I finanzieri del Comando provinciale di Roma hanno eseguito il decreto con il quale la Corte di appello capitolina ha confermato il provvedimento di confisca, emesso dal Tribunale di Latina nel 2019, di beni immobili, auto e quote societarie, per un valore complessivo di circa 2,8 milioni di euro, riconducibili a Carmelo Giovanni Tripodo, morto a 61 anni nel 2019
Di origini calabresi, Tripodo ha vissuto per oltre trent’anni nella zona del basso Lazio, a Fondi, dove è stato “capo e promotore di un’associazione di stampo mafioso che ha gestito e controllato illecitamente attività economiche e commerciali, condizionando il rilascio di concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici, come accertato all’esito di indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia capitolina nell’ambito delle operazioni Damasco e Damasco 2, concluse con il suo arresto nel 2009″.
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Nel giugno 2013 il boss fu condannato per associazione mafiosa, traffico di droga, intestazione fittizia di beni e per abuso d’ufficio in concorso con il fratello e Aldo Trani con una sentenza passata in giudicato, nonché per alcuni fatti di abuso d’ufficio in concorso con un amministratore pubblico del Comune di Fondi.
I successivi approfondimenti patrimoniali svolti dai finanzieri del Gico del Nucleo di polizia economico finanziaria hanno consentito di documentare “la palese sperequazione tra gli esigui redditi dichiarati da Tripodo e dai membri del suo nucleo familiare e il patrimonio, costituito da società e immobili, in parte intestati a compiacenti prestanome“.
Il provvedimento odierno si applica agli eredi e riguarda 3 società e il relativo compendio aziendale, operanti nei settori delle pulizie e del trasporto merci per conto terzi; 15 tra unità abitative e commerciali più 9 terreni siti a Fondi e 13 automezzi.