degli indagati di rimanere in silenzio nell’ambito degli interrogatori preventivi

“In questi ultimi giorni la stampa locale ha ripetutamente dedicato attenzione all’inchiesta della Procura di Latina che ha coinvolto, tra gli altri, alcuni dipendenti, dirigenti e sindaco del Comune di Sperlonga, accusati di molteplici reati, tra i quali, il più grave, quello di corruzione.

Chiamati davanti al Giudice delle indagini preliminari (GIP), per essere interrogati, tutti gli indagati hanno dichiarato di avvalersi della facoltà di non rispondere. Tutti tranne uno: il vigile urbano Di Lelio, il quale, oltre a rispondere ad ogni domanda del Giudice, ha presentato una corposa documentazione in sua difesa. Ci sono giunte all’orecchio (oltre che su Whatsapp) commenti e domande di cittadini che esprimevano meraviglia e dubbi in merito alla decisione di chi ha preferito la scelta del silenzio. Riteniamo opportuno, quindi, spendere qualche parola sul principio costituzionalmente riconosciuto secondo il quale qualunque accusato ha il diritto di astenersi dal rispondere alle domande di un giudice. Precisiamo altresì che queste nostre considerazioni riguardano il principio generale e prescindono totalmente dalla vicenda che riguarda il Comune di Sperlonga, sulla quale, per ora, non intendiamo minimamente entrare.

La scelta di avvalersi della facoltà di non rispondere è una decisione strategica delicata e dibattuta. Essa è principalmente finalizzata ad impedire che l’indagato possa involontariamente auto-incriminarsi fornendo dichiarazioni affrettare, confuse o contraddittorie, che potrebbero essere usate contro di lui nelle fasi successive del processo. L’avvocato difensore, inoltre, potrebbe non avere avuto ancora il tempo per esaminare tutti gli atti del fascicolo e predisporre una linea difensiva convincente.

Tuttavia non pochi giuristi ritengono che non sottoporsi all’interrogatorio impedisce all’indagato di fornire immediatamente la propria versione dei fatti ed eventuali contro-prove o chiarimenti e quindi disinnescare le ragioni per le quali il Gip potrebbe autorizzare le misure cautelari.

In sostanza, benché il silenzio sia un diritto costituzionalmente garantito, può essere percepito dal GIP ( o anche nelle fasi successive del processo) come un indizio di mancanza di una valida difesa o addirittura come prova di colpevolezza. Alcuni giuristi sostengono che nel bilanciamento tra il diritto di difesa e l’interesse della giustizia, l’indagato dovrebbe sempre cercare di partecipare attivamente al procedimento giudiziario.

Vi è infine una corrente di pensiero secondo la quale la scelta del silenzio porrebbe mettere l’indagato in una posizione di debolezza anche morale davanti agli occhi dell’opinione pubblica. Soprattutto se la scelta del silenzio viene fatta da persone note o potenti, viene vista come una tattica difensiva volta a nascondere la verità o a guadagnare tempo, magari puntando alla prescrizione dei reati. E infine c’è l’opinione della gente comune, che, in parole povere, viene espressa così: ”se non hai nulla da nascondere, non hai bisogno di rifugiarti nel silenzio”. In tal senso la scelta del silenzio viene vista come un tentativo di eludere le proprie responsabilità o come una carenza di elementi a propria difesa”.

Così, in un intervento sui social, l’ex consigliere comunale di Sperlonga, Nicola Reale.

Leggi anche:
INCHIESTA SPERLONGA, LE RICHIESTA DI MISURE CAUTELARI PRESENTATE A MAGGIO 2024. ECCO COSA OBIETTANO LE DIFESE

Articolo precedente

DIPENDENZE, LA REGIONE AVRÀ UNA GIORNATA DEDICATA: IL 6 MAGGIO

Articolo successivo

LATINA, RAGAZZINO CADE TRA I RIFIUTI E SI FERISCE AL POLSO

Ultime da Politica