INCHIESTA NOLEGGIO OMBRELLONI: INDAGATO IL VICESINDACO DI SABAUDIA (FORZA ITALIA)

Giovanni Secci
Giovanni Secci

Ancora indagini che coinvolgono il lungomare di Sabaudia e gli affari dei chioschi con il noleggio ombrelloni e sdraio

A finire indagato, stavolta, è vice sindaco di Forza Italia, Giovanni Secci. Secondo quanto riporta il quotidiano La Repubblica, il numero due del Sindaco Alberto Mosca, sarebbe indagato in una inchiesta condotta dalla Procura di Latina che coordina le attività dei Carabinieri forestali del Nipaaf di Latina. Le ipotesi di reato sarebbero quelle di omissioni d’atti d’ufficio e e violazioni di natura ambientale.

Secci, in qualità di geometra e tecnico, avrebbe presentato una Scia per conto dell’imprenditore Carlo Scavazza, proprietario del lotto di duna dove sorge il chiosco “Maui” che si occupa anche di noleggio ombrelloni e sdraio. Secondo quanto scrive il quotidiano romano, Scavazza avrebbe provato a ottenere, raggiungendo l’obiettivo, il noleggio – businness molto ambito sul litorale pontino da Latina fino al sud pontino – servendosi di una Scia presentata in Comune dallo stesso vicesindaco, in questo caso nominato procuratore speciale della società Alinnia, che gestisce il chiosco “Maui”.

La Scia è stata presentata lo scorso anno, ossia quando Secci era già vice sindaco e il Comune di Sabaudia non avrebbe mosso un dito, ragion per cui ad essere indagata, oltreché a Secci e Scavazza, ci sarebbe anche la dirigente delle attività produttive, Concetta Pennavaria. La stessa Scia sarebbe stata presentata quest’anno sempre a firma di Giovanni Secci.

Peraltro, secondo La Repubblica, ad essere indagati ci sarebbe anche Leonardo Corni, come titolare della società che gestisce il chiosco “Elysium”, in merito a non precisati affari con il medesimo Scavazza. Leonardi Corni non è certo un nome nuovo alle cronache giudiziarie. Lo scorso marzo, è stato raggiunto da un provvedimento di sorveglianza speciale chiesto e ottenuto dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina.

Lo scorso ottobre, l’allora giudice per l’udienza preliminare Mario La Rosa ha deciso per il rinvio a giudizio di Corni, coinvolto insieme ad altre sette persone in una indagine per spaccio di sostanze stupefacenti. Il processo è iniziato lo scorso 14 febbraio. Oltreché all’imprenditore di Sabaudia, Leonardo Corni (nel frattempo raggiunto da un provvedimento giudiziario di divieto di dimora nella provincia di Latina), sono stati rinviati a giudizio l’agente di Polizia presso il Ministero dell’Interno, Marco Veglianti, Ben Salah Samir, Ala Eddine Ben Achour, Ettore Basile, Daniele Fedeli, Gianluca Silvestri e Veronica Mastracci.

Leonardo Corni, infatti, proprio in qualità di imprenditore con la società Rapida, è a processo anche per il pesticida pericoloso utilizzato nelle scuole di Sabaudia. Corni è stato rinviato a giudizio per il reato di delitto colposo contro l’ambiente, in quanto la sua ditta fece la disinfezione negli 11 plessi scolastici di Sabaudia del Cencelli e del Giulio Cesare a settembre del 2019. Molti giorni dopo, grazie ai rilevamenti dell’Arpa, sarebbero state trovate tracce del pesticida organofosfato del Clorpifiros metile (CPS), notoriamente utilizzato in agricoltura contro vermi e parassiti.

Corni, il proprietario della ditta, risultava indagato anche perché non avrebbe permesso ai Carabinieri Nas di entrare nei locali della società per effettuare le verifiche del caso. Un’accusa per la quale l’imprenditore di Sabaudia è stato sollevato. In seguito alla disinfezione delle scuole, l’allora Sindaco Giada Gervasi, oggi a processo nell’ambito del processo “Dune e indagata nel secondo filone d’indagine della medesima inchiesta, fu costretta a chiudere i plessi.

Peraltro lo stesso Carlo Scavazza è lo zio dell’imprenditore e fratello dell’uomo da cui partirono le denunce che portarono agli arresti dell’ex sindaco Gervasi con la succitata inchiesta “Dune”.

Come noto, Il 24 giugno 2019, fu scoperto il tentativo di intimidazione da parte di qualcuno che aveva posizionato tre taniche di gasolio davanti alla sede della direzione degli uffici dell’Ente, a Sabaudia. Inoltre fu rovesciato il combustibile (quasi centro litri di gasolio) facendolo penetrare all’interno dei locali e utilizzando anche della plastica, in modo da incendiare una vicina centrale termica. Un tentativo di esplosione andato, fortunatamente, a vuoto.

Tre mesi dopo, a settembre 2019, Giovanni Scavazza fu arrestato dai Carabinieri del Comando Provinciale di Latina dopo che l’uomo si era recato in Procura per confessare di essere l’autore materiale.  A giugno 2020, giudicato col rito abbreviato, il pm Andrea D’Angeli chiese 4 anni ma il giudice dell’udienza preliminare condannò Scavazza a tre anni. Al momento pende in Appello il ricorso dell’uomo. Scavazza era motivato da forte risentimento nei confronti del Luogotenente Alessandro Rossi, allora comandante dei Carabinieri Forestali di Sabaudia (finito indagato anche lui nell’indagine “Dune”), per l’attività ispettiva espletata nei confronti del noleggio ombrelloni condotto su quel lungomare dal figlio di Carlo Scavazzo, Nicolò, il quale gestiva il chiosco “Bounty”, poi divenuto “Maui” una volta passato allo zio Carlo Scavazza.

Secondo Giovanni Scavazza, il suo gesto era stato architettato per protestare contro i soggetti istituzionali che avrebbero dovuto controllare gli stabilimenti balneari e che, invece, si erano accaniti contro il figlio, omettendo sanzioni e vigilanza nei confronti degli altri. 

Ad ogni modo, tornando all’inchiesta attuale che coinvolge Secci, gli approfondimenti investigativi sarebbero partite dalle richieste d’accesso agli atti dell’opposizione che voleva vederci chiaro sulle Scia presentate per ottenere l’agognato noleggio ombrelloni e sdraio. Opposizione che, già ad agosto 2022, aveva messo nel mirino Secci, essendo citato a più riprese nell’inchiesta “Dune”.

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