Aprilia, fermato dai Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile del Reparto Territoriale di Aprilia e del Nucleo Investigativo l’autore del tentato omicidio
Ci sarebbe una questione di carte Pokemon dietro l’agguato a colpi di arma da fuoco andato in scena lo scorso 7 ottobre in Via Fossignano, ad Aprilia, quando il 36enne originario di Anzio, Marco Colardo, alla guida dell’auto, è stato gambizzato in pieno giorno, alle ore 14,30, dal 31enne Giuseppe Marcellino. È questo, almeno, quanto riferito dal letto d’ospedale nella denuncia sporta ai Carabinieri dalla vittima la quale ha raccontato che Marcellino gli avrebbe sparato alle gambe perché lo considerava l’autore di un furto commesso a casa sua. Il bottino? Carte da Pokemon il cui valore può raggiungere anche migliaia e migliaia di euro (sembra che la carata da Pokemon più costosa al mondo varrebbe nel circuito delle compravendite centinaia di migliaia di euro).
Proprio ieri, 9 agosto, un collezionista di Anzio è stato vittima di una truffa da 24mila euro inerente le carte da Pokemon rubate da due uomini indagati dalla magistratura in una vicenda che ha coinvolto l’area del frusinate e di Padova.
Tornando all’agguato apriliano, la versione fornita da Colardo non è stata confermata da Giuseppe Marcellino, difeso dagli avvocati Massimo Frisetti e Alessandro Righi, nell’ambito dell’interrogatorio di convalida dell’arresto che si è svolto stamani in carcere, a Latina, dinanzi al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina, Giuseppe Cario. L’uomo, infatti, si è avvalso della facoltà di non rispondere e la difesa non ha avanzato alcuna richiesta di misura alternativa. Marcellino – è scontato – rimane in carcere. Dubbi, ovviamente, ci sono sul racconto di Colardo il quale, frequentando Marcellino, si sarebbe recato a casato di quest’ultimo per sottrargli le carte Pokemon. Un fatto accaduto in estate. Incolpato da Marcellino del furto, Colardo avrebbe negato, dopodiché sarebbe stato vittima dell’agguato. Una ritorsione per l’affronto subito.
Il 36enne ogambizzato in via Fossignano è al momento ricoverato al “Santa Maria Goretti” di Latina con una tibia fratturata e una prognosi di 40 giorni. Il 31enne, incensurato, macellaio nella ditta di famiglia, è accusato di tentato omicidio. Ancora sono tanti gli interrogativi, come capire dove e come ha reperito l’arma non trovata dai militari dell’Arma.
Nel corso della serata del 7 ottobre, i Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile del Reparto Territoriale di Aprilia e del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Latina, d’iniziativa, lo hanno sottoposto a fermo di indiziato di delitto.
Nello specifico, i Carabinieri sono intervenuti in zona Fossignano, dove il 36enne, mentre era alla guida della propria autovettura, era stato affiancato dal veicolo condotto dall’indagato che, sceso dal proprio mezzo, aveva esploso diversi colpi di pistola all’indirizzo della vittima, attingendola e ferendola gravemente agli arti inferiori, per poi risalire sul proprio veicolo e darsi alla fuga.
Il malcapitato, a seguito dell’accaduto, è stato soccorso da personale del 118 intervenuto sul posto che, dopo le prime cure, hanno provveduto a trasportarlo presso l’ospedale “Santa Maria Goretti” di Latina, per le lesioni riportate.
I Carabinieri, sulla scorta degli elementi raccolti nell’ambito delle indagini preliminarmente condotte, sono riusciti ad identificare subito l’autore dell’azione di fuoco, avviando le immediate ricerche dell’uomo che, nel frattempo, si era reso irreperibile, tanto da non essere presente neanche presso la propria abitazione. Le ricerche sono proseguite senza interruzione per il resto della giornata e fino al momento in cui l’indagato, accompagnato da due legali, Massimo Frisetti e Alessandro Righi, si è presentato presso il Nucleo Investigativo di Latina, diretto dal tenente colonnello Antonio De Lise, dove, dopo l’interrogatorio delegato dalla Procura della Repubblica di Latina, è stato sottoposto a fermo di indiziato di delitto, d’iniziativa della polizia giudiziaria.
Successivamente, su disposizione dell’Autorità Giudiziaria, l’indagato è stato condotto presso la Casa Circondariale di Latina. Dapprincipio l’ipotesi ruotava attorno alla possibilità che Marcellino avesse sparato perché avrebbe ritenuto Colardo autore di un furto ai suoi danni oppure debitore di soldi provenienti da affari illeciti. Il sospetto è andato subito sulla droga o sull’auto. Le carte da Pokemon hanno rimescolato tutto.
In caserma, Marcellino è stato sottoposto all’esame “Stub” che permette di verificare le tracce di polvere da sparo sul corpo e sui vestiti di una persona. Le indagini dovranno chiarire se l’uomo abbia fatto tutto da solo o se si sia procurato l’arma con l’aiuto di qualcuno. Gli accertamenti sono in corso per capire se Marcellino, che lavora nella ditta di famiglia, sia inserito in qualche affare illecito o comunque abbia frequentazioni tali da rendere facile il reperimento di una pistola.
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Un episodio accaduto in pieno giorno e che ricorda quello capitato a due Carabinieri fuori servizio capitato a marzo quando a fare fuco fu il 22enne Valentin Cizmic. In quel caso il giovane, arrestato a luglio, fece fuoco di notte.
La vittima, le cui condizioni sono serie ma non è in pericolo di vita, nel 2024, era stata arrestata insieme ad un complice per aver tentato di rubare auto alla stazione di Latina Scalo. A maggio 2024, i Carabinieri della Stazione di Latina Scalo lo avevano tratto in arresto, per tentato furto aggravato, insieme a Denis Emmausso, 29enne residente ad Aprilia.

I militari dell’Arma si erano portati allo scalo ferroviario dove, nel parcheggio antistante, avevano notato un’autovettura che destava sospetto il cui conducente era fermo con motore acceso, mentre poco più avanti un’altra persona, all’interno dell’abitacolo di un’altra auto, stava trafficando all’interno della stessa. I Carabinieri, dopo aver interdetto l’accesso della strada, avevano immobilizzato subito il primo soggetto che si trovava all’interno dell’automezzo, riuscendo successivamente a bloccare anche il secondo dopo un lungo inseguimento a piedi che si protraeva per circa un chilometro nelle vie limitrofe.
Dalla perquisizione, era emerso che le due persone erano state trovate in possesso di arnesi da scasso e di una centralina utilizzata per avviare le autovetture forzate.
Gli arrestati, espletate le formalità di rito, erano stati trattenuti presso le camere di sicurezza in attesa della celebrazione del rito direttissimo. Il giudice monocratico del Tribunale di Latina, Simona Sergio, aveva convalidato il loro arresto e concesso loro una misura restrittiva più lieve: l’obbligo di firma in caserma. Di seguito, la condanna.