IL CASO DELLA VILLA A SAN REMIGIO TRA ASTE E INDAGINI PER NARCOTRAFFICO

Il Tribunale fallimentare di Cassino blocchi la vendita all’asta di quella villa in attesa che la Procura della Repubblica di Milano concluda un’indagine per narcotraffico che è strettamente collegata alla procedura esecutiva in programma il 10 settembre prossimo negli uffici del palazzo di giustizia di piazza Labriola. Intervenga in questa vicenda anche il Ministro di Giustizia Nordio e “faccia quanto è in suo potere per impedire che avvenga una vendita che ha dell’incredibile.”.

Sono queste le richieste che ha messo per iscritto, formalizzandole, P.F., la donna di 63 anni che, residente in località San Remigio, a Formia, deve fronteggiare una nuova situazione stressante derivante dal fatto che la sua abitazione, al centro del terzo tentativo di vendita all’asta il prossimo 5 settembre, è diventata un andirivieni di possibili, potenziali ed interessati acquirenti che, loro malgrado, ignorano la circostanza che la villa della signora P. è stata lo scenario di un grave fatto di cronaca risalente alla notte del 17 marzo 2004, vent’anni fa.

Due  persone originarie della provincia diCaserta, C.A. e C.R., si presentarono con modi spiccioli alla donna, ora 63enne, pretendendo dal marito – un rappresentante di commercio un tempo impegnato nel settore del beverage e nella commercializzazione di bevande – la restituzione di un presunto debito, 700mila euro, che il presunto debitore ha sempre contestato. I due inattesi ospiti, alla presenza della donna, della madre di lei e di un’amica di quest’ultima, minacciarono il marito facendo riferimento all’incolumità dei loro figli e della stessa villa anticipando che l’avrebbero fatto crollare come “le torri gemelle”. 

Fu una chiara intimidazione relativamente ai pericoli paventati circa l’incolumità dei propri figli e della propria proprietà che P.F. dovette gestire subendola. Come? Nei giorni successivi accettò col marito la pesantissima richiesta  che le era stata avanzata: la cessione della propria villa a favore  proprio dei due presunti creditori del marito. 

Non è un caso che dopo una settimana, la donna residente a San Remigio, “sotto costante minaccia e controllo da parte di questi due uomini”, fu costretta a recarsi insieme al marito, A.P., presso un notaio di Caserta per formalizzare la stipula del rogito di compravendita con cui l’immobile di San Remigio fu  ceduto, ovviamente senza alcuna corresponsione reale del prezzo, a favore dei due uomini e delle rispettive mogli.

La donna ebbe la forza di riprendersi da quella legittima situazione di terrore che le costrinse, contro la sua volontà, a cedere a titolo gratuito la villetta in cui abitava da anni a Formia. E cosa fece? Presentò  una denuncia con l’ipotesi di reato di tentata estorsione alla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere e diede mandato ad un legale formiano di promuovere anche una causa civile con l’intento di ottenere l’annullamento dell’atto di compravendita per “vizio del consenso”. E i risultati per la signora P.F. purtroppo non furono esaltanti: il procedimento penale per estorsione avviato dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere si conclude con un decreto di archiviazione per l’insussistenza di elementi certi sull’estorsione denunciata dalla donna.

Il procedimento civile per riappropriarsi della villetta venduta sotto minaccia fu promosso inizialmente davanti al Tribunale di Gaeta nel 2015 ma, dopo la sua soppressione, venne trasferito presso quello di Latina. Questo secondo contenzioso, durato quattro anni, arrivò ad una prima ed inseguita conclusione da parte della coppia formiana: l’annullamento del rogito di compravendita stipulato davanti il notaio di Caserta. Il Tribunale di Latina correttamente (nonostante l’archiviazione del procedimento penale per tentata estorsione aperto davanti la Procura di Santa Maria Capua Vetere) ordinò la restituzione della villa a favore dei legittimi proprietari e, nello specifico, della donna. Ma la soddisfazione per il recupero di un immobile acquistato grazie ai sacrifici di una vita durò  davvero poco. Trascrivendo la sentenza presso la Conservatoria dei registri immobiliari di Latina, P.F. scoprì che il legale di Formia che inizialmente aveva incaricato aveva omesso di trascrivere la domanda di annullamento. Se un procedimento per una presunta colpa professionale è stato promosso  davanti il Tribunale civile di Cassino, la donna scoprì che l’immobile, prima della positiva sentenza civile del Tribunale di Latina, era stato nel frattempo pignorato per presunti debiti pregressi del marito e di un contratto di mutuo stipulato dagli stessi presunti estortori della donna.   

I due ospiti notturni della donna avevano messo a garanzia proprio la villa che ingiustamente le avevano sottratto con le intimidazioni. E non era finita. I due uomini, che asserivano essere i creditori del marito, nel momento in cui avevano maturato la convinzione di perdere l’immobile con la causa civile trasferita davanti il Tribunale di Latina, l’avevano “utilizzata” per ottenere, tramite un mutuo, la somma di 450mila euro che avrebbero onorato pagando un’astronomica rata mensile di 5000 euro.

E in questa vicenda è finita la banca marchigiana che, avente sede a Napoli, erogò il mutuo ai due neo proprietari. Un consulente della donna accertò che la concessione del mutuo sarebbe avvenuta in modo assolutamente anomalo. Innanzitutto il notaio di Caserta che partecipò alla seduta per la concessione del mutuo, per una strana coincidenza, risultò essere lo stesso che aveva stipulato l’atto di compravendita (poi annullato). Il mutuo venne concesso in assenza di un sopralluogo presso la villetta di San Remigio e senza condizioni di merito creditizio richieste dalla Banca d’Italia. La donna si trovò la propria casa all’asta per debiti che non erano suoi  (ma maturati dagli autori dell’”aggressione” del marzo 2004) e decise di promuovere numerose azioni civili e penali con gli avvocati Arnaldo Faiola, Nicola Campana, Ferdinando Iazzetta per bloccare e impedire che la villetta venisse venduta all’asta. E si arrivò ad un’altra scoperta tipica di un romanzo noir: la banca marchigiana, che aveva concesso il mutuo agli ospiti notturni della donna formiana, lo trasferì il 20 luglio 2018 per l’importo rimasto insoluto di oltre 400mila euro alla “Maior SPV srl”. Si tratta della società che nello stesso anno subentrò nella procedura di esecuzione del Tribunale diCassino nei confronti dell’istituto di credito marchigiano. Poteva apparire una tradizionale e canonica cessione di credito tra un istituto bancario e una società, la Maior SPV srl, operante nel settore finanziario. E invece si trasformò ne corso dei diversi giudizi civili in un vero e proprio “giallo”.

È stato chiesto alla “Maior Spv srl” di produrre il contratto di cessione del credito intercorso e le richieste avanzate anche dal Tribunale di Cassino sono rimaste inevase al punto da far sorgere a P.F. il legittimo sospetti sulla effettività della cessione del credito. Si tratta di sospetti che hanno portato nelle ultime settimane la Procura della Repubblica di Milano ad indagare  proprio sulle società del gruppo “SPV” di cui fa parte la Maior.

Il magistrato titolare del fascicolo, il sostituto procuratore Francesca Crupi, ipotizza che dietro queste società vi siano speculatori anonimi o grandi organizzazioni criminali che riciclano enormi proventi del narcotraffico a livello internazionale. Ora ad assistere la 63enne donna di Formia c’è il penalista formiano, l’avvocato Luca Scipione. Le richieste di incontro sono state rinviate alla ripresa dell’attività giudiziaria a settembre semplicemente perché la Procura meneghina sta indagando a trecentosessanta gradi sulla legittimità delle attività di cessione di credito svolte del gruppo “SPV”. Con un’ipotesi investigativa: i debiti “cartolarizzati” vengono impacchettati e venduti proprio durante la fase delle aste giudiziarie che la procura di Milano considera forme di riciclaggio “grazie a spregiudicate alchimie finanziarie di commercialisti, notai e professionisti”.                                      

La 63enne di Formia, a fronte dei sospetti che riguardano la cessione del credito che sta portando avanti la procedura esecutiva del Tribunale di Cassino per la quale la sua villa sarà – come detto – all’asta (dopo due tentativi andati deserti) il prossimo 10 settembre, ha deciso di uscire allo scoperto motivando la richiesta di rinvio dell’asta.

“Non nascondo che l’attesa di questi giorni è logorante ed è resa sicuramente angosciante dall’accesso nella villa di alcune persone che hanno letto dell’asta e, malgrado la vicenda che mi vede al centro di questa incredibile storia, vengono comunque a visitarla muovendosi in una casa in cui vivo con la mia famiglia ininterrottamente da quando è stata comprata. È veramente angosciante tutto questo e mi fa rabbia, specie quando leggo di sentenze della Cassazione di poche settimane fa – anche io sono diventata un po’ avvocato – che ritengono che una società per portare avanti una procedura esecutiva come quella nei miei confronti deve produrre il contratto di cessione di crediti, sempre richiesto dai miei legali e mai fornito dalla Major. Certo è che, pure laddove non si riuscisse a bloccare l’asta, continuerò la mia battaglia giudiziaria per fare annullare la vendita e per ottenere il risarcimento dei danni da tutti quelli che avranno dato corso alla stessa sebbene non esista nessun titolo idoneo. Non mi sento sola a portare avanti questa battaglia – ha concluso P.F. – c’è la mia famiglia, ci sono i miei avvocati, tante persone che sono rimaste colpite da questa storia assurda, che mi chiamano per sapere di novità, e i miei vicini di casa, che ringrazio infinitamente per la vicinanza e per le parole di incoraggiamento ad andare avanti anche nei momenti, tanti, in cui sono stata presa dalla sconforto”.

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