FORMIA. CASTELLO DI GIANOLA: NO ALLE DEMOLIZIONI. CONSIGLIO DI STATO DÀ RAGIONE AL PROPRIETARIO

Una veduta dell'area del Castello di Gianola
Una veduta dell'area del Castello di Gianola

L’annosa battaglia per il Castello di Gianola segna un punto a favore (decisivo?) del proprietario, l’avv. Gennaro Orefice: annullate le ordinanze di ripristino dei luoghi da parte del Consiglio di Stato

Nel 2018, l’avvocato Orefice aveva presentato ai giudici di Palazzo Spada (Sezione Sesta) un ricorso contro l’Ente Parco Regionale Riviera di Ulisse e il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo dopo aver perduto dinanzi al Tar del Lazio. L’argomento del contendere, come noto, erano le ordinanze di sospensione lavori e  demolizione riguardo agli interventi considerati abusivi all’interno dell’area considerata, per decreto del Mibact, uncomplesso immobiliare di villa e giardini di non comune bellezza e di particolare interesse storico, artistico, archeologico ed architettonico e assoggettato al vincolo monumentale” e soggetta “al vincolo ambientale” poiché “ricompresa nella perimetrazione del Parco Regionale “Riviera di Ulisse”.

Orefice aveva sostenuto nel ricorso che il Castello “è interessato da opere di restauro monumentale, al fine di consentirne una controllata fruibilità collettiva, in ottemperanza alle prescrizioni del decreto di vincolo monumentale“. Ecco perché, con la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province dei Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo, aveva dato il via a una road map di interventi all’interno del complesso di Gianola. 

Tuttavia, nel 2011, il Comune di Formia emanò un’ordinanza di demolizione perché quegli interventi furono giudicati abusivi: un provvedimento poi revocato in seguito al via libera della Soprintendenza medesima.

A quel punto, due anni dopo, nel 2013, fu l’Ente Parco Riviera di Ulisse a ordinare all’avvocato Gennaro Orefice la sospensione dei lavori e il ripristino dei luoghi. Due ordinanze impugnate dal proprietario dinanzi al Tar.

Il 21 luglio 2013, però, il Ministero dei Beni Cultuali prescrisse all’Ente Parco, ai sensi dell’art. 45 della L. 42/2004, l’annullamento delle ordinanze di sospensione lavori e demolizione, disponendo che le modifiche eseguite dalla Soprintendenza fossero acquisite ed introdotte nel regolamento del Parco. Pochi mesi dopo, Il 27 settembre dello stesso anno, l’Ente Parco, con la nota n. 2855, dichiarò che no, non intendeva attenersi ad alcuna prescrizione e che non avrebbe provveduto al ritiro dei propri atti.

Una situazione di conflitti: da una parte l’Ente Parco Riviera di Ulisse e, prima, il Comune di Formia, dall’altra il Ministero Beni Culturali, la Soprintendenza e l’avvocato Orefice proprietario dell’area del Castello di Gianola.

Nel 2018, arrivò il Tar a dare ragione all’Ente Parco respingendo i ricorsi presentati dall’avvocato Orefice contro le ordinanze di sospensione lavori e demolizione delle cosiddette opere abusive. Un Ko tecnico non solo per il proprietario del Castello di Gianola ma anche per i due enti – Ministero e Soprintendenza – che quei lavori, oggetti del contenzioso, avevano di fatto avvalorato e concesso.

Epperò, oggi, con la sentenza del Consiglio di Stato, datata 30 marzo 2020, si scopre, o meglio, si sostiene che “gli interventi in questione” – quelli dell’avvocato Orefice – “erano stati assentiti attraverso il rilascio di ben cinque atti autorizzativi“. Inoltre “il compendio immobiliare oggetto di causa risulta assoggettato ad una serie di misure di tutela, e ciò non rappresenta una situazione eccezionale, essendo frequente che determinati beni possano formare oggetto di distinte forme di tutela anche in via cumulativa, a seconda del profilo considerato, con la duplice conseguenza che la tutela artistico culturale è perfettamente compatibile con quella ecologica o paesaggistica, trattandosi di forme complementari di protezione, preordinate a curare, con diversi strumenti, distinti interessi pubblici“. Ecco quindi che “contrariamente agli assunti del T.A.R.“, che avevano dato ragione all’Ente Riviera di Ulisse (viceversa, torto all’avvocato Orefice), “deve intendersi il contegno costantemente tenuto dall’appellante, che sin dal 2006 si è premurato di chiedere a più riprese all’Ente parco il prescritto nulla osta preventivo per interventi edilizi sull’immobile“.

Il Consiglio di Stato, quindi, sentenzia che spetta all’Autorità centrale, ossia al Ministero dei Beni Culturali, il compito di stabilire se un bene immobile sia o meno di interesse storico, artistico, culturale; inoltre spetta sempre al Ministero stabilire gli eventuali limiti e le varie autorizzazioni.

In sostanza, secondo Palazzo Spada, è il Ministero dei Beni Culturali ad avere competenza sui lavori ricadenti nell’area del Castello di Gianola. Una sentenza che, con tutta probabilità, segna la parola fine alla vicenda poiché già nel luglio 2013 lo stesso Ministero, come detto, aveva prescritto l’annullamento delle ordinanze disposte all’Ente Parco Riviera di Ulisse.

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