Gambizzato per debiti di droga: nel processo che lo vede imputato, parla il 45enne di Fondi, Johnny Lauretti, diventato collaboratore di giustizia
A commettere il tentato omicidio non è stato lui. Lauretti, collaboratore di giustizia da dicembre scorso, ha terminato da poche settimane i 180 giorni concessi dalla legge per parlare dei suoi delitti e di quelli dei suoi amici e nemici. Il 45enne di Fondi, pluripregiudicato, da imputato per tentato omicidio di un concittadino indietro con i pagamento per la droga, sembra avere le idee chiare: “Io non c’entro niente. È stato uno degli uomini a nostra disposizione a sparare: si tratta di Giorgio Benedetto, su mandato di Giovanni Masella. Ad autorizzare Masella fu il capo del sodalizio, Massimiliano Del Vecchio”. È con queste parole che Lauretti si è praticamente scagionato nel processo dove risulta imputato per la gambizzazione di Fidaleo, dinanzi al secondo collegio del Tribunale di Latina, composto dai giudici Nadile-Villani-Romano.
La sentenza per Johnny Lauretti, arrestato a novembre scorso nella maxi operazione tra Fondi e Latina denominata “Risiko”, dopo la quale “Cavallo Pazzo” (questo è il suo soprannome) ha deciso di intraprendere una collaborazione con lo Stato, arriverà il prossimo 14 ottobre per espressa richiesta del pubblico ministero Martina Taglione che, dopo averlo interrogato due ore, ha chiesto che si attenda un’altra sentenza.
Infatti, la sentenza di “Risiko” è attesa il prossimo 24 luglio dopo che il 15 luglio il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma avrà ascoltato la requisitoria del pm della DDA di Roma nei confronti di Lauretti e degli altri coinvolti che hanno scelto il rito abbreviato. L’accusa più grave è quella di aver fatto parte di un’associazione per delinquere dedita al narcotraffico, alle armi e alle estorsioni.
Il processo odierno, quello odierno della gambizzazione per un debito di droga avvenuta a Fondi nel 2021, era stato già rinviato perché Lauretti, assistito dall’avvocato Giorgio Tessitore, ha reso dichiarazioni alla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma in merito. Ad essere depositati nel processo due verbali di interrogatorio: quello di Lauretti e quello della sua compagna, anche lei collaboratore di giustizia, Mariatersa Alecci (49 anni).
Il 45enne fondano, coinvolto in diverse indagini e processi, è accusato di aver ferito a colpi d’arma da fuoco, a settembre 2021, a Itri, un 50enne per costringerlo a saldare un debito di droga, nonché dei reati di detenzione e porto abusivo d’arma da fuoco, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti.
A novembre 2021, gli agenti della Squadra Mobile di Latina, in collaborazione con personale dei Commissariati di Polizia di Gaeta e Fondi, avevano dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dall’allora GIP del Tribunale di Latina Giorgia Castriota, su richiesta del Procuratore Aggiunto Carlo Lasperanza e del Sostituto Procuratore della Repubblica Marco Giancristofaro, nei confronti del pluripregiudicato Lauretti, e del suo complice 56enne Giovanni Masella, anche lui coinvolto nella maxi operazione di novembre 2024. Masella, per la gambizzazione, è già stato processato avendo scelto un rito alternativo.
Secondo gli inquirenti, la vittima, per saldare un debito di circa 1.000 euro, sarebbe stata attirata in una trappola presso l’abitazione di uno dei due uomini, ossia quella di Masella, dove Lauretti avrebbe premuto il grilletto e fatto fuoco contro le gambe dell’uomo.
Entrambi, Lauretti e Masella, si sono sempre detti estranei ai fatti respingendo gli addebiti. A febbraio 2024, era stato interrogato, dagli allora avvocati difensori Oreste Palmieri e Maurizio Forte, un giovane che, a settembre 2021, accompagnò la vittima all’appuntamento con Masella. Il testimone aveva spiegato di non ricordare molto della vicenda, asserendo però di aver sentito cinque o sei colpi d’arma da fuoco. Una volta ferito, però, il giovane non condusse l’amico al pronto soccorso.
Le contraddizioni nel racconto del testimone erano state messe in luce dal Pubblico Ministero, Valerio De Luca, che aveva letto in aula alcune conversazioni tra l’uomo e la vittima di gambizzazione, avvenute un mese e mezzo dopo rispetto all’episodio violento accaduto ad Itri. In quelle intercettazioni, il testimone, che aveva negato di conoscere Lauretti, era ben consapevole della caratura criminale dell’imputato, definendo lui e Masella come “gente di m….” da cui stara alla lontana.
Oggi, 1 luglio, però, il quadro è cambiato. Lauretti, come detto, si è detto estraneo a quella gambizzazione che, invece, secondo le sue dichiarazioni, sarebbe stata commesso dal 58enne di Fondi, Giorgio Benedetto, già coinvolto in indagini per spaccio di droga e definito da Lauretti stesso come “un operaio a disposizione mio e di Massimiliano Del Vecchio”.
La gambizzazione, peraltro, avrebbe un movente sentimentale in quanto, secondo quanto raccontato da Lauretti, interrogato minuziosamente dal pm Taglione, Masella si era voluto vendicare in quanto un paio di mesi prima aveva trovato la vittima a letto con la sua fidanzata e dentro la sua abitazione.
“Non mi sarei mai scomodato per mille euro di droga. Io non ho sparato a chi mi doveva 200mila euro, figuriamoci se sparavo per mille euro”, ha detto Lauretti. E allora perché la vittima ha fatto il suo nome. Lauretti non se lo spiega, ma dichiara: “Ha fatto il mio nome perché pensava che Masella fosse un mio uomo, come infatti era”. A sparare fu un uomo incappucciato. “La modalità di attentare in questo modo, cioè riempendosi di cuscini e coperte sotto il giubbino per risultare ciccione è quella tipica utilizzata da Massimiliano. La stessa maniera usata per colpire il centro estetico Quo Vadis (nda: da poco raggiunto da un attentato a Fondi)”. Infatti, spiega Lauretti: “La polizia di Fondi trovò le coperte. Fa mettere le coperte, Del Vecchio, per far sembrare più grosso chi spara”.
Ad ogni modo, l’interrogatorio di Lauretti, il primo andato “in scena” nel Tribunale di Latina, offre diversi spunti e la dice lunga sul passato criminale del neo pentito. “Come lavoro vendevo macchine per hobby. In carcere sono finito per l’ultima lo scorso 26 novembre, con l’accusa di associazione finalizzata allo spaccio in qualità di capo e promotore, insieme a Massimiliano e Gianluca Del Vecchio, Alessandro Artusa e Roberto Ciarelli”.
“Ho deciso di collaborare con lo Stato per la mia compagna Maria Teresa Alecci che collabora pure lei. Ci siamo sentiti con lei solo dopo l’esplosione della mia villa a Fondi. L’attentato è avvenuto dopo che era stata pubblicata la notizia del mio pentimento: hanno bruciato la villa, le auto e sparato ai cani. Da quando sono collaboratore di giustizia, mi sono addebitato esplosioni, armi e droga insieme al mio gruppo. Io sono statoacquirente e fornitore di droga, armi e esplosivo. La mia attività criminale nel gruppo era anche quella di ordinare di mettere bombe contro case e auto per intimidire chi doveva essere intimidito. Il nostro gruppo aveva persone di Fondi e fuori città ed erano pagati. Personalmente non ho mai partecipato ad azioni di fuoco ma io gestivo la situazione, ero il regista delle azioni. Noi capi pagavamo per le azioni intimidatorie e i ragazzi prendevano da 500 euro, 1500 euro, fino a 5000 euro”.
La violenza è un filo conduttore della attività criminale di Lauretti. “Mi sono reso protagonista di pestaggi, ma mai di gambizzazioni. In tutto, 10-15 pestaggi. Per quanto riguarda la vittima di questa gambizzazione non c’entro niente. Lo conoscevo da almeno 20 anni, era un tossico di cocaina a cui ho anche venduto la droga. Eravamo insieme nel carcere di Latina, così l’ho conosciuto”.
“Un amico della vittima mi pagò la droga con zanne d’avorio di elefante: tutto per 3 o 4 grammi di cocaina. Loro due consumavano droga insieme e avevano rapporti con Giovanni Masella che era un mio operaio. Masella da me prendeva 80 euro al giorno per accudire i miei animali e poi prendeva soldi per spacciare la mia droga. Lui era a disposizione anche di Massimiliano Del Vecchione e si recava regolarmente a casa sua, a Frosinone. Masella faceva consegne di droga per me e poi anche nascondeva le mie armi, aveva la custodia di tutti i miei depositi di droga e armi. Teneva tutto a casa sua, ad Itri”.
“Io mi fidavo di Masella perché abita in montagna, in mezzo al bosco, e lì era facile occultare armi e droga. Nella sua proprietà c’erano bidoni e borsoni di armi e droga interrati e io mandavo i miei corrieri che ritiravano o portavano la sostanza stupefacente. Masella arrivava a guadagnare anche 400 euro al giorno per fare le consegne, oltre agli 80 euro che gli davo per le capre e le mucche che tenevo nella mia proprietà”
“Non potevo muovermi perché ero sorvegliato speciale e allora incaricavo i miei uomini tra cui Masella. Lui, anche se io non volevo, aveva una sua piazza di spaccio e vendeva droga ai tossici di Iri. Io non volevo che vendesse da casa sua per non dare nell’occhio. Lì, a casa sua, c’erano i miei chili di droga e le mie armi tra mitra e kalashnikov, per un valore di centinaia di migliaia di euro. Ho capito come faceva Masella: simulava vendite maggiorate della mia droga, metteva ciò che mancava e si prendeva il resto per spacciarlo”.
Come è nata la gambizzazione della vittima e tossico di cocaina? “Giovanni (nda: Masella) trovò la sua ragazza e l’assuntore, detto “Capello” (perché era calvo), a letto insieme. Li trovò così e richiuse la porta, non disse niente. Dopo questo episodio, io lo prendevo in giro e gli dicevo che era un cornuto. Raccontai l’episodio a Massimiliano Del Vecchio per ridere, ma lui si stranì perché mi disse che qualche tempo prima la vittima aveva provato a venderlo alla Polizia. Lo fece quando fu arrestato con la cocaina acquistata da Del Vecchio, dopodiché lo chiamò al telefono per dirgli se poteva raggiungerlo in un determinato luogo. Del Vecchio ci andò ed evitò l’arresto perché riconobbe l’auto in borghese delle guardie“.
“Una mattina, dopo circa due mesi, Masella fece ritardo. Doveva venire a casa mia per accudire gli animalo e dar da mangiare ai cani. Allora lo chiamai e mi disse che era successo un guaio. Mi disse che Giorgio Benedetto, servitore del gruppo per me e Del Vecchio, aveva sparato alla vittima dentro casa sua, ossia dove mi custodiva armi e droga. Appena me lo disse, l’ho sfondato di botte dentro casa mia. Gli dissi: ma ti rendi conto quanti soldi ho dentro casa tua in armi e droga? Adesso dobbiamo spostare tutto, come infatti avvenne. Spostammo tutto a casa mia, fu Masella a fare tutto il lavoro, tanto che scavò diverse buche intorno a casa mia dove interrò borsoni di droga e armi”.
Ma chi è Giorgio Benedetto? “Si occupa di sparare alle persone e fare incendi. Benedetto sparò alla vittima dentro casa di masella su ordine di quest’ultimo, previa autorizzazione di Massimiliano Del Vecchio. Fu Masella a dirmi che a Benedetto aveva dato il via libera Massimiliano Del Vecchio. Sia io che Del Vecchio, nei giorni precedenti, avevamo “infocato” Masella con la storia del cornuto, solo che io non gli ho detto di vendicarsi. Nessuno mi aveva detto che si sarebbe vendicato, neanche Del Vecchio. Se me lo avessero detto, lo avrei fatto io stesso, ma non l’avrei mai gambizzato dentro casa di Masella dove custodivo armi e droga, con la certezza di attirare l’attenzione. Masella mi disse che Del Vecchio lo aveva autorizzato a farlo sparare e così fu Benedetto a premere il grilletto”.
D’altra parte, sostiene Lauretti, “Del Vecchio dava ordini e non si confrontava con me. Io sono venuto a conoscenza della gambizzazione solo quella mattina. Una volta saputo picchiai talmente forte Masella che ruppi lo sportellone della cucina della mia compagna. Aveva messo a repentaglio la mia droga e le mie armi. C’era anche la mia compagna presente. Dopo la gambizzazione, vado da Del Vecchio a Frosinone (nda: dove si trovava ai domiciliari) e lui mi liquidò con due parole, dicendomi che tanto io ero a Fondi e nessuno poteva accusarmi. Io ebbi reazione composta perché con Massimiliano non ti ci puoi scontrare, lui è un elefante e io sono una pecora, lo temevo”.
“Feci spostare la droga da Masella. La mia abitazione non era mai stata un deposito, io poi avevo anche un secondo deposito custodito da un pastore, oltre a quello a casa di Masella. Le buche vicino casa mia per mettere droga e armi le fece Masella: sei, sette nascondigli. Dopo poco, venni arrestato per la gambizzazione insieme a Masella: io fui portato a Rebibbia e lui a Velletri. Una volta entrato nel carcere, dopo 10 minuti ero già attivo per lo spaccio, avevo quattro schede sim e avevo ripreso i miei affari”.
C’è un problema, però: la droga da Itri era stata spostata a Fondi e solo Masella poteva sapere dove. “Avevo la necessità di reperire la droga e le armi e allora chiesi a uno dei miei avvocati di fare autorizzare uno dei miei uomini per un colloquio in carcere, a Velletri, con Masella. Non so come ha fatto l’avvocato, ma sono stati autorizzati ben tre colloqui nei quali Masella ha spiegato a Giuseppe Notarberdardino (nda: pregiudicato e fermato l’anno scorso con ben 14 pistole in auto) dove si trovavano le armi, buca per buca a casa mia”.
Ma Lauretti lo ribadisce più volte: è innocente, non c’entra niente con la gambizzazione. “Io mi sono fatto 18 mesi di carcere per questo reato e non ho detto che non ero stato io. All’epoca, ho fatto l’omertoso e non l’infame. Era Masella che doveva alzarsi e dire che non c’entravo niente e non fece niente, mi disse solo che non avevano niente in mano. Al che, dopo che eravamo usciti dal carcere, gli mandai due ragazzi per farlo picchiare e lui sparò contro la loro auto. I ragazzi lo investirono e lo lasciarono a terra insanguinato. Quel giorno mi contatta la Polizia di Fondi. Io andai in commissariato con Del Vecchio alla guida della sua Ferrari. Ammisi quello che avevo fatto, cioè di aver fatto picchiare Masella, ma dissi anche che la Polizia di Gaeta che mi aveva fatto arrestare per la gambizzazione aveva fatto una grande cattiveria perché non ero responsabile”.
“Ruppi i rapporti con Masella. Prima di questo pestaggio, avevo incaricato il Nano di bruciare casa di Giovanni Masella e il Nano mi disse che aveva bruciato un mobile sotto casa, poi non so se l’abbia compiuto questo atto intimidatorio. Quando fui arresto per la gambizzazione, ero arrabbiato anche con Giorgio Benedetto che aveva sparato dentro casa di Masella. Gli dissi: ormai sono stato arrestato, tu accudisci i miei animali e fai le consegne della droga. Per due o tre volte andò bene, poi Benedetto iniziò a tagliare l’eroina e i tossici si lamentavano“.
“L’unica cosa che ho rispettato era l’orario della sorveglianza speciale: andavo a Ponza, a Roma, mi muovevo fuori da Fondi se volevo anche se non potevo, ma alle 5 di pomeriggio ero a casa perché sapevo che sarebbero arrivate le guardie per i controlli. Nel carcere, invece, avevo 4 telefonini, mentre quando ero a casa, dopo essermi occupato dei miei affari, usavo un grammo e mezzo di cocaina al giorno e così finiva la mia giornata. In casa mia, avevo telecamere ovunque per capire quando venivano da me Polizia e Carabinieri”.