Scritto e a cura di Orazio Ruggieri
La fotografa Di Schino: “Era la conseguenza della loro fede e un modo per affermarla”
I Testimoni di Geova e il loro contributo al riconoscimento del diritto all’obiezione di coscienza sono stati tra i protagonisti della mostra “Luoghi, voci, storie di un carcere. Percorso fotografico e immersivo” allestito nella Camerata A e nelle celle del Castello angioino di Gaeta
La fortezza è stata utilizzata nel secolo scorso come carcere militare fino al 1990, ospitando anche noti gerarchi nazisti come Herbert Kappler, colpevole per l’eccidio delle Fosse Ardeatine, e Walter Reder, fra i mandanti delle stragi di Marzabotto e di Sant’Anna di Stazzema.
Negli ultimi vent’anni di attività vi furono detenuti soprattutto migliaia di giovani Testimoni di Geova che rifiutavano di prestare il servizio militare di leva obbligatorio. È un paradosso vedere rinchiusi nello stesso luogo criminali nazisti insieme a Testimoni di Geova, ovvero quei fedeli che insieme a ebrei e rom furono rinchiusi nei campi di sterminio nazisti. Il percorso è pensato come un itinerario culturale ibrido e sensoriale, con una dimensione visiva e una sonora, che puntano a coinvolgere direttamente il visitatore, dando voce e volto ad alcuni dei detenuti.
“La quasi totalità dei detenuti ancora in vita con cui ho avuto modo di parlare è Testimone di Geova – dice la fotografa Antonella Di Schino – Hanno vissuto con orgoglio quella detenzione perché era la conseguenza della loro fede e un modo per affermarla, l’ho sentito e avvertito in tutti quelli con cui ho parlato. Mi hanno aiutato moltissimo nel mio lavoro, dato che non sono riuscita quasi mai ad avvicinare gli altri detenuti e quelli di cui ho avuto il contatto non si sono resi disponibili perché hanno vissuto malissimo quell’esperienza”.
Tra gli ex detenuti del carcere di Gaeta c’è Mauro Meacci, della provincia di Arezzo, che ha scontato in totale 14 mesi di reclusione. “Ritrovarsi in prigione a vent’anni per difendere la propria fede non è stato facile” dichiara.
“Fui costretto a condividere gli spazi con delinquenti di vario genere. Ma specialmente i giorni in isolamento mi misero a dura prova. Inoltre, ci trovavamo reclusi nella stessa struttura insieme a criminali di guerra come Kappler e Reder, legati a quel regime nazista che nella seconda guerra mondiale aveva deportato i miei fratelli di fede nei campi di sterminio. Questo mi convinse ancora di più della grande ingiustizia che stavamo vivendo”.
Mauro oggi ha 71 anni e continua a mantenere un forte legame di amicizia con molti Testimoni di Geova con cui è stato recluso. “Il giorno in cui io e un altro Testimone fummo convocati per ricevere i documenti di uscita, ci trovammo davanti, con grande sorpresa, il comandante del carcere militare che ci salutò dicendo: ‘Noi abbiamo molto da imparare da voi’”.
Attualmente sono circa 14.000 i Testimoni di Geova ancora in vita che tra la fine degli anni ’60 e la fine degli anni ’90 hanno scontato collettivamente 10.000 anni di carcere per aver rifiutato di prestare servizio militare, molti di loro proprio a Gaeta. Come rilevato dagli storici, questo sacrificio è stato determinante per fare approvare nel 1998 la nuova legge sull’obiezione di coscienza, che ha garantito maggiori diritti per tutti i cittadini italiani.