Il Comune di Latina, con la delibera n.270 pubblicata ieri (24 settembre) e firmata dal sindaco Damiano Coletta e dal Segretario generale Rosa Iovinella, si costituirà parte civile, tramite l’avvocato dell’ente comunale Francesco Paolo Cavalcanti, nel procedimento penale N. 50549/2017, meglio noto come l’inchiesta sulla fantomatica metro leggera di Latina, a carico di dieci indagati: l’ex sindaco Vincenzo Zaccheo, l’ingegner Lorenzo Le Donne quale responsabile unico del procedimento per il Comune, i legali rappresentanti della società Metrolatina Pierluigi Alessandri e Aldo Bevilacqua, i legali rappresentanti della “Gemmo” Irene, Mauro e Susanna Gemmo, l’avvocato Giovanni Pascone, componente della commissione giudicatrice, Cecilia Simonetti legale rappresentante della Sacaim e l’ingegnere Vincenzo Surace, direttore dei lavori.
I reati contestati, a vario titolo, sono truffa aggravata, abuso d’ufficio e falso per il progetto di finanza che avrebbe dovuto rivoluzionare la mobilità del capoluogo pontino e che invece ha prodotto una delle più scellerate vicende di pubblica amministrazione che l’intera provincia di Latina ricordi. Reati che, secondo la Giunta Coletta, incidono sugli interessi della collettività che il Comune rappresenta. Nel 2018 i dieci indagati sono stati colpiti da un sequestro preventivo di beni per un valore di circa 3,3 milioni di euro.
L’inchiesta nasce nel 2010 nel momento in cui la Guardia di Finanza di Latina controlla i versamenti delle imposte di Metrolatina, società nata appositamente nel 2007 per realizzare i due lotti previsti dall’opera: il collegamento Latina Scalo-autolinee e il collegamento tra quest’ultime e i quartieri Q4 e Q5. Nel 2004 l’amministrazione comunale a guida Zaccheo aveva dato seguito a un avviso di project financing anticipando i finanziamenti che il Cipe avrebbe concesso (pari al 60% del costo complessivo) nel 2005.
La Procura di Latina si è concentrata proprio sulla sostenibilità economico-finanziaria del progetto che, al netto di fanfare e vagoni esibiti come trofei in piazza pubblica, non ha mai visto la luce. Altro capitolo sul quale la magistratura ha voluto chiarire è quello sullo stato di avanzamento dei lavori: i cantieri avrebbero dovuto iniziare entro il gennaio 2008 (seconda amministrazione Zaccheo) e nel 2010 avrebbero dovuto essere completati la metà degli impianti. Non si realizzò nulla.
Purtroppo, l’iter economico era andato avanti e il Cipe aveva erogato 3,3 milioni al Comune che a sua volta li aveva girati a Metrolatina per acquistare i vagoni francese Translohr presso i cui depositi giacciono inutilizzati, nella speranza di essere ancora pagati.
Secondo gli inquirenti, la truffa si sarebbe concretizzata nel non aver riferito al Cipe una serie di fatti che via via si concretizzavano come il mancato contributo per la percorrenza chilometrica da parte della Regione Lazio; la liquidazione del primo stato di avanzamento lavori relativo alla costruzione di cinque veicoli nonostante non fosse stato predisposto e validato il progetto esecutivo della linea 1 in attesa di variante urbanistica; la mancata approvazione del progetto esecutivo della linea 2; il tentativo di presentare, richiedere e autorizzare il pagamento del secondo stato di avanzamento lavori relativo alla costruzione di ulteriori due carrozze; i dati sballati sugli utenti del servizio di trasporto pubblico per ottenere i contributi regionali. Una incredibile serie di raffazzonate azioni messe in fila, negli anni, dal contributo decisivo del Comitato MetroBugia di Massimo De Simone.
Una storia infinita, quella della Metro leggera di Latina, che, per di più, vede in sede civile cause milionari contro il Comune di Latina (due per circa 35 milioni di euro); la più sostanziosa delle quali (circa 30 milioni di euro), però, parrebbe quantomeno essere stata superata dalla relazione del consulente tecnico del Tribunale di Roma, Giuseppe Paddeu, che ha descritto ciò che tutti, a Latina, sanno da più di dieci anni: quel progetto era un grande bluff.