IL GENERALE COMPROMESSO. A GAETA È POLEMICA, REALE: “ERA NELLA LISTA DEI CRIMINALI DI GUERRA”

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Il Generale dei Carabinieri Taddeo Orlando
Il Generale dei Carabinieri Taddeo Orlando

Fa discutere a Gaeta la presentazione di un’istanza al Comune per l’intitolazione di una via al controverso Generale Taddeo Orlando

La foto di copertina di un testo di Aldo Lisetti
La foto di copertina di un testo di Aldo Lisetti

Tutto è cominciato ad inizio del mese di febbraio quando il Generale di Corpo d’Armata dell’Arma dei Carabinieri, nonché, come riportato da alcuni media locali, storico e scrittore di successo, Aldo Lisetti, ha consegnato all’Ufficio protocollo del Comune di Gaeta una lettera di richiesta personale per intitolare una via al Generale di Corpo d’Armata delle Trasmissioni e Genio Taddeo Orlando, nato a Gaeta il 23 giugno 1885 e morto a Roma il 1° settembre 1950.

Lisetti, nel corso degli anni, ha dedicato al Generale Orlando due libri biografici che ha allegato alla richiesta spedita a Comune e Prefettura di Latina: “Taddeo Orlando, Ministro della Guerra e Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Reali”, con prefazione del Ministro della Difesa e presentazione annessa del Sindaco Cosmo Mitrano, e “Lo Stratega di Gaeta nella Storia d’Italia”.
Per il militare e storico Lisetti, il Generale Orlando merita una via a Gaeta anche perché ha ricoperto la più alta carica dell’Arma dei Carabinieri nel periodo più importante della Seconda guerra mondiale. E non è un caso che Lisetti abbia protocollato la richiesta pochi giorni prima del Giorno del Ricordo che celebra ogni 10 febbraio l’eccidio stragista delle foibe perpetrato dal Maresciallo Tito nella Jugoslavia del Dopoguerra.
Infatti, successivamente, e in limine col 10 febbraio, anche un Comitato Spontaneo di Cittadini ha consegnato al Comune di Gaeta una petizione sottoscritta da circa settanta personeche hanno giudicato il generale Orlando meritevole di essere ricordato per i suoi alti meriti” e “non per qualche squallida disinformazione e calunnia della quale è stato vittima per strumentalità politica e per disfattismo di gruppi eversivi nel contesto delle pessime relazioni con la Jugoslavia di Tito, che nel dopoguerra fecero di tutto per sviare l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale sulle nefandezze e tragiche crudeltà delle foibe“.

Taddeo Orlando
Taddeo Orlando

Talché il Partito Comunista di Gaeta, con una nota stampa successiva alle richieste di Lisetti e del Comitato, ammoniva sui pericoli di una intitolazione al Generale Orlando, dicendosi sconcertati da quanto stesse avvenendo. “Apprendiamo con sgomento dagli organi di informazione locale che pochi giorni fa è stata consegnata all’Ufficio protocollo del Comune di Gaeta una richiesta formale per l’intitolazione di una via al Generale di Corpo d’Armata delle Trasmissioni e Genio Taddeo Orlando – scrivevano – Occorre precisare che l’Orlando partecipò nel 1941, con mansioni già di Generale, all’invasione e all’occupazione dell’allora Regno di Jugoslavia. Durante quel periodo, in qualità di comandante di divisione, fu corresponsabile di orribili crimini contro la popolazione civile da parte delle truppe di occupazione; tanto che dopo la fine del secondo conflitto mondiale fu proprio la Jugoslavia a presentare formale richiesta di estradizione, al fine di processare il militare. Troviamo che tale richiesta rappresenti un vero e proprio insulto alla storia d’Italia e ai valori costituzionali, uno schiaffo alla città di Gaeta già medaglia d’argento al valore civile. L’intera popolazione subisce da anni ormai quella che possiamo tranquillamente definire una campagna a senso unico, pertanto specifichiamo che non è nostro intento attaccare i cittadini che, sicuramente in buona fede, hanno sottoscritto la petizione del signor Lisetti. Infatti con questa nota intendiamo attirare l’attenzione dell’Amministrazione e della cittadinanza tutta in merito al pericolo di un revanscismo e di un sistematico stravolgimento dei fatti storici. Dal canto nostro saremo sempre in prima linea per portare avanti le idee di tanti giovani, uomini e donne, che combatterono per un’Italia equa e giusta, battendosi anche a costo della vita contro il nazismo e i fascisti come il Gen. Orlando“.

Nicola Reale
Nicola Reale, ex consigliere di minoranza al Comune di Sperlonga

Non solo i comunisti gaetani. Infatti, ieri, l’ex consigliere comunale di Sperlonga, attualmente portavoce del Movimento Civico “Partecipazione Attiva”, Nicola Reale, ha inviato una lettera al Prefetto di Latina Maria Rosa Trio e al Sindaco di Gaeta Cosmo Mitrano per invitarli a non prendere in considerazione la richiesta di Lisetti e del Comitato spontaneo. A corredo della lettera, una dettagliata ricostruzione storica, con tanto di note, che descrive la figura di Taddeo Orlando. Lettera e ricostruzione firmate e condivise anche dallo storico 84enne Luigi Cardi, autore di numerosi libri sulla storia locale come, ad esempio, “L’assedio di Gaeta“, e definito da Reale stesso come uomo dalla “cultura enciclopedica, stimato da tutta la cittadinanza“. 

Nella lettera che Reale e Cardi hanno inviato a Prefetto e Sindaco si fa menzione al passato di Orlando e alle “accuse di crimini di guerra rivolte al generale fin dal febbraio 1945” che “sono comprovate da una ricca e inconfutabile documentazione“.
La condotta criminale del generale Orlando – scrivono Cardi e Reale – non si esplicò soltanto negli eccidi di migliaia di partigiani e di civili compiuti in Slovenia nel corso della Seconda Guerra Mondiale, ma ebbe a ripetersi anche sul territorio nazionale allorché diede disposizioni di sparare su un corteo che il 19 ottobre 1944 manifestava, a Palermo per il pane e contro gli abusi del mercato annonario, provocando 28 morti e 155 feriti“.

Taddeo Orlando quando ricopriva la carica di Ministro della Guerra
Taddeo Orlando quando ricopriva la carica di Ministro della Guerra nel 1944

Non solo. Secondo quanto riportato dalla missiva “il generale Orlando rimase saldo nella sua fede fascista anche durante l’adempimento degli alti incarichi che, incredibilmente, gli furono affidati con la nascita del nuovo Stato democratico“. Ecco perché “intitolare una strada al generale Taddeo Orlando” sarebbe “una proposta irricevibile perché gravemente offensiva della storia della Città di Gaeta, medaglia d’argento ai valore civile per le immani distruzioni e sofferenze patite durante l’occupazione nazista del 1943-’44“.

Ma è vieppiù nella relazione allegata che Reale e Cardi si spingono a tinteggiare le gesta di Orlando, e il risultato, in effetti, non è dei più gradevoli. Il generale, infatti, era inserito nella lista dei criminali di guerra italiani, presentata dal governo di Belgrado alla Commissione delle Nazioni Unite di Londra, nel febbraio del 1945. Gli slavi chiedevano la consegna di alcuni militari del regio esercito tra i quali figurava il generale di divisione Taddeo Orlando, con la specifica accusa che i militari comandati da Orlando, che guidava, tra il ’41 e il ’42, la Divisione Granatieri di Sardegna in Slovenia negli anni caldi della circolare Roatta (la cosiddetta 3C, un prontuario di ferocia e sterminio contro la popolazione jugoslava), “avevano ripetutamente proceduto alla immediata fucilazione sul posto di partigiani trovati con le armi, a dare alle fiamme interi villaggi e a deportare la popolazione civile in campi di concentramento italiani“.

Mario Roatta
Mario Roatta, in qualità di comandante dell’esercito italiano nella provincia di Lubiana, il 1º marzo 1942[5] emanò la “Circolare 3C”, che equivale a una dichiarazione di guerra contro la popolazione slovena civile.[6][7] Le disposizioni del generale Mario Roatta erano del tutto simili a quelle impartite dai comandanti tedeschi[8]: rappresaglie, incendi di case e villaggi, esecuzioni sommarie, raccolta e uccisione di ostaggi, internamenti nel Campo di concentramento di Arbe e nel Campo di concentramento di Gonars.
Il 18 marzo 1942 venne nominato comandante della 2ª Armata in Croazia dove ordinò nella guerra partigiana di “…applicare le sue disposizioni senza false pietà”, dando così inizio a una vera e propria azione di terrore contro i civili che davano supporto logistico alle bande partigiane. Applicando la circolare 3C dove si diceva di applicare il criterio della testa per dente, vennero devastati numerosi villaggi.
Il generale Roatta emanò inoltre anche ordini espliciti: “(…) Se necessario, non rifuggire da usare crudeltà. Deve essere una pulizia completa. Abbiamo bisogno di internare tutti gli abitanti e mettere le famiglie italiane al loro posto”[9], ‘'(…) l’internamento può essere esteso… sino allo sgombero di intere regioni, come ad esempio la Slovenia. In questo caso si tratterebbe di trasferire, al completo, masse ragguardevoli di popolazione… e di sostituirle in loco con popolazioni italiane’

Si dirà, “à la guerre comme à la guerre“, ma non è finita qui perché secondo il rapporto Reale-Cardi, che attinge all’archivio storico della Repubblica di Slovenia, il 26 giugno 1942 il tenente dei Carabinieri Giovanni De Filippis, in una delle sue periodiche relazioni, scriveva: “Tutti i fermati sfilano davanti a una commissione di ufficiali della Divisione Granatieri (ndr: quella guidata da Taddeo Orlando) e di confidenti: secondo le indicazioni fornite da questi ultimi, si procede senza altri accertamenti: la parola dei confidenti diventa Vangelo. E così trecentomila abitanti della Slovenia restano in balìa dei confidenti […] interrogano i prigionieri e li torturano flagellandoli, bastonandoli, colpendoli al basso ventre, infliggendo bruciature o esponendo i testicoli alla corrente elettrica (non mancano i casi di stupro su alcune detenute).

E anche Don Pietro Brignoli, cappellano militare del secondo Reggimento Granatieri di Sardegna, il 25 settembre 1942, nel suo diario ribadiva: “Donne, bambini e vecchi, a frotte, o rinvenuti nei boschi o presentatisi spontaneamente alle nostre linee costretti dalla fame e dal maltempo, sono stati intruppati, e avviati (tra pianti e pianti e pianti) ai campi di concentramento“.

Una situazione talmente estrema che la Santa Sede intervenne chiedendo la fine delle condotte criminali in quelle terre.

Anche il Corriere della Sera, nel 2008, pubblicava un articolo nel quale si leggeva: “Come giustificare le modalità dei rastrellamenti di Lubiana ordinati dal generale Taddeo Orlando, che nel dopoguerra avrebbe proseguito normalmente la sua carriera? La capitale della Slovenia fu circondata il 23 febbraio 1942 con reticolati di filo spinato. Dei quarantamila abitanti maschi, ne furono arrestati 2.858. Circa tremila vennero catturati in un secondo rastrellamento. La chiusura dei centri abitati con reticolati venne applicata in altre 35 località. Oltre ai maschi adulti venivano deportati anche vecchi, donne e bambini. La maggior parte finiva nel campo dell’isola di Arbe, oggi Rab, in Croazia, dove morirono in 1.500, soprattutto di stenti“.

Ma che cosa intende il Corsera con il proseguimento della carriera da parte di Taddeo Orlando? È un punto controverso, che da sempre anima il dibattito storico italiano in una resa dei conti infinita che dura dal Dopoguerra. Anche i medesimi Reale e Cardi si soffermano. Sì perché, come ormai documentato per tanti casi da fior di storici, quella classe dirigente del Ventennio, che fosse dell’apparato burocratico o militare o dei più disparati campi, si riverberò anche a guerra finita, dopo il 1945. Molti furono i militari, i grand commis di Stato, i massimi dirigenti delle forze dell’ordine, nonché professori universitari o alti papaveri, che si riciclarono, alla maniera italica, nella nuova Italia repubblicana. Che tanto nuova, forse, non è mai stata. 

Cosmo Mitrano

Non fa difetto Taddeo Orlando che, dopo le “imprese” di Slovenia e Croazia, fu per pochi mesi, da febbraio ’44 a giugno dello stesso anno, Ministro della Guerra. C’è di più, perché il mese successivo fu nominato Generale dell’Arma dei Carabinierieseguendo – scrivono Reale e Cardi – le disposizioni del generale Roatta, che in una circolare così si era espresso: “Qualunque pietà e riguardo nella repressione è un delitto […] Non è ammesso il tiro in aria. Si tira sempre a colpire come in combattimento“.

Un proposito che Orlando applicò alla lettera con la dura repressione di Palermo summenzionata e una moral suasion all’indirizzo degli alti organi del governo Bonomi affinché non fossero puniti coloro che avevano aderito alla Repubblica di Salò.

L’ultimo episodio che segna la fine della carriera di Orlando è ben descritto da Reale e Cardi e restituisce, dove ce ne fosse bisogno, il riflesso stonato di una figura, quella del Generale dei Carabinieri, quantomeno inquietante.

La posizione di Taddeo Orlando al comando dell’Arma cessò il 5 marzo 1945 – scrivono Reale e Cardi – giorno della fuga del generale Mario Roatta dall’ospedale militare Virgilio di Roma, nel corso del processo che lo vedeva imputato per i delitti del Sim (Servizio informazioni militari) fascista, tra cui l’omicidio dei fratelli Rosselli. Orlando, infatti, in qualità di comandante dell’Arma, era il responsabile della sorveglianza dell’imputato e per questo fu rimosso nella riunione del Consiglio dei ministri del 6 marzo“.

Alcide De Gasperi
Alcide De Gasperi

Fu lo stesso De Gasperi a evidenziare il nesso tra la fuga di Roatta, le responsabilità di Taddeo Orlando e il peso che la questione dei crimini di guerra aveva nel processo in corso”, scrive Davide Conti nel suo testo “Gli uomini di Mussolini” edito da Giulio Einaudi Editore. In quella riunione De Gasperi così ebbe a dire di Orlando: “[…] contro di lui ci sono delle accuse simili a quelle di Roatta; in questa situazione egli non può rimanere al comando dell’Arma“.

Taddeo Orlando – concludono Reale e Cardi – dovette lasciare il vertice dell’Arma, ma nonostante il peso delle accuse jugoslave e il caso Roatta, già alla fine del 1946 gli venne assegnato un nuovo e delicato incarico come presidente della commissione di avanzamento per gli ufficiali inferiori nell’esercito. Ruolo che gli permise di proseguire la sua opposizione ad una epurazione nel sistema militare e amministrativo dello Stato che facesse da cesura con il passato fascista. Anzi, si ebbe una “epurazione rovesciata”: molti sinceri democratici furono sostituiti con vecchi personaggi compromessi con il fascismo. Nel caso che qui interessa, fu sollevato dal suo incarico di segretario generale del ministero della Difesa il generale Paolo Supino, di orientamenti repubblicani, per sostituirlo proprio con Taddeo Orlando“.

Una storia evidentemente cruda, ricca di opache sfumature, ma col terribile comun denominatore di tante altre vicende: il Bel Paese, il luogo del sottosopra, non fece mai i conti con il suo passato, anzi ne ribaltò il senso, e in molti casi ne irradiò spettralmente i suoi fantasmi fino a casi parrossistici ed eticamente perversi. Un sentimento di ingiustizia che è derivato da questa mancanza di equità che è costante anche nell’Italia contemporanea, sebbene in contesti così diversi ma, al contempo, così affini. Il generale Supino rimosso per Taddeo Orlando è, ai nostri giorni, Emma Coli, la funzionaria del Comune di Roma che ha scoperchiato il malaffare delle multe capitoline (un danno da 16 milioni alle casse pubbliche), condonate agli amici degli amici, e che si è ritrovata, mobbizzata, in uno stanzino, a guardare le inferriate della finestra. I vertici della Dirigenza, ora imputati nel processo penale, sono ancora lì, nei posti apicali. 

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